Non sarà la rivoluzione (perché manca questo e manca quello - come faranno notare gli esperti in gruppettologia comparata), ma intanto bisogna dire che nessuno qui in Italia ha mai avuto il coraggio di parlare in questi termini al Presidente della Repubblica, uscendo o entrando dal suo reale studio. Un Presidente che ne esce malissimo, con accuse esplicite al suo ruolo extraistituzionale e l'affermazione implicita che lui è parte del problema, che non lo avremmo voluto di nuovo in quel posto, che le colpe del governo ricadono su di lui ecc.
Sui partiti la musica è quella che sappiamo, ma fa sempre piacere
riascoltarla, visto che non viene suonata in una riunione di 4 gatti, ma
davanti a milioni di persone di questo Paese che sicuramente di questo incontro
vorranno sapere, foss'altro che per curiosità morbosa.
Nel pacchetto propositivo mi sembra ridimensionata la follia dell'uscita dall'euro (da Grillo mai veramente fatta sua), laddove si indicano
invece precisi pericoli di crollo sociale nel Paese con ricadute a livello
internazionale, se si mantiene l'attuale linea di politica economica (fatta di
tasse, prelievi, compressione dei consumi e soprattutto rinvii, decreti legge e
schermaglie di schieramento parlamentare). Giusto il taglio e giuste anche le
singole proposte. Le radici della crisi sono in Italia e la soluzione della
crisi è incompatibile con i partiti esistenti, il Parlamento esistente, i
giornali esistenti, la Presidenza della repubblica esistente.
Si dice chiaramente che la catastrofe è ormai possibile, grazie al
modello di soluzione della crisi finanziaria adottato (Letta ora, Monti ieri,
centrodestra e centrosinistra ormai appaiati) e non è dovuta alle trame di
superpoteri, di una inesistente borghesia internazionale e sovrastatale. Un po'
di piedi per terra non fanno mai male.
Se qualcuno aveva la faccia tosta di dire che da Grillo non
arrivano proposte concrete, adesso può ricredersi e riconoscere in buona fede
che una bella base da cui partire... con le lotte, c'è e come. Le proposte sono
nel numero giusto, non sono astratte, non sono ultimatistiche. Sono molto
concrete, sono praticabili da parte di un movimento di massa che spazzi via
l'attuale sistema delle caste, e sono quindi impraticabili con governi in cui
sia presente in tutto o in parte l'attuale casta politica. È facile vedere che
una loro realizzazione aprirebbe una grave e sana crisi politica nel Paese.
E finalmente non siamo di fronte alla solita lista della spesa
perché con 8,5 milioni di voti e qualche sostegno extra, Grillo potrebbe
cominciare a tradurre in pratica quegli obiettivi anche da domani. La grande
novità è che Grillo quelle cose aveva promesso e su quelle cose tiene duro
anche ora che ha stravinto le elezioni politiche, che è stato ricevuto dal
Presidente, che avrebbe una grande carriera politica personale da percorrere.
Sembra archeologia la doppiezza togliattiana, ingraiana, bertinottiana, e tutti
gli "ani" che siedono negli scranni della casta parlamentare.
E' un comunicato con cui Grillo si candida a capo del governo, ma
escludendo inciuci con i responsabili della crisi, che vengono liquidati in
blocco. Non si era mai visto o sentito in Italia.
Rimangono le illusioni che il Parlamento possa essere lo strumento
di questa ripresa e non vi è alcun accenno a una prospettiva di lotte
extraparlamentari. Per questo ho cominciato dicendo che "non sarà la
rivoluzione ma". E ovviamente si sopravvalutano implicitamente le capacità
del Movimento 5S che in chissà quanta sua parte si illude ancora che magari
Napolitano in qualcosa verrà loro incontro. Persone che hanno indicato la
Bonino come una dei possibili candidati/e alla Presidenza della Repubblica mi
fanno venire i brividi nella schiena. Ma se poi penso a tutti coloro che
avevano indicato Gino Strada, mi consolo.
La proposta di nuove elezioni è invece tale da far venire i
brividi nella schiena, ma a Letta, ad Alfano, a Bersani e compagnia cantante.
È una proposta che ha anche una funzione interna al Movimento per serrare le
fila e rappresenta una minaccia a chi sta esagerando nei tentativi di
disgregazione del Movimento.
Renzi appare un chierichetto seminarista rispetto alla virulenza
sana e sostanziale del discorso qui esposto. Chissà che non scelga di tacere e
defilarsi.
M'immagino le reazioni scandalizzate dei portavoce politici delle
varie caste e dei giornali (ai quali Grillo vorrebbe giustamente togliere il
sovvenzionamento statale). A meno che non circoli una velina di quelle
"taci il nemico ci ascolta" (come ai tempi del caso Moro) ordinando
il silenzio stampa. Un paio di articoletti per testata a dimostrare la buona
volontà delle due parti e poi, via, avanti con i decreti leggi, gli aumenti
delle tasse, i rinvii, soprattutto i rinvii, gli appassionanti scontri dentro i
partiti, le sorti di alcuni individui trasformate in destini del Paese. Ah, se
non ci fosse Grillo e il M5S…
sognano costoro.
