CONTENUTI DEL BLOG

mercoledì 4 aprile 2012

MI FA MALE (Luca Cococcetta, 2011), di Pino Bertelli

(Sulla trilogia dell’indignazione del popolo delle carriole)

Agli insorti della carriole dell’Aquila

“La sfiducia nella libertà, il desiderio di appartarsi,
di lasciare la politica ai politicanti, questo è il pericoloso
stato d’animo che ognuno deve sorvegliare e combattere,
prima che negli altri, in se stesso”.
Piero Calamandrei

 I. Prologo: La fiera pecore

A che servono le prediche della chiesa, i proclami della partitocrazia, le chiacchere farisee dei media se non ha mantenere i privilegi, le vessazioni, i crimini legalizzati da un’intera casta che fa del parlamento il postribolo dove servire il re significa far parte di quella fiera delle pecore che continua a governare impunita su un intero paese. L’indignazione del popolo italiano tuttavia cresce, si rovescia nelle piazze e inizia ad esautorare la politica delle proprie forche e i propri boia vestiti Armani... ribellarsi è giusto... gli indifferenti, i rassegnati, i servi sono ormai minoranza... l’insurrezione dell’intelligenza denuda i disonesti, i voltagabbana, i profittatori annidati nei centri di comando e chiede con tutti i mezzi necessari la nascita della democrazia partecipata.
La meglio gioventù scende nelle strade e rivendica il diritto a un’esistenza più giusta e più umana per tutti... in nome del popolo sovrano, la partitocrazia (destra e sinistra in delirante connivenza) ha instaurato un regime autoritario che reprime ogni forma di dissenso e fatto dell’ingiustizia sociale il palcoscenico delle proprie sconcezze elettorali... lo showman che presiede il consiglio dei ministri è il degno rappresentante di una politica asservita ai terrorismi dell’economia che gioca in Borsa e sotto nuove forme, nuove vesti, nuovi simboli e nuove parole ha prodotto la shoah dei valori e dei diritti di un’intera popolazione. Il lavoro rende liberi — solo — a Auschwitz, alla Fiat di quell’ebete di Marchionne e anche sotto le macerie dell’Aquila! Le giovani generazioni, i padri, le madri... hanno compreso che occorre mobilitarsi... svegliare le coscienze dormienti o interessate che permettono a una cosca di canaglie di calpestare la libertà e la giustizia.
L’ignoranza favorisce il potere... la voglia di capire, di comprendere, di dissentire... è il pericolo che va represso (anche nel sangue) da parte dei dominatori... ma per i padroni dell’immaginario è sempre più difficile offuscare la verità e i loro dispositivi di privazione del vero, del bello, del giusto sono smascherati dalla messe di informazioni che circolano nei social network... la rivoluzione della Rete è inarrestabile e l’intero pianeta sfruttato, umiliato e offeso denuncia l’uso della violenza istituzionale e mostra che la richiesta di verità, di bellezza, di giustizia diventa rivoluzione (come si è potuto vedere sulle coste del Mediterraneo e dintorni)... occorre tener d’occhio i macellai della partitocrazia e abbattere la cultura dell’illegalità, la dittatura della tolleranza, la violenza mafiosa che sono alla base e responsabili dello stato di cose attuali... i ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più impoveriti. “Nessuno libera nessuno! Ci si libera tutti insieme” (Don Andrea Gallo). I preludi di uno Stato fascista sono nei fatti e la partitocrazia è il covo di serpi che va smantellato e schiacciato loro la testa.
Il piccolo film di Luca Cococcetta sulla rivolta delle carriole dell’Aquila, Mi fa male (appena 19 minuti e 21 secondi), è un esempio di cinema sociale di notevole importanza... racconta dall’interno le ingiurie, le contraffazioni, i tradimenti che il popolo aquilano ha subito da parte degli amministratori, dei politici, della chiesa, degli imprenditori... e si fa portatore di verità mai rivelate dai mezzi di comunicazione di massa... mette in campo  (cioè sullo schermo) la disperazione, la dignità, i valori sociali che una grande parte di aquilani è riuscita a non mortificare... gli aquilani hanno mostrato le proprie facce, il proprio dolore, la fraternità con i propri morti, si sono armati di carriole, picconi, pale e fuori dalle menzogne delle istituzioni si sono fatti portatori di quella comunità in armonia che avanza ai quattro angoli della terra. Il terremoto si può sconfiggere, ma non sarà possibile vincere sulla terribilità del terremoto se prima non saranno sconfitti e messi a tacere i caimani della politica, della chiesa e degli affari sporchi. Quando la democrazia è malata di autoritarismo, occorre farsi di nuovo partigiani e battersi contro i nemici dell’umanità.

