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mercoledì 23 gennaio 2013

RIFLESSIONI SULL’EDUCARE ALLA LIBERTA’, di Marco Piracci

All’attuale ricerca di nuovi imbuti didattici si deve sostituire quella del loro contrario istituzionale: trame, tessuti didattici che diano a ognuno maggiori possibilità di trasformare ogni momento della propria vita in un momento di apprendimento, di partecipazione e di interessamento”.
Ivan Illich, Cuernavaca, Messico 1970


Ho trovato particolarmente interessante e ricco di spunti l’articolo del compagno Gigli “Educare alla libertà”. Qui vorrei analizzare alcuni elementi che di fatto limitano le libertà degli alunni e preparano all’individualismo e all’accettazione di sistemi gerarchici, soffermandomi in maniera particolare  sui meccanismi psicologici che inconsciamente  influenzano l’insegnante.  Sostengo  infatti che il processo che determina l’oppressione nella scuola si concretizzi proprio tramite il ruolo strutturalmente a lui riservato.
Rispetto al rapporto genitori-figli che è personale, quello insegnante-scolaro significa spersonalizzazione. Nei suoi rapporti con i ragazzi, l’insegnante, in quanto detentore di una funzione, non si rivolge a delle persone con motivazioni e caratteri specifici, ma ad allievi: vale a dire che fa appello soltanto alle qualità del ragazzo che la funzione di allievo richiede. La scuola impone e fa rispettare agli individui investiti dalle sue funzioni (agli insegnanti e agli studenti, ma non solo) uno stile di rapporti  determinato dalla scuola in quanto organizzazione: il risultato è una dimensione scolastica aggressiva contro tutte le tendenze e le inclinazioni alla convivialità. Le funzioni educative dell’insegnate si manifestano con chiarezza e in particolar modo emerge la sua esigenza di obbedienza d’ufficio. L’insegnate deve indurre gli allievi ad adottare un comportamento conforme all’organizzazione scolastica, un ruolo da discente e dispone a questo scopo di mezzi di costrizione istituzionalizzati. Inoltre, l’insegnate è tenuto ad organizzare il suo insegnamento in modo da non urtare i sentimenti di alcuno, come se esercitasse una funzione burocratica impersonale (si trova infatti esposto ai conflitti di autorità con i suoi superiori). Si è in una situazione in cui il rapporto di autorità è caratterizzato dal fatto che l’autorità stessa  viene esercitata e vissuta personalmente.
Come messo in evidenza da Furstenaü, questo meccanismo induce nell’insegnate una riattivazione inconscia del complesso edipico che a sua volta rinforza gli atteggiamenti autoritari: “Per quanto costellato possa essere il complesso di Edipo dell’individuo, è evidente come, con la tendenza alla regressione verso i conflitti di autorità vissuti dal maestro nella sua infanzia, si accresca il rischio di vedere quest’ultimo mettere in atto, senza difendersene, anche nella sua attività di insegnante, i propri conflitti e desideri inconsci di potere anziché impartire un insegnamento libero da questi conflitti  e da questi desideri. Le due relazioni-tipo per il maestro, la relazione con gli allievi e la relazione con i superiori, hanno dunque entrambe grosse probabilità di favorire nel maestro una riattivazione inconscia del conflitto che ha opposto lui, nella sua infanzia, ai suoi genitori in quanto adulti”1.
La vita extrascolastica può entrare nella scuola solo se si sottomette alla forma “cerimoniale” propria della scuola, cioè all’insegnamento e all’educazione che procede con questo. L’autorità necessaria al realizzarsi di questo ambiente artificiale, trae origine da vari meccanismi istituzionali della scuola:
-                     dall’obbligo di frequenza istituito dalla Stato;
-                     dagli adulti in quanto categoria di età che organizza e mantiene gli istituti di educazione collettiva destinati ai bambini, categoria di età diversa in seno alla società;
-                     dal mercato che ne detta il meccanismo di funzionamento interno: vale a dire il processo meritocratico.

Nella scuola concepita come istituzione il processo centrale, costituito dal raggruppamento in base alla categoria di età, crea nei bambini così divisi in classi, condizioni uniformi di soddisfazione degli impulsi e degli interessi. Si ha uniformazione perché i bambini sono sottratti alla famiglia nella quale conoscono condizioni di vita individuale e messi insieme di fronte a un maestro o una maestra in condizioni spazio-temporali ben determinate e di fronte ad obiettivi definiti e limitati. […] In conseguenza di questo raggruppamento e dell’esclusione delle condizioni di vita che i bambini conoscevano prima, tutti i bisogni del bambino sono messi a disposizione del maestro e sottoposti al suo controllo”2.
Partendo dalla comprensione di questo aspetto si coglie la specificità dell’organizzazione dell’insegnamento. Sulla base di una dipendenza collettiva massima degli allievi dal maestro, per ciò che riguarda la soddisfazione dei loro bisogni indotti dal sistema scuola, si assiste a un processo artificiale di trasmissione del sapere, di acquisizione di processi abitudinari e dell’emergere di un individualismo comportamentale.  Le nozioni vengono trasmesse attraverso la soddisfazione guidata dei bisogni: la ricompensa e la punizione. “La dipendenza in cui si trovano gli allievi di fronte al maestro per la soddisfazione dei loro bisogni fa sì che essi si identifichino reciprocamente in rapporto a questa dipendenza e che prendano come ideale il maestro nella sua veste limitata dall’attività di personaggio investito di un ruolo”3.

