CONTENUTI DEL BLOG

sabato 21 luglio 2012

I NATIVI D'AMERICA IN FABRIZIO DE ANDRÉ: PRETESTO O ATTENZIONE?, di Marco Ferrando (quello di Genova)

Nel testo Più veritiera della storia Enzo Valls ci regala un’analisi sulla poesia come vivifica rivincita sulla narrazione storica, che condivido. Soprattutto perché credo che la poesia sia più incline e meglio adoperata quando ci consente di "veder l'erba dalla parte delle radici” (come direbbe Lajolo), cioè, vedere la storia con gli occhi dei vinti. E forse è vero. Le liriche più struggenti sono quelle scritte dai vinti per i vinti... o da coloro che sanno guardare con gli occhi dei vinti e che restituiscono spesso anche speranza, ma soprattutto forza e resistenza... a volte riscossa. Oppure in alternativa quando la poesia pone una definizione di un concetto astratto alla portata di tutti, immanentemente e semplicemente tangibile. Su questo scriverò prossimamente, per avvalorare quanto scrive Enzo Valls. Cercherò di dimostrare come cambia la sostanza quando un tema è colto da un preciso punto di vista.

Dove nasce la canzone Fiume Sand Creek e l’intero album?

L'album di Fabrizio De André in questione ha sulla copertina un indiano a cavallo, ma si noti che seppur conosciuto sotto il titolo de "l'indiano" non reca alcun titolo né in copertina né altrove. E' totalmente anonimo. A sottolineare forse parallelismi fin troppo evidenti, forse, tra la vita sotto sequestro e quella dei nativi americani? Quell'album del 1981 è stato scritto a 2 anni dall'esperienza del rapimento di Fabrizio e Dori Ghezzi, sequestrati a mezzanotte del 27 agosto 1979 nella loro tenuta de L’agnata, Tempio Pausania, Sassarese. Luciano del Sette sul sito di TerraNews.it (http://www.terranews.it/news/2009/07/dori-e-fabrizio-storia-di-un-sequestro-e-dell%E2%80%99amore-l%E2%80%99anarchica-sardegna) racconta così, a trent’anni di distanza, quei luoghi: “Sull’altura che guarda i 1.094 metri del Monte Lerno, c’è la piccola chiesa che il Comune di Pattada ha dedicato ai suoi concittadini morti in guerra. Solo la chiesa. E un posto di guardia per le squadre antincendi. Intorno, quasi a perdita d’occhio, un paesaggio di boschi bassi e fitti dove vivono daini e cervi. In basso, l’acqua del lago Lerno e, nascosta nel verde, quella di un piccolo fiume. Mai ci si aspetterebbe questo spettacolo della natura, immenso e misantropo, dopo aver percorso l’asfalto della provinciale che arriva da Ozieri e scorre dentro un paesaggio di vigne, campi, colline, centri abitati fatti di poche case e molti bar, insegne che dirottano verso ristoranti e camping, indicazioni che segnalano spiagge e attrazioni turistiche.

Una guardia forestale racconta: «Ecco, li hanno portati lì, in basso, accanto al fiume [corsivo mio], ma da questo punto non si vede». [..] «Quando è successo, trent’anni fa, quella strada non c’era. Non c’era nessuna strada, e questa la chiamavano la Terra morta. Poi, quasi certamente, li hanno spostati sul monte Lerno, in mezzo ai lecci del canalone proprio di fronte. Dove, nel 1980, è scoppiato un incendio. Un incendio per cancellare le tracce [corsivi miei]».

Il riscatto fu pagato dal padre di Fabrizio, quest’ultimo non nasconde il privilegio, in Hotel Supramonte altra canzone dello stesso album:
Grazie al cielo ho una bocca per bere e non è facile
grazie a te ho una barca da scrivere ho un treno da perdere
e un invito all'Hotel Supramonte dove ho visto la neve
sul tuo corpo così dolce di fame così dolce di sete
passerà anche questa stazione senza far male
passerà questa pioggia sottile come passa il dolore
ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore.

Letto sotto la lente del rapimento, Fiume Sand Creek rivela due realtà molto affini, sintetizzate dai particolari. 

Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura / sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura. Fabrizio e Dori furono prelevati a mezzanotte dalla loro tenuta e portati nel Supramonte. Quando la luna era morta piccola appunto.

Il fiume. “Ecco, li hanno portati lì, in basso, accanto al fiume”, che da il titolo alla canzone è uno dei pochi elementi concreti che accomuna la i luoghi sardi a quelli americani dei nativi.