Leggo con estrema serietà il comunicato di Grillo, lo assumo per
quanto contiene e vedo un aspetto positivo anche nell'esistenza del comunicato
in sé: niente parole vaghe, niente discussioni su come vada interpretata tale
parola. Lì c'è scritto quello che c'era da scrivere e l'ufficio stampa del
Quirinale faticherà non poco per cercare di ammorbidirlo. Si potrà essere
d'accordo o in disaccordo, ma non si potrà dire che il discorso non è chiaro. A
me risulta chiarissimo. E ancora una volta devo dire che atteggiamenti simili,
così rudi e schietti, nel Parlamento italiano non si vedevano dalla caduta del
Fascismo e forse nemmeno prima. La tradizione parolaia italiana (della Destra,
dei socialisti, dei fascisti, dei democristiani, dei togliattiani, degli
ingraiani, dei bertinottiani, dei berlusconiani e dei Pdmenoelliani) non ha mai
permesso che persone di spicco a livello nazionale potessero parlare un simile
linguaggio. E potessero scrivere simili comunicati. Napolitano e la banda che
sappiamo si starà ancora chiedendo perché Grillo non si lascia corrompere come
tutti gli altri prima di lui. Francamente non lo so nemmeno io. Certo il
fenomeno mi rincuora e qualcun altro vorrà cominciare ad imitarlo (intendo per
la coerenza, non altri aspetti meno simpatici e meno democratici).
Grillo non usciva da una riunione in Federazione o da una trattativa
sindacale. Usciva dal Quirinale (dove immagino non lo faranno più andare…).
Ha chiaramente vinto la partita, tra l'altro con una volpe della politica che
cavalca la cresta dell'onda da quando giovanotto del Pci inneggiava ai massacri
del popolo ungherese. Di strada ne ha fatta da allora e non certo per farsi
incartare da un Grillo altoparlante.
Concludo con un pensiero rivolto alla borghesia italiana e ai
"poteri forti" che al momento non sembrano più avere carte di
ricambio per risolvere politicamente la crisi: niente più ingraiani, niente più
Manifesto, niente più bertinottiani, forse un po' di vendoliani, insomma niente
più epigoni del togliattismo o Forchettoni rossi a far finta di essere
l'estrema sinistra e a costruire le proprie carriere politiche personali sulle
lotte degli altri.
La partita è in corso e invito i compagni a tenere gli occhi bene
aperti. Nel passato sono state compiute stragi, sono scoppiate bombe e si sono
uccisi personaggi politici per molto meno.
Roberto
IL COMUNICATO DI BEPPE GRILLO
"Al Presidente della Repubblica
Italiana,
ho chiesto questo incontro, di cui la ringrazio per la
sollecitudine, per esprimerle direttamente le mie preoccupazioni sulla
situazione economica, sociale e politica del Paese convinto che misure
urgenti e straordinarie, pari a quelle di un’economia di guerra, non possano più
aspettare oltre, neppure un giorno.
L’Italia si avvia verso la catastrofe. Chi
è oggi al governo del Paese è responsabile dello sfacelo, sono gli stessi che
ne hanno distrutto l’economia. Questa classe politica non è in grado di
risolvere alcun problema. E’ essa stessa il problema. Il Governo delle Larghe
Intese, voluto fortemente da lei, tutela soltanto lo status quo e gli interessi
di Berlusconi, che in qualunque altra democrazia occidentale non sarebbe
ammesso ad alcuna carica pubblica, e tanto meno in Parlamento. La Nazione è una
pentola a pressione che sta per saltare, mentre, ormai da mesi, il Governo
Letta si balocca con il rinvio dell’IMU e la cancellazione di un punto dell’IVA
senza trovare una soluzione. I numeri dello sfacelo sono sotto gli occhi di
chiunque voglia vederli, e sono drammatici. Il tasso di disoccupazione più
alto dal 1977, il crollo continuo della produzione industriale, che si
attesterà a meno tre per cento nel 2013, la continua crescita del debito
pubblico che è arrivato a 2.040 miliardi di euro, il fallimento delle imprese
che chiudono con il ritmo di una al minuto, una delle tassazioni più alte
d’Europa, sia sulle imprese che sulle persone fisiche, gli stipendi tra i
più bassi della UE, il crollo dei consumi, persino degli alimentari,
l’indebitamento delle famiglie. È una Caporetto e sul Piave non c’è nessuno,
sono tutti nei Palazzi a rimandare le decisioni e a fare annunci. Il
Parlamento è espropriato dalle sue funzioni, la legge elettorale detta Porcellum è
incostituzionale e i parlamentari sono stati nominati a tavolino da pochi
segretari di partito. Il Governo fa i decreti legge senza che sia dato il tempo
minimo per esaminarli e il Parlamento approva a comando. Non siamo più da tempo
una repubblica parlamentare, forse neppure una democrazia.