L’esperienza di Summerhill
Molti studenti, specie se poveri, sanno per istinto che cosa fa per loro la scuola: gli insegna a confondere processo e sostanza. Una volta confusi questi due momenti, acquista validità una nuova logica: quanto maggiore è l’applicazione, tanto migliori sono i risultati; in altre parole, l’escalation porta al successo. In questo modo si scolarizza’ l’allievo a confondere insegnamento e apprendimento, promozione e istruzione, diploma e competenza, facilità di parola e capacità di dire qualcosa di nuovo. Si ‘scolarizza’ la sua immaginazione ad accettare il servizio al posto del valore”.
Ivan Illich, Descolarizzare la società

Concordo nel sottolineare l’importanza dell’esperienza di Summerhill. Alexander Neill, il suo fondatore, ha ricercato soluzioni pratiche che potessero liberare il bambino dal giogo della repressione. Tale assunto è la conseguenza della fiducia di  Neill “nella naturale bontà del bambino”4. Neill afferma infatti, senza mezzi termini, che il bambino è per sua natura buono e nello stesso tempo “naturalmente saggio e realista”5.  La possibilità di realizzare un educazione che sia positiva, trova i suoi limiti nelle imposizioni di regole e di lavoro da parte della società.
La conseguenza è che i bambini  entrano a scuola già “repressi”. Infatti, il bambino per la sue diverse forme di dipendenza (come quella economica)  è costretto a sottomettersi all’autorità dei genitori. Questa situazione modella la psiche del bambino tanto più questa è esposta alle altre istituzioni sociali ad iniziare dalla scuola. La coesione di una società si realizza grazie all’interiorizzazione della repressione sociale. All’interiorizzazione dei meccanismi che tutelano le forme di potere costituito e ne reprimono la critica.
L’emozioni dei bambini, grazie al potente ruolo svolto dai media, in particolare di quello della televisione,  non rimangono emozioni individuali, ma divengono collettive nei termini di una loro continua e costante omologazione. Al pari dei media e della famiglia, la scuola ha lo scopo di creare individui sottomessi. Il bambino vi resta seduto per quasi tutto il giorno, reprimendo il suo bisogno di movimento.  “L’insegnante rappresenta solo il principio della realtà incarnato dall’immagine del padre autoritario trasposta nel quadro istituzionale che il bambino interiorizza”6.
Ed è proprio grazie a questo processo che si realizza l’autorepressione del bambino. “È  un ottima scuola per tutti quegli individui spenti che vogliono dei bambini docili, passivi, capaci di adattarsi a una società in cui l’uomo è costretto a costruire palazzi di giustizia e prigioni per punire le vittime della sua oppressione”7 . Ma in questo modo avviene quello che la sinistra freudiana ha definito la “castrazione nella culla”, ovvero la repressione della sessualità8.
Dalla necessità di contrastare questo meccanismo, Neill svolge a Summerhill una critica fondamentale della società che porta al conformismo del “piccolo uomo represso”.  Il modello organizzativo di Summerhill può essere riassunto nei seguenti punti9:
   
1.       La soppressione della gerarchia
A Summerhill i ragazzi vivono in una struttura comunitaria. Gli educatori votano insieme ai ragazzi nelle assemblee, unico organo decisionale. Le barriere tradizionali tra adulti e bambini/ragazzi sono definitivamente abbattute. Come anche la divisione per classi d’età.  Scomparsi il rispetto artificiale, il servilismo, i leccapiedi, nascono rapporti finalmente franchi. I bambini a Summerhill vivono senza nessuna costrizione autoritaria esteriore e senza il timore  che li induce a non esprimersi liberamente.

2.       La creazione dell’autogoverno
La vita comunitaria è organizzata per mezzo dell’autogestione che ha determinato differenti tipi di governi (creazione di semiparlamenti, uffici con funzioni temporaneamente esecutive ecc.). I tipi di governi variano con il cambiare delle personalità e dei bisogni momentanei dei ragazzi. Quel che rimane immutabile è l’assoluta fiducia nell’autogoverno. È l’autogoverno che permette di trovare a ciascuno il massimo grado di libertà e felicità. Tutti i problemi, tutti i conflitti, sono regolati dall’organizzazione. L’ordine è il risultato della libertà di ciascuno.