II. La Res Pubblica. Gli aquilani manganellati a Roma

Il diritto all’indignazione è il sale della democrazia... il frammento del videofilm di Luca Cococcetta, La Res Pubblica. Gli aquilani manganellati a Roma (poco più di 10 minuti, (7 luglio 2010), racconta in presa diretta l’uso che le forze dell’ordine (di Berlusconi, La Russa, Tremonti, Bersani, D’Alema, Fini e dell’intera casta parlamentare...) hanno fatto del manganello e dell’abuso di potere picchiando i cittadini (non solo) aquilani che si sono riversati a Roma per protestare — a viso scoperto — davanti al parlamento, dove ministri (“servitori” della cosa pubblica) e “onorevoli” di ogni cosca sono coinvolti in affari sporchi e connivenze con mafierie d’ogni sorta... tutta gente che non conosce la dimensione degli ultimi, degli sfruttati, degli oppressi, dei terremotati, dei precari, dei disoccupati... e non sa cosa sia l’apertura all’altro, al più debole, allo svantaggiato... tutta gente che antepone i propri privilegi alla costruzione di una società in eguaglianza, accoglienza, solidarietà... tutta gente triste, brutta, arrogante, una caterva di anime morte che si sono arroccati agli scranni del governo e rappresentano la mediocrità, la volgarità, lo sconcio con la pretesa di dettare morali, valori, etiche a quelle classi sociali di lavoratori che hanno sempre rappresentato la dignità, la fraternità, la condivisione in questo paese.
Le belle facce degli aquilani irrompono nelle strade di Roma ed esprimono l’indignazione di un’intera città... uomini, donne, ragazzi... gridano giustizia, rispetto dei diritti umani, chiedono di partecipare direttamente alla ricostruzione dell’Aquila e farla finita con i saprofiti della democrazia, gli affamatori paludati della partitocrazia, i falsi profeti della chiesa... rivendicano il primato della coscienza su qualsiasi cosa e rigettano con le loro appassionate critiche, le promesse, i tradimenti, le falsità che i politici hanno dispensato loro prima e dopo il terremoto. Esprimono con coraggio un cammino di liberazione, uno stato permanente di rivoluzione sociale, una pratica della non violenza che denuncia i misfatti dei partiti italiani... ricordano — se ce ne fosse ancora bisogno — che una organizzazione sociale non deve produrre sfruttati né sostenere sfruttatori.
Il popolo aquilano è stato calpestato a Roma (e le sequenze del film di Cococcetta lo documentano bene)... chi ha ordinato alla polizia, ai carabinieri, di caricare gli indignati che manifestavano pacificamente, ha favorito l’illegalità e stracciato la Costituzione uscita dalla Resistenza (e pagata con 60.000 morti)... la violenza del più armato si è abbattuta sulla gente dell’Aquila e non c’è stato uno straccio di politico, di giornalista, di imprenditore... che ha sostenuto le loro ragioni... Don Andrea Gallo, un prete angelicamente anarchico, scrive e grida che gli umiliati e gli offesi si devono riprendere il futuro con “la forza del diritto e non [con]il diritto della forza, [con] la potenza della verità e non [con l’ipocrisia]della menzogna... [e quando i depositari della politica elettorale sono sordi e  ciechi sull’infelicità del bene