CONTENUTI DEL BLOG

mercoledì 16 novembre 2011

DUE ESEMPI DI CIVILE POLEMICA, di G. Cremaschi, A. Helman e R. Massari


Pubblichiamo di seguito, con l’autorizzazione degli interessati, uno scambio di lettere personali tra Roberto Massari e Giorgio Cremaschi, e tra Massari e Alfredo Helman. Cremaschi è persona nota in Italia; Helman è uno degli argentini che si addestrarono a Cuba per raggiungere la guerriglia del Che in Bolivia (non fece in tempo ma Guevara lo nomina nel Diario); vive da tempo a Viareggio, è membro della Fondazione Guevara, ha pubblicato un libro sul Peronismo e uno sulle proprie passate esperienze politiche (Il militante, Edizioni clandestine, Marina di Massa 2005).

Pubblichiamo questo scambio per due ragioni:

1) Sia la lettera di Cremaschi che quella di Helman sono repliche a critiche di Massari; quella di Cremaschi a un articolo recentemente pubblicato su questo blog e quella di Helman a una lettera di Massari dopo la lettura del libro Il militante. Come redazione di Utopia Rossa non siamo interessati a commenti anonimi e poco o nulla argomentati (prova ne sia che questo blog non prevede la classica sezioni "commenti agli articoli"); desideriamo, invece, dialogare o polemizzare in modo aperto e meditato, nel caso rendendo disponibili tutti i materiali, senza preclusioni. La pubblicazione di queste lettere è in tale spirito di franca discussione.

2) La seconda ragione è anche più importante. Riteniamo che i due scambi, che il caso ha voluto accadessero quasi contemporaneamente, sono un bell'esempio di come dovrebbe essere una discussione politica sana, civile, capace di comprendere le ragioni dell’interlocutore nello stesso momento in cui si esprime dissenso o ferma opposizione alle stesse. Purtroppo si tratta di occasioni rare, tanto da meritare un certo rilievo per il loro valore di esempio. La norma nella sinistra italiana è invece altra: il silenzio, l’insulto, il travisamento. Una discussione civile e razionale è sia un dovere etico-politico, sia la condizione per chiarire dissensi e convergenze al fine costruire una sinistra anticapitalistica vitale (Michele Nobile).


Cremaschi-Massari (13 novembre)

Caro Roberto,
credo che alla luce degli ultimi avvenimenti potresti convenire con me che la tua polemica su un mio breve comunicato(*), totalmente ignorato dal regime informativo postberlusconiano, sia stata un poco esagerata.
Il tallone di ferro che ci stanno costruendo addosso a colpi di spreads a mio parere richiede un salto di analisi e iniziativa. Non penso minimamente ad alleanze con borghesie nazionali... ahaha e quali poi... ma ad una lotta durissima che per me ha un solo paragone: quella dei residui del movimento operaio europeo contro il nazionalismo del 1914... Non dico che la situazione è la stessa naturalmente, ma che è dello stesso segno e che va nella stessa direzione.
Il regime che spinge per il consenso a Monti pare lo stesso che nelle “giornate radiose” del maggio 1915 portò l’Italia a scendere in guerra. E stiamo tranquilli, il nazionalismo, la retorica del RI MONTI AMO saranno la miscela che verrà usata per coprire il massacro sociale.
Il mio scandalo per la presenza dei messi del FMI era tutto qui, nella piena consapevolezza che essa era assolutamente minoritaria… per ora.
Certo oggi c'è anche una destra che parla di governo delle banche, ragione di più per essere in campo noi, con i 5 punti del movimento no-debito e con anche molto altro.
Onestamente penso che dopo il governo Monti nessuno di noi sarà perdonato se non farà l'impossibile per unire tutte  le forze e le persone che vogliono disertare dalla guerra del debito e lottare contro il dominio che essa esercita qui e ora. A me tutto questo è assolutamente chiaro da quando Marchionne vinse il ricatto a Pomigliano. Da allora per me comincia la Terza repubblica ove il capitale governa direttamente...
Mi posso sