L’11 aprile 2012 è
morto ad Algeri Ahmed Ben Bella. Era nato a Maghnia nel dicembre 1918. Con lui
scompare uno degli ultimi grandi rivoluzionari del dopoguerra, uno dei pochi
che abbiano diretto una lotta di liberazione contro l’imperialismo senza cadere
nel campo stalinista o in altre forme di dipendenza dall’Urss, ma soprattutto
senza rinnegare i valori originari per i quali la rivoluzione algerina era
stata condotta sino alla vittoria sul colonialismo francese.
Formatosi nel
movimento nazionalista di Messali Hadj, il giovane Ben Bella aveva partecipato
alla fondazione del Fronte di liberazione
nazionale, iniziando la lotta armata nel 1952-54. Imprigionato nel 1955, fu
liberato dopo la vittoria del Fln (accordi di Evian del 1962), divenendo
presidente dell’Algeria indipendente. Alla guida del Paese, contrariamente alla
prassi usuale in tutte le altre rivoluzioni politiche vittoriose in paesi
coloniali e neocoloniali, Ben Bella realizzò
una riforma agraria molto avanzata, non rinunciando al programma di
trasformazione sociale in cui credeva e in cui aveva dimostrato di credere (per
es. avviando processi embrionali, ma pionieristici, di liberazione della donna
algerina). Durante la lotta armata aveva accettato - lui islamico e
non-marxista - la collaborazione con Michel Pablo, all’epoca dirigente della
Quarta internazionale, imprigionato a sua volta per una fornitura di armi ai
combattenti algerini, continuando ad avvalersi in seguito della sua consulenza.
Ben Bella non
dichiarò mai apertamente un vero e proprio programma socialista per la
Rivoluzione algerina, ma nella veste di Presidente cominciò a realizzare delle
riforme che andavano in una direzione socialista. Per realizzare tale
programma, Ben Bella dovette rompere con i comunisti prosovietici algerini (per
non parlare della rottura storica con lo sciovinismo degli staliniani del Pcf
che avevano addirittura osteggiato in alcune fasi la lotta di liberazione). Fra
destra e sinistra, fra nazionalismo e socialismo, Ben Bella tentò di mantenere
un difficile equilibrio di centro nettamente orientato a sinistra e in parte vi
riuscì per la grande popolarità di cui godeva tra le masse algerine e più in
generale nel movimento di emancipazione panarabo.
Nei tre anni alla
guida del governo, Ben Bella stabilì rapporti molto stretti di collaborazione
con la Rivoluzione cubana e in modo particolare con Che Guevara. Ormai sappiamo
- per varie sue dichiarazioni e altre testimonianze - che l’entroterra di Algeri fu per un certo
periodo il luogo principale di addestramento dei guerriglieri che Cuba inviava
a combattere in America latina. Questo raro esempio di internazionalismo
concreto e operativo fu rivelato per la prima volta dallo stesso Ben Bella in
una memoria su Guevara (scritta nel ventennale della morte - 1987 - per una
commemorazione ad Atene, e da noi pubblicata in italiano in due diverse
antologie sul Che) e in tempi più recenti nell’intervista a Silvia Cattori (a
Ginevra, 16 aprile 2006 http://www.silviacattori.net/article3085.html).
Ad ennesima
dimostrazione che un programma ardito di riforme sociali non può essere
realizzato dalla borghesia nazionale nemmeno nei paesi ex coloniali senza una
rottura del quadro delle compatibilità capitalistiche e a causa del suo
radicalismo, il governo di Ben Bella fu rovesciato a giugno 1965 da un colpo di
stato che portò al potere il ministro della Difesa, Houari Boumedienne. Il
golpe troncò definitivamente qualsiasi evoluzione in senso socialista
dell’Algeria, istituendo col tempo una forma specifica di capitalismo
burocratico di stato, in difficile equilibrio tra il nazionalismo algerino e
gli interessi petroliferi delle compagnie imperialistiche. Per molti anni
Boumedienne (sino alla morte nel 1978) incarnò falsamente gli ideali di
liberazione e socialismo dell’Algeria (per es. nel Movimento dei paesi
cosiddetti “non-allineati”), mentre Ben Bella finiva agli arresti domiciliari
sino al 1980, quando fu esiliato in Svizzera, da dove poté tornare nel 1990,
sempre guardato a vista e con sospetto.
