Nel testo Più veritiera della storia Enzo Valls ci regala un’analisi sulla poesia come vivifica rivincita sulla narrazione storica, che condivido. Soprattutto perché credo che la poesia sia più incline e meglio adoperata quando ci consente di "veder l'erba dalla parte delle radici” (come direbbe Lajolo), cioè, vedere la storia con gli occhi dei vinti. E forse è vero. Le liriche più struggenti sono quelle scritte dai vinti per i vinti... o da coloro che sanno guardare con gli occhi dei vinti e che restituiscono spesso anche speranza, ma soprattutto forza e resistenza... a volte riscossa. Oppure in alternativa quando la poesia pone una definizione di un concetto astratto alla portata di tutti, immanentemente e semplicemente tangibile. Su questo scriverò prossimamente, per avvalorare quanto scrive Enzo Valls. Cercherò di dimostrare come cambia la sostanza quando un tema è colto da un preciso punto di vista.
Dove nasce la canzone Fiume Sand Creek e l’intero album?
L'album di Fabrizio De André in
questione ha sulla copertina un indiano a cavallo, ma si noti che seppur
conosciuto sotto il titolo de "l'indiano" non reca alcun titolo né in
copertina né altrove. E' totalmente anonimo. A sottolineare forse
parallelismi fin troppo evidenti, forse, tra la vita sotto sequestro e quella
dei nativi americani? Quell'album del 1981 è stato scritto a 2 anni dall'esperienza
del rapimento di Fabrizio e Dori Ghezzi, sequestrati a mezzanotte del 27 agosto
1979 nella loro tenuta de L’agnata, Tempio Pausania, Sassarese. Luciano del
Sette sul sito di TerraNews.it (http://www.terranews.it/news/2009/07/dori-e-fabrizio-storia-di-un-sequestro-e-dell%E2%80%99amore-l%E2%80%99anarchica-sardegna) racconta così, a
trent’anni di distanza, quei luoghi: “Sull’altura
che guarda i 1.094 metri del Monte Lerno, c’è la piccola chiesa che il Comune
di Pattada ha dedicato ai suoi concittadini morti in guerra. Solo la chiesa. E
un posto di guardia per le squadre antincendi. Intorno, quasi a perdita
d’occhio, un paesaggio di boschi bassi e fitti dove vivono daini e cervi. In
basso, l’acqua del lago Lerno e, nascosta nel verde, quella di un piccolo
fiume. Mai ci si aspetterebbe questo spettacolo della natura, immenso e
misantropo, dopo aver percorso l’asfalto della provinciale che arriva da Ozieri
e scorre dentro un paesaggio di vigne, campi, colline, centri abitati fatti di
poche case e molti bar, insegne che dirottano verso ristoranti e camping,
indicazioni che segnalano spiagge e attrazioni turistiche.”
Una guardia forestale racconta: «Ecco,
li hanno portati lì, in basso, accanto al
fiume [corsivo mio], ma da questo punto non si vede». [..] «Quando è
successo, trent’anni fa, quella strada non c’era. Non c’era nessuna strada, e
questa la chiamavano la Terra morta. Poi, quasi certamente, li hanno spostati
sul monte Lerno, in mezzo ai lecci del canalone proprio di fronte. Dove, nel
1980, è scoppiato un incendio. Un incendio
per cancellare le tracce [corsivi
miei]».
Il riscatto fu pagato dal padre di
Fabrizio, quest’ultimo non nasconde il privilegio, in Hotel Supramonte altra canzone dello stesso album:
Grazie al cielo ho una bocca per bere e non è facile
grazie a te ho una barca da scrivere ho un treno da perdere
e un invito all'Hotel Supramonte dove ho visto la neve
sul tuo corpo così dolce di fame così dolce di sete
passerà anche questa stazione senza far male
passerà questa pioggia sottile come passa il dolore
ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore.
Letto sotto la lente del rapimento,
Fiume Sand Creek rivela due realtà molto affini, sintetizzate dai particolari.
Si son presi il nostro
cuore sotto una coperta scura / sotto una luna morta piccola dormivamo senza
paura. Fabrizio e Dori furono prelevati a mezzanotte dalla
loro tenuta e portati nel Supramonte. Quando la luna era morta piccola appunto.
Il fiume. “Ecco, li hanno
portati lì, in basso, accanto al fiume”,
che da il titolo alla canzone è uno dei pochi elementi concreti che accomuna la
i luoghi sardi a quelli americani dei nativi.