comune]allora ci vuole una rottura e può essere necessario anche uscire dalla legalità, quella del potere, per entrare nell’illegalità non violenta”... cercare nella libertà e nell’eguaglianza il pieno sviluppo della persona umana, essere in prima fila nell’effettiva partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La Res Pubblica. Gli aquilani manganellati a Roma si schiera apertamente dalla parte dei terremotati dell’Aquila... il testo di Cicerone e la bella voce e dizione coinvolgente di Antonella Cocciante s’intrecciano alla figurazione auditiva/convulsiva dei palafrenieri dell’ordine costituito e commuove per il coraggio di persone di ogni età — anche in lacrime — che non temono di essere feriti o malmenati in difesa dei loro diritti... quando le sue parole si addossano alle facce pulite della protesta aquilana un filo di rabbia profonda assalta l’anima libertaria che è in noi: “Solo in quello stato in cui il popolo è il sommo potere sussiste la vera libertà di cui non vi è bene più prezioso e che neppure può chiamarsi libertà se non comporta un assoluta uguaglianza dei diritti...  in uno stato veramente democratico tutti i cittadini dicono che quando tra il popolo emerga o uno o più uomini ricchi e potenti abbiano allora origine dall’intolleranza, dalla superbia di costoro i mali dello stato, poiché di fronte ad essi gli ignavi e i deboli soccombono e sono costretti a cedere, ma affermano anche che se i popoli esercitano i loro diritti, non vi è altra forma di governo che sia più nobile, più libera, più feconda, perché quei popoli sono arbitri delle leggi, dei giudizi, della guerra, della pace, dei trattati, della vita e della fortuna di ciascun cittadino, questa per essi è la sola forma di governo che possa a buon diritto chiamarsi Repubblica, cioè cosa del popolo” (Marco Tullio Cicerone, De Repubblica, primo secolo avanti Cristo). Le macerie dell’Aquila, i morti del terremoto, l’inerzia dei gazzettieri della politica sono disvelati nella miseria dei politici di professione che, come Bersani, mentono sapendo di mentire su tutto quanto non hanno fatto per restituire la città ai cittadini e alla sua storia millenaria.
Il piccolo videofilm di Cococcetta trabocca di bandiere nere e verdi, di mani alzate degli aquilani contro manganelli, pistole, fucili, lacrimogeni degli uomini in divisa a protezione dei privilegi della cupola... sono il volto buono del dissenso che reclama a viva voce la dignità negata degli apparati costituzionali... una signora con la fisarmonica canta L’Aquila bella mia chiude il docu-film e conferma che la monopolizzazione dei mezzi di comunicazione al servizio dei dominatori ha come arma principale, la menzogna. Non è stato possibile criminalizzare il dissenso degli aquilani a Roma, come sovente riesce ai servizi segreti di questa nazione di burocrati e profittatori... gli aquilani si sono fatti fratelli in sorte e si sono chiesti con Don Milani, a che cosa servono le mani se si tengono sempre in tasca? a niente! a perpetuare la rapacità dei dominatori e la servitù volontaria... la loro indignazione è liberazione, è vita, è il rischio della vita che si fa storia.
  