Il debito
pubblico ci sta divorando, paghiamo di interessi circa 100 miliardi di euro
all’anno, che crescono ogni giorno. Solo quest’anno per non fallire dovremo
vendere 400 miliardi di euro di titoli. Le entrate dello Stato sono di circa
800 miliardi all’anno, un euro su otto serve a pagare gli interessi sul debito.
Né Berlusconi, né Monti, né Letta hanno bloccato la spirale del debito
pubblico, che cresce al ritmo di 110 miliardi all’anno. Gli interessi sul
debito e la diminuzione delle entrate fiscali, dovute al fallimento di massa
delle imprese, alla disoccupazione e al crollo dei consumi, rappresentano la
certezza del prossimo default.
Non c’è scelta. Il debito pubblico va
ristrutturato. Gli interessi annui divorano la spesa sociale, gli investimenti,
la ricerca. E’ come nella Storia Infinita, dove il Nulla divorava la Realtà:
l’interesse sul debito sta divorando lo Stato Sociale. Si può rimanere
nell’euro, ma solo rinegoziando le condizioni. O attraverso l’emissione di
eurobond che ritengo indispensabile o, in alternativa, con la
ristrutturazione del nostro debito, una misura che colpirebbe soprattutto
Germania e Francia che detengono la maggior parte del 35% dei nostri titoli
pubblici collocati all’estero. Non possiamo fallire in nome dell’euro. Questo
non può chiederlo, né imporcelo nessuno. A fine 2011 i titoli di Stato italiani
presenti in banche o istituzioni estere erano il 50%, le nostre banche grazie
al prestito della BCE dello scorso anno, prestito garantito dagli Stati e
quindi anche da noi, si sono ricomprati circa 300 miliardi dall’estero, tra
titoli in scadenza e rimessi sul mercato, questo invece di dare credito alle
imprese. E siamo scesi al 35%. E’ il miglior modo per fallire. Quando ci saremo
ricomprati tutto il debito estero e non avremo più un tessuto industriale
collasseremo e la UE rimarrà a guardare, come è successo in Grecia. Ora
disponiamo di un potere contrattuale, ora dobbiamo usarlo.
L’Italia ha l’assoluta
necessità di aiutare le imprese con misure come il taglio dell’Irap, una
tassazione al livello della media europea, con servizi efficienti e meno
costosi, con la protezione del Made in Italy assegnato solo a chi produce in
Italia e con l’eventuale applicazione di dazi su alcuni prodotti. Allo stesso
tempo è urgente l’introduzione del reddito di cittadinanza, nessuno deve
rimanere indietro. Ci preoccupiamo dei problemi del mondo quando non riusciamo
ad assistere gli anziani e non diamo possibilità di lavoro ai nostri ragazzi
che devono emigrare a centinaia di migliaia.
Reddito di cittadinanza e rilancio
delle PMI sono possibili da subito con il taglio ai mille privilegi e alle spese inutili.
Ne elenco solo alcuni.
Eliminare le province, portare il tetto massimo delle
pensioni a 5.000 euro, tagliare finanziamenti pubblici ai partiti e ai giornali,
riportare la gestione delle concessioni pubbliche nelle mani dello Stato, a
iniziare dalle autostrade, perché sia l'Erario a maturare profitti e non
aziende private come Benetton o, dove questo non sia possibile, ridiscutere le
condizioni, eliminare la burocrazia politica dalle partecipate dove prosperano
migliaia di dirigenti, nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena, eliminare
ogni grande opera inutile come la Tav in Val di Susa e l'Expo di Milano, ridurre
drasticamente stipendi e benefit dei parlamentari e di ogni carica pubblica,
cancellare la missione in Afghanistan, fermare l'acquisto degli F35. Potrei continuare a
lungo. Queste misure non possono essere prese dall’attuale classe politica
perché taglierebbe il ramo su cui si regge.
Questo Parlamento non è stato
eletto dagli italiani, ma dai partiti e dalle lobby. Non può affrontare una
situazione di emergenza nazionale, di economia di guerra, perché deve
rispondere ai suoi padrini, non ai cittadini.
Le chiedo perciò di fare
abrogare l’attuale legge elettorale in quanto incostituzionale, di sciogliere il
Parlamento e di ritornare alle urne. L’autunno è alle porte insieme al
probabile collasso economico. I problemi si trasformeranno da politici a
sociali, probabilmente incontrollabili. Non c’è più tempo. Lei ha volutamente
tenuto sulle sue spalle grandi responsabilità quando avrebbe potuto e forse
dovuto declinarle. Lei è ormai diventato lo scudo, il parafulmine di partiti
che non hanno saputo né governare, né riformarsi e da ritenersi, nel migliore
dei casi, degli incapaci. Non è questo il suo compito, ma quello di
rappresentare gli interessi del popolo italiano."
Beppe Grillo
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