Il generale
di vent'anni occhi turchini e giacca uguale è plausibile che si riferisca
alla vicenda Sand Creek, ma ha anche attinenza con uno dei rapitori che faceva
il bidello in una scuola. Tutti sappiamo di che colore sono, normalmente le
“cappe” dei bidelli, quelle classiche, di una scuola anni ’70: ricordano il
turchino e quindi anche quella giacca uguale al colore degli occhi,
I nostri guerrieri
troppo lontani sulla pista del bisonte / e quella musica distante diventò
sempre più forte e le lacrime più
piccole / le lacrime più grosse / quando l'albero della neve / fiorì di stelle
rosse. Il periodo è quello del terrorismo, che impegna lo stato e quindi
anche le forze dell’ordine a
dirottare altrove il loro lavoro, troppo lontani ancora dalla pista del
bisonte, ma anche lontani dal loro ritrovamento, mentre la musica distante si
faceva sempre più forte, quella violenta delle azioni armate. Solo tra ottobre
e dicembre ’79 due eventi sono sincroni al sequestro: Il 2 ottobre 1979 i
brigatisti detenuti all'Asinara annunciano la loro intenzione di smantellare il
carcere speciale. Dopo una notte di battaglia, con esplosivo, scontri a fuoco e
lotte corpo a corpo, la struttura del carcere viene resa inagibile. Il 24
ottobre 1979, nel carcere speciale di Cuneo, si suicida Francesco Berardi,
militante BR denunciato da Guido Rossa. La colonna di Genova verrà dedicata al
suo nome: Francesco Berardi “Cesare”. Si conclude a Torino, nel mese di
dicembre, l'appello del processone. I detenuti riassumono le loro tesi, già
esposte nel documento di luglio, nel Comunicato n. 19. Ecco perché l’albero
della neve (si legga l’inverno) fiorì di stelle rosse. Eventi messi a
sintetizzare alcune coordinate temporali sui fatti.
I due ostaggi dormirono quasi sempre
all’aperto, dapprima con gli occhi bendati e le mani legate. Poi, come dichiarò
lo stesso Fabrizio, venne fatta qualche concessione, togliendo loro, anche per
lungo tempo, bende e corde. Fu proprio, forse questa circostanza a tracciare il
parallelismo con la vicenda americana, che poteva essere assimilata ad un
accampamento.
Si noti come in tutti i testi dell’album
L’indiano, non ci siano toni
sprezzanti verso i sequestratori, per i quali Fabrizio ebbe parole di perdono,
persino di compianto: «Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno
farlo mai». Ma non perdonò i mandanti, peraltro ancora oggi senza nome.
Un indiano,
quindi che voleva riflettere, secondo De André, uno spicchio di quella sardità
che continuò a stregarlo e alla quale rimase sempre fortemente legato.
Il tema degli indiani ricorre lungo
tutto il filo della lirica di Faber. Un altro testo (Coda di Lupo) ne è l'ennesima prova: anche qui i binari corrono
paralleli:
[...] E quando avevo duecento lune e forse qualcuna è di troppo
rubai il primo cavallo e mi fecero uomo cambiai il mio nome in "Coda di lupo" cambiai il mio pony con un cavallo muto
Ed ero già vecchio quando vicino a Roma a Little Big Horn capelli corti generale ci parlò all'università dei fratelli tutte blu che seppellirono le asce ma non fumammo con lui non era venuto in pace.
e a un dio fatti il culo non credere mai.
Come si può vedere anche Coda di lupo, uscita nell’album Rimini del 1978 testimonia come il tema
degli indiani (anche quelli metropolitani del movimento del ’77) sia già un
interesse presente in De André ed quanto i significati siano intrecciati tra
questo tema ed il presente: "Cambiai
il mio nome in Coda di Lupo" richiama abbastanza esplicitamente la
resistenza e la clandestinità (ovunque essa si sviluppi) e contemporaneamente diviene
preciso riferimento alla prassi dei Nativi d'America (o, da noi al movimento
del 1977). Mentre "Capelli corti generale
ci parlò all'università" è più che esplicito riferimento al famoso
discorso di Luciano Lama all'università, cacciato dagli studenti proprio nel
1977. Ci racconta di come la normalizzazione agognata dalla sinistra
istituzionale sia imminente perché era il generale “dei fratelli tutte blu che seppellirono le asce” a volere che si
abbandonassero le asce, quindi la lotta, finita poi negli ultimi guizzi con gli
80 giorni alla Fiat del 1980. Sembra quasi un commento personale di De André a
nome di tutto il movimento quel "ma
non fumammo con lui non era venuto in pace". Quale migliore suggello
per raccontare una verità, con gli occhi dei protagonisti, vinti, che da li a
poco si vide chiaramente concludersi, come voleva il generale?
Grazie ad Enzo Valls per avermi dato lo
spunto per queste piccole narrazioni. Anche così si ricostruiscono passioni,
emozioni... e verità: Il mio concittadino Faber
può essere annoverato tra i migliori poeti del '900 (solo italiano?). Ricordo
che Creuza de ma che ha dato il nome
ad un album pubblicato nel 1984, fu celebrato da Peter Gabriel come precursore
della Worldmusic.
Continua…
(L'autore ci invita a visitare anche questa pagina: http://www.vincenzomollica.rai.it/vinile/deandre/, contenente un'intervista con Fabrizio De André, "concessa dopo cinque anni di lontananza dal pubblico e dopo la drammatica esperienza del rapimento del 1979".)
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