III. Strumentalizziamoci. Carriole senza voto

Un altro videofilm di Cococcetta, Strumentalizziamoci. Carriole senza voto (7 minuti e 20 secondi), ripercorre l’insurrezione non violenta del popolo delle carriole... i carriolanti entrano nel cuore dell’Aquila e attraverso interviste a caldo si dà voce a chi non l’ha mai avuta o è stata loro distorta... l’ironia della gente aquilana (giovani, anziani, donne...) è pungente, intelligente, eversiva... parlano in lingua rovescia, dicono in leggerezza di essere strumentalizzati dai partiti politici e usati soltanto per le loro schede elettorali... un ragazzo è salace: “Io sono strumentalizzato politicamente perché volevo andare a sinistra, sono andato  talmente a sinistra che mi sono ritrovato a destra, poi mi hanno detto guarda che però a sinistra si sta meglio, allora sono andato dalla parte estrema della destra e tra il salto, come dice Giovanni Lindo Ferretti, tra la destra estrema e la sinistra estrema è stato piccolissimo e io mi ci sono ritrovato in mezzo... voglio essere strumentalizzato, prendetemi e fate di me quel che volete”. Gli insorti delle carriole irrompono nella decadenza della classe politica (di sinistra, di centro, di destra) e invitano ad abitare la cultura degli uomini, delle donne fuori da un’evangelizzazione forzata delle convenienze istituzionali... si affrancano nella conquista del bene comune e nella finitezza della loro bellezza popolare demistificano i falsi profeti di sventura che hanno la mangiatoia in parlamento. Chiedono l’impegno degli italiani contro tutte le ingiustizie, il rispetto delle diversità e delle alterità... lasciano spazio a forme di democrazia sconosciute ai mandarini del potere... l’amore tra le genti si realizza strada facendo.
La videocamera di Cococcetta sta addosso agli aquilani e restituisce loro il diritto alla parola, alla voglia di essere parte importante della vita sociale aquilana e spezzare le catene inique con le quali sono costretti al giogo dei grandi interessi bancari, politici, culturali e rimandano agli oppressi rivendicare lo scioglimento dei nodi istituzionali che li rendono schiavi della barbarie istituzionale... sanno che il dieci per cento degli arricchiti detiene il cinquanta per cento della ricchezza nazionale e quando qualcuno ha troppo, significa che l’ha rubato a un altro (mio padre, marinaio anarchico, diceva). I sorrisi, i sorrisi aperti degli insorti delle carriole, i musicanti che attraversano le macerie dell’Aquila, i bambini che trasportano secchi di terra sporca di sangue... interrogano una folla di imbroglioni, di santi, di avanzi di galera che non hanno alcun peso sulla realtà autentica della vita comunitaria e diventano invincibili, invincibili sì, invincibili contro l’impudenza dei padroni della cosa cosa pubblica e tengono in cattive mani le sorti di un intero popolo... “Siate risoluti a non servire più, ed eccovi liberi” (Étienne de la Boètie, scriveva nel 1500). I tiranni sono solo dei piccoli uomini senza valore, che male mai potrebbero farci se nessuno di noi sostiene le loro ladrerie, se nessuno si fa complice dei loro misfatti, se nessuno si fa schiavo delle loro incompetenze... si tratta dunque di superare l’indifferenza, farsi partigiani contro ogni forma di banditismo legalizzato... è solo l’azione che nasce spontanea dall’indignazione che muove la storia.