Il generale di vent'anni occhi turchini e giacca uguale è plausibile che si riferisca alla vicenda Sand Creek, ma ha anche attinenza con uno dei rapitori che faceva il bidello in una scuola. Tutti sappiamo di che colore sono, normalmente le “cappe” dei bidelli, quelle classiche, di una scuola anni ’70: ricordano il turchino e quindi anche quella giacca uguale al colore degli occhi, 

I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte / e quella musica distante diventò sempre più forte e le lacrime più piccole / le lacrime più grosse / quando l'albero della neve / fiorì di stelle rosse. Il periodo è quello del terrorismo, che impegna lo stato e quindi anche le forze dell’ordine a dirottare altrove il loro lavoro, troppo lontani ancora dalla pista del bisonte, ma anche lontani dal loro ritrovamento, mentre la musica distante si faceva sempre più forte, quella violenta delle azioni armate. Solo tra ottobre e dicembre ’79 due eventi sono sincroni al sequestro: Il 2 ottobre 1979 i brigatisti detenuti all'Asinara annunciano la loro intenzione di smantellare il carcere speciale. Dopo una notte di battaglia, con esplosivo, scontri a fuoco e lotte corpo a corpo, la struttura del carcere viene resa inagibile. Il 24 ottobre 1979, nel carcere speciale di Cuneo, si suicida Francesco Berardi, militante BR denunciato da Guido Rossa. La colonna di Genova verrà dedicata al suo nome: Francesco Berardi “Cesare”. Si conclude a Torino, nel mese di dicembre, l'appello del processone. I detenuti riassumono le loro tesi, già esposte nel documento di luglio, nel Comunicato n. 19. Ecco perché l’albero della neve (si legga l’inverno) fiorì di stelle rosse. Eventi messi a sintetizzare alcune coordinate temporali sui fatti.

I due ostaggi dormirono quasi sempre all’aperto, dapprima con gli occhi bendati e le mani legate. Poi, come dichiarò lo stesso Fabrizio, venne fatta qualche concessione, togliendo loro, anche per lungo tempo, bende e corde. Fu proprio, forse questa circostanza a tracciare il parallelismo con la vicenda americana, che poteva essere assimilata ad un accampamento.

Si noti come in tutti i testi dell’album L’indiano, non ci siano toni sprezzanti verso i sequestratori, per i quali Fabrizio ebbe parole di perdono, persino di compianto: «Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai». Ma non perdonò i mandanti, peraltro ancora oggi senza nome.

Un indiano, quindi che voleva riflettere, secondo De André, uno spicchio di quella sardità che continuò a stregarlo e alla quale rimase sempre fortemente legato.

Il tema degli indiani ricorre lungo tutto il filo della lirica di Faber. Un altro testo (Coda di Lupo) ne è l'ennesima prova: anche qui i binari corrono paralleli:

[...] E quando avevo duecento lune e forse qualcuna è di troppo
rubai il primo cavallo e mi fecero uomo cambiai il mio nome in "Coda di lupo" cambiai il mio pony con un cavallo muto
Ed ero già vecchio quando vicino a Roma a Little Big Horn capelli corti generale ci parlò all'università dei fratelli tutte blu che seppellirono le asce ma non fumammo con lui non era venuto in pace.

e a un dio fatti il culo non credere mai.
Come si può vedere anche Coda di lupo, uscita nell’album Rimini del 1978 testimonia come il tema degli indiani (anche quelli metropolitani del movimento del ’77) sia già un interesse presente in De André ed quanto i significati siano intrecciati tra questo tema ed il presente: "Cambiai il mio nome in Coda di Lupo" richiama abbastanza esplicitamente la resistenza e la clandestinità (ovunque essa si sviluppi) e contemporaneamente diviene preciso riferimento alla prassi dei Nativi d'America (o, da noi al movimento del 1977). Mentre "Capelli corti generale ci parlò all'università" è più che esplicito riferimento al famoso discorso di Luciano Lama all'università, cacciato dagli studenti proprio nel 1977. Ci racconta di come la normalizzazione agognata dalla sinistra istituzionale sia imminente perché era il generale “dei fratelli tutte blu che seppellirono le asce” a volere che si abbandonassero le asce, quindi la lotta, finita poi negli ultimi guizzi con gli 80 giorni alla Fiat del 1980. Sembra quasi un commento personale di De André a nome di tutto il movimento quel "ma non fumammo con lui non era venuto in pace". Quale migliore suggello per raccontare una verità, con gli occhi dei protagonisti, vinti, che da li a poco si vide chiaramente concludersi, come voleva il generale?

Grazie ad Enzo Valls per avermi dato lo spunto per queste piccole narrazioni. Anche così si ricostruiscono passioni, emozioni... e verità: Il mio concittadino Faber può essere annoverato tra i migliori poeti del '900 (solo italiano?). Ricordo che Creuza de ma che ha dato il nome ad un album pubblicato nel 1984, fu celebrato da Peter Gabriel come precursore della Worldmusic.

Continua…

(L'autore ci invita a visitare anche questa pagina: http://www.vincenzomollica.rai.it/vinile/deandre/, contenente un'intervista con Fabrizio De André, "concessa dopo cinque anni di lontananza dal pubblico e dopo la drammatica esperienza del rapimento del 1979".)

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte:  www.utopiarossa.blogspot.com