Ben Bella non ha
mai rinnegato la propria visione radicale del processo di liberazione delle
masse arabe. Valorizzò la propria adesione alla fede islamica, ma non volle mai
confondersi con le correnti integralistiche, cresciute nel frattempo per
influenza popolare nella stessa Algeria. Dal 2007 fece parte della Commissione
dei Saggi in seno all’Unione africana, continuando a rivendicare la necessità
di un ampio coinvolgimento delle masse arabe nel processo di liberazione
dall’imperialismo.
A gennaio del 2001 Ben Bella partecipò attivamente al primo Forum mondiale di Porto Alegre, ponendo per primo la firma su un appello antimperialistico proposto dal suo vecchio compagno d’armi Douglas Bravo (testo redatto insieme a chi scrive) e diffuso tra i partecipanti al Social forum. Quella dichiarazione [che riportiamo in appendice] doveva servire a differenziare le componenti più radicalmente antimperialistiche dalle posizioni più ingenuamente pacifistiche e in ultima analisi filocapitalistiche che dominavano già allora l’orientamento dei primi Social forum. Sappiamo che quel tentativo
non ha dato i risultati che si sarebbero potuti sperare, ma resta il fatto
molto significativo che Ben Bella abbia fornito un proprio contributo in tale direzione. Con lo stesso spirito egli partecipò ai lavori del Primo Incontro mondiale in difesa dell’umanità (Caracas, dicembre 2004), in un periodo di massima radicalizzazione della rivoluzione bolivariana chavista.
A questo punto va
data un’ultima informazione riguardo alla volontà di Ben Bella di proseguire
sino alla fine l’itinerario rivoluzionario cominciato da giovane nella lotta
contro il colonialismo. Nella primavera del 2011, in occasione di una sua
visita in Italia, l’ex comandante guerrigliero e dirigente di Tercer Camino,
Douglas Bravo - esponente di Utopia Rossa a livello internazionale - ci informò
che Ben Bella avrebbe potuto aderire a sua volta a Utopia Rossa e che glielo
avrebbe proposto personalmente in occasione di un loro prossimo incontro. Ma
per i problemi che Douglas ha poi avuto con la polizia venezuelana (ivi
compresa la proibizione di prendere l’aereo per il suo nuovo viaggio in Italia
a ottobre del 2011), quell’ultimo incontro tra i due combattenti rivoluzionari
non si è verificato e quindi non si è potuta formalizzare la richiesta a Ben
Bella di aderire ufficialmente al progetto rivoluzionario di Utopia Rossa.
Ma anche se l’atto
formale di adesione non si è potuto realizzare in tempo prima della sua morte,
dobbiamo e possiamo sentirci moralmente autorizzati a considerare questo
inflessibile combattente della causa di liberazione dei popoli come il primo grande utopista rosso del mondo
arabo e quindi come uno dei nostri.
Hasta siempre,
compagno Ahmed Ben Bella…
DICHIARAZIONE DI PORTO ALEGRE
Poiché crediamo che un MONDO MIGLIORE SIA POSSIBILE, siamo venuti in
Brasile per incontrarci a Porto Alegre, nel Forum Sociale Mondiale, con i
rappresentanti di 132 popoli di tutti i continenti: popoli che lottano e si
ribellano alla dittatura del capitale globalizzato che pretende cancellare i
sogni e le speranze di tutti gli uomini e le nazioni. Per questo siamo venuti a
Porto Alegre, per cominciare a lavorare in una comunità universale, per
realizzare un mondo per tutti in cui prevalgano la libertà, il benessere e la
felicità per ogni essere umano, per condurre una vita in armonia con tutti gli
esseri che popolano il pianeta Terra.
Ma questo MONDO MIGLIORE è possibile se siamo capaci di organizzare la
resistenza universale di tutti i popoli e le nazioni, per combattere fino alla
vittoria contro l’offensiva del capitale globalizzato, impiegando tutte le
energie e le risorse materiali e spirituali in un confronto generale dei valori
della vita umana contro i valori della morte e della dittatura del capitale.