Strumentalizziamoci. Carriole senza voto canta l’inverno dei nostri scontenti e strucca i paramenti delle falsità della politica attuale... è un grido di libertà lanciato contro “i servi sciocchi, gli ipocriti, i disonesti, i saltafossi, i profittatori, i voltagabbana annidati nei luoghi di comando... Voi giovani dovete essere i primi a reagire, nessun altro lo fa, ha la forza, l’urgenza di farlo. A cominciare dai vostri padri. Il vostro futuro dipende da voi, perciò potete e dovete pretenderlo nuovo, pulito, libero, senza compromessi, senza scorie, depurato dagli errori di chi vi ha preceduto” (Massimo Ottolenghi, novantacinquenne partigiano delle Brigate di Giustizia e Libertà). Ribellarsi è giusto e gli insorti aquilani delle carriole sono scesi nelle strade, nelle 99 piazze della loro città per denunciare la shoah dei valori e dei diritti messa in atto da una casta di sanguisughe che hanno fatto dell’autoritarismo l’altare dell’illegalità. Si deve combattere l’illegalità con ogni sorta di disobbedienza civile e fare della legalità e del diritto il primo passo verso la rivoluzione sociale.
Le piccole interviste di Cococcetta ruotano intorno alla perdita di valori della democrazia... i gruppi di potere imposto e sovrapposto fanno i loro affari con le mafie e hanno insediato nei posti di comando i loro sgherri... la filosofia della spoliazione è passata sulle identità dei popoli impoveriti e l’unica speranza è nella coscienza individuale, nel rispetto di sé e degli altri che dicono la mia parola è no! e all’interno di una società complessa (liquida, direbbe Zygmunt Bauman) riescono a comunicare (anche attraverso i social network) e formare una rete di moltitudini in grado di dialogare e di crescere nella dissidenza. La democrazia che non si usa, marcisce.
Nel popolo insorto delle carriole dell’Aquila c’è l’appello a combattere l’indifferenza della politica e l’abulia di tutti quelli che non si confrontano con i loro limiti e i loro sogni di libertà e di democrazia. “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti... Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti” (Antonio Gramsci, 1917). In questo senso i dissidenti della carriole si fanno portatori di terre nuove della politica e si affacciano alla pratica della democrazia diretta o consiliare che è già ma non ancora... dividono il pane con l’affamato, introducono in casa lo straniero, vestono l’ignudo e si fanno protagonisti della democrazia etica a venire... la solidarietà liberatrice che è nelle loro parole, nelle loro azioni, nelle loro disobbedienze è un’utopia in cammino verso una società più giusta e più umana.
 IV. Mi fa male