3.       Il lavoro è libero da forze coercitive
I corsi a Summerhill non sono obbligatori e i ragazzi possono scegliere le materie che maggiormente interessano loro. Il ragazzo lavora per se stesso e non per un principio ideologico con finalità repressive. Non importa fare molte ore al giorno, ma impegnarsi per ciò che si desidera apprendere.

4.       L’infanzia diviene il mondo del gioco
Rifiutando i meccanismi montessoriani e comportamentistici, che cercano di imporre al bambino il lavoro attraverso il gioco, Neill ritiene che l’infanzia sia il mondo del gioco. Le attività creatrici (che Neill fa rientrare nella categoria “giochi”) sovvertono i metodi tradizionali con la loro ricerca permanente di espressione libera.

5.       I rapporti sentimentali non sono repressi
A Summerhill  il contatto fisico affettivo non è vietato. I ragazzi possono abbracciarsi e tenersi per mano se avvertono l’esigenza di farlo. Il bisogno affettivo non è represso ma analizzato nelle sue sfaccettature. Neill sottolinea che verso i 15-16 anni comincia a sorgere il problema dei rapporti sentimentali sessuali.  Egli sarebbe dell’idea che questi rapporti si svolgessero fino al normale completamento: l’atto sessuale. Tuttavia, per una questione di sopravvivenza della scuola, è costretto a spiegare ai suoi allievi che è impossibile accettare una completa libertà sessuale. In questo modo è riuscito a liberare i ragazzi dal tabù del sesso e ha aperto una ricerca per loro importante. I ragazzi possono arrivare all’età in cui l’atto sessuale diviene necessario, senza angosce e squilibri nevrotici ed è questo uno degli aspetti più importanti nella formazione della loro personalità.


I limiti dell’esperienza di Summerhill
Summerhill ci insegna che cambiare si può.  Ce lo insegna nel momento in cui  riesce a modificare il fine dell’educazione. Questo non è più nella società alienata e nei suoi bisogni indotti di competizione ma nel ragazzo stesso. Il ragazzo che può finalmente sviluppare e soddisfare i propri bisogni. Tuttavia quest’armonia si realizza solo nell’ambito della “scuola-comunità” e non riesce ad influire sul contesto esterno. Da ciò conseguono le molteplici difficoltà di reinserimento nel contesto sociale che i ragazzi si vedono costretti ad affrontare. Problematiche tanto più grandi quanto più il contesto  è influenzato da valori antitetici a quelli appresi nell’infanzia e nell’adolescenza. Summerhill può sviluppare la sua realtà solo nei limiti tollerati dal sistema.
Gli esempi potrebbero essere numerosi, ma si pensi alla questione più volte ribadita da Neill riguardante i ragazzi che non possono fare liberamente l’amore poiché la scuola verrebbe chiusa dalle autorità governative. La necessità di rispettare i vincoli posti dalle autorità governative depotenzia il grado di libertà e autonomia della scuola. È un’integrazione nella società alienata che ne sancisce, paradossalmente, la sola possibilità di non farsi integrare.
Un ulteriore aspetto sul quale riflettere riguarda la provenienza sociale dei ragazzi di Summerhill: nella loro grande maggioranza appartengono alle classi della piccola e media borghesia. Questo aspetto risulta fortemente problematico per una comprensione della dinamica sociopsicologica complessiva.  “Neill è cosciente di questo compromesso e gli dispiace assai di non aver bambini poveri, per motivi economici”10.
Inoltre, molti di questi ragazzi potrebbero essersi riadattati ai valori del contesto dominante, proprio in virtù della loro appartenenza sociale.  Questi aspetti d’incompletezza, comunque, non depotenziano l’intento iniziale di Neill: far conoscere a dei ragazzi una realtà non-alienata. Aspetto, quest’ultimo, rivoluzionario. Rivoluzionario in particolar modo rispetto al concetto di educazione che viene a identificarsi con un processo di crescere in libertà” (e lo stesso concetto di vivere e lascia vivere” assume qui il suo significato più profondo). Una rivoluzione che finisce per eliminare il concetto di educazione e per  sostituirlo con un messaggio molto semplice:
Non intervenire assolutamente nello sviluppo e nella crescita dell’individuo”11.


1: P. Laguillaumie, P.Furstenaü,C.Freinet, T.Dietrich,  Educazione o condizionamento?, Editrice Tipografica Casalotti di Roma, 1970, p.53.
2: Ibidem, p.54.
3: Ibid., p.56.
4: Ibid., p.19.
5: Ibid., p.20.
6: Ibid., p. 21.
7: Ibid., p.21.
8: Si rimanda al volume di Paul Robinson, La sinistra freudiana. Wilhelm Reich, Gèza Ròheim, Herbert Marcuse, Astrolabio, 1970.
9: Per un approfondimento si rimanda al testo di Alexander Neill, I ragazzi felici di  Summerhill, Red Edizioni, 2012.
10: Ibid., p. 41.
11: Alexander Neill, A radical approach to child rearing, Penguin Book, 1990, p.91.

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