Solo in questo modo riusciremo a salvare l’uomo e il pianeta, e a conquistare la
civiltà della vita.
Diciamo queste parole a titolo individuale, come uomini impegnati che si
fanno carico di tale sfida liberamente, e mettiamo in guardia sugli aspetti più
critici che assume oggi il confronto tra i valori e i diritti umani, da un lato,
e le forze organizzate dell’oppressione e la barbarie, dall’altro. In questo
senso vogliamo far sentire la nostra voce.
Siamo a favore ed esprimiamo la nostra solidarietà:
1. Con il popolo colombiano e tutti i popoli dell’America latina e dei
Caraibi, rappresentati dalle loro avanguardie rivoluzionarie che combattono
contro le oligarchie e i loro alleati dell’Impero nordamericano.
2. Con il movimento indigeno che si solleva dopo 500 anni di silenzio, con
il Frente zapatista in Messico, con il Movimento dei Sem Terra e gli indigeni di
varie etnìe in Brasile, con i popoli Pemón, Barí e Yukpa in Venezuela, con la
Federación indígena dell’Ecuador, ma anche in Bolivia e in Cile, e con tutte le
minoranze autoctone, con i neri del continente, con tutti gli esclusi che si
scontrano attivamente con i progetti del capitale globalizzato.
3. Con il popolo palestinese che con l’Intifada intensifica la propria
battaglia per raggiungere l’indipendenza.
4. Con la marcia contro il muro dell’ignominia, convocata nell’incontro
contro la globalizzazione a Belén de Pará e ratificata nel Forum Sociale
Mondiale come un processo di lotta, organizzazione, resistenza e ribellione
contro l’Impero capeggiato dagli Usa.
Prendiamo la parola per denunciare e pronunciarci:
1. Contro il cosiddetto «Plan Colombia», nel quale denunciamo l’aspetto
militare della globalizzazione, che ha come obiettivo il genocidio del popolo
colombiano, il contenimento delle lotte e delle rivolte dei popoli
latinoamericani e caraibici, l’appropriazione delle materie prime (in
particolare il petrolio venezuelano, l’ossigeno e l’acqua dei bacini
dell’Amazzonia e dell’Orinoco). In sostanza, contro l’attuale aggressione
genocida ed ecocida ai danni della vita del continente.
2. Contro il piano di ricolonizzazione di tutti i popoli e paesi del mondo,
sotto la dittatura del capitale globalizzato, con a capo gli Usa, che minaccia
di distruzione la vita e il pianeta Terra.
3. Contro la scienza e la tecnologia di morte, condensata nell’arsenale di
distruzione biologica, chimica e galattica con il quale vengono aggrediti e
minacciati tutti i popoli.
4. Contro lo Stato reazionario d’Israele, strumento dei monopoli
finanziari, alleato incondizionale degli Usa e nemico dei popoli arabi.
Qui, da Porto Alegre, desideriamo ricordare a tutti i partecipanti e a
tutti gli esseri umani la profezia del grande Libertador che sconfisse il
colonialismo spagnolo in una grande battaglia continentale, che dobbiamo emulare
per sconfiggere la dittatura del capitale globalizzato. Disse Simón Bolívar:
«Gli Stati Uniti sembrano predestinati dalla Provvidenza per affogare l’America
nella miseria in nome della libertà».
Proposto e firmato oggi, 30 gennaio del 2001, da quanti lo condividono, a
Porto Alegre in Brasile, in occasione del Forum Sociale Mondiale convocato in
risposta ai piani delle forze del capitale riunite a Davos, in Svizzera.
SÌ, UN MONDO MIGLIORE È POSSIBILE
Primi firmatari dell’appello:
Ahmed Ben Bella (Algeria), Douglas Bravo (Tercer Camino, Venezuela),
Roberto Massari (Fondazione Ernesto Che Guevara, Italia), Hebe de Bonafini
(Madres de la Plaza de Mayo, Argentina).
Seguono centinaia di firme di singoli delegati (come la Ministra della
cultura del Mali), di movimenti e gruppi politici presenti a Porto Alegre.
Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com