Mi fa male si apre sulle macerie dell’Aquila e (ci) commuove per lo sguardo della videocamera sulle spoglie di una delle più belle città del mondo... un televisore acceso regna su ciò che resta di una casa e s’intreccia alle parole indignate di un attore (Manuele Morgese) che davanti a uno specchio si fa interprete di tanta gente dell’Aquila che non accetta la cancellazione della memoria e della storia della loro città. Nel televisore si vedono i servi sciocchi dell’informazione (Fede, Vespa, turisti del dolore, telecamere del disastro spettacolare)... poi tutta la parata di personalità (capi di Stato, primi ministri, vescovi, sindaci, la protezione civile, forze dell’ordine...) che si contendono il favore delle televisioni internazionali e abbracciano i vecchi, i bambini, i parenti, gli amici dei morti... ci assale il vomito insieme alla rabbia e quei sorrisi tristi, finti, perversi... vanno ad avvelenare la fraternità, l’accoglienza, la solidarietà di un popolo colpito nel profondo, prima da un evento naturale (che poteva essere prevenuto, almeno in parte) e poi da una banda di saprofiti che continuano a offendere l’esistenza dolorosa di migliaia di persone.

I filmati degli insorti delle carriole, il dissenso degli aquilani, la richiesta a viva voce di democrazia reale... sono intrecciati alle barriere che chiudono il centro storico dell’Aquila e i soldati a guardia del disordine organizzato (come al G8 di Genova nel 2001 o a Roma nei recenti scontri di piazza, 2011) hanno facce da “bravi ragazzi” pronti a impugnare il manganello o la pistola, quando il popolo reclama i propri diritti. Un partigiano novantacinquenne, Massimo Ottolenghi, combattente nelle brigate di Giustizia e libertà, scrive che occorre imporsi all’ingiusto e all’illegale ovunque la democrazia uscita dalla Resistenza (e pagata con oltre sessantamila morti) è affossata e sottrarsi “alla mentalità mafiosa e opaca che premia l’illegalità quotidiana, il privilegio e la sopraffazione del più forte e del più furbo”. La fascistizzazione dall’interno dei partiti è un fatto... il diritto ad esistere tra liberi e uguali rimanda alla rivoluzione democratica per amore della libertà e della giustizia.
Mi fa male si schiera dalla parte dei cittadini aquilani... senza timori né riverenze di sorta... l’indignazione sborda dal film con le parole degli insorti delle carriole... pezzi di città, mattoni antichi, libri, ricordi di famiglie distrutte sono intercalati con frasi, invettive, denunce disseminate dall’interprete sulle coscienze più sensibili e grondano sui volti ipocriti dei privilegiati della politica... invitano alla partecipazione, alla ribellione, alla presenza di ciascuno contro l’infezione dei politici e dei loro vassalli... chiedono di indignarsi e insorgere contro contro la bestiale follia istituzionale dei pochi che hanno fatto del parlamento un tempio di mercanti da radere al suolo. Piero Calamandrei ci ricorda che “la resistenza è stata la crisi benefica che ci ha guariti, col ferro e col fuoco, da questo universale deperimento dello spirito” e sbaragliato l’impero della corruzione e del predominio politico. Si tratta di cambiare il sistema che ci opprime... innescare una battaglia sociale che prima o poi sarà battaglia di popolo.
La resistenza del popolo delle carriole è trasversale ai partiti... Mi fa male dà volto e voce alla gente dell’Aquila e donne, uomini, bambini vanno a comporre un florilegio comunitario che non si ferma davanti alle promesse (mai mantenute) dei governanti... bellezza e dolore emergono dal loro sdegno verso tutto ciò che è celebrativo o pietistico... gli interni delle belle casette di cartone pressato sono affiancate ai palazzi regali distrutti o appuntellati... le lacrime amorevoli degli aquilani si mescolano alla voglia della popolazione di riprendersi la città... quello che più emerge da Mi fa male è l’apertura all’altro... al diverso da sé... un richiamo all’esule, allo straniero, al fuoriuscito, al meticcio... sepolti nella storia millenaria di quelle macerie.
Il film di Cococcetta (scritto con Bonifacio Liris) lascia parlare i fatti, le bugie, i dissidi... la musica (Giancarlo Tiboni e Giorgio Gaber) entra nella tessitura filmica e vibra momenti di autentica commozione ad altre sottolineature di inclinazione al dissidio... il montaggio è una sorta di partitura sonora che porta sulla faccia bella dell’attore il taglio alto di una tragedia infinita e in chiusa dice: “Tutti gli esseri umani nascono liberi in dignità e diritti, anche noi! Essi sono dotati di ragione e coscienza, anche noi! E devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza, e questo vale anche per noi!”. Mi fa male figura l’appassionata coscienza critica di una comunità, di una città distrutta dalla politica (ma non nell’amore tra le genti) che incide nella vita a venire di un’intera nazione... un piccolo film che si scaglia contro i moralismi, le rigidità dottrinarie, le ipocrisie che non riescono ad affogare le intolleranze istituzionali e indica il cammino della fraternità di un  popolo come via per la liberazione.
Mi fa male è una specie di film/testamento di un’intera città che sveglia la libertà e la coscienza critica dei futuri cittadini di ogni-dove e indica il primato della coscienza sulla legge dello Stato e della Chiesa... il popolo insorto delle carriole respinge la politica trasformata in crimine, delazione, ricatto, imbroglio, scandalo... e fa della disobbedienza civile la fine dell’imbecillità... “Se non potremo salvare l’umanità ci salveremo almeno l’anima” (Don Lorenzo Milani, diceva). La sovranità popolare, la libertà, la giustizia sono gli arnesi magici di ogni utopia realizzata... la violazione di ogni ordinamento costruito sulla violenza e sostenuto dai fanatici dell’obbedienza, è un passo contro ogni forma di idolatria e solo quando il giusto sarà il pane di tutti, i popoli conosceranno nuove primavere di bellezza.

Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 20 volte ottobre 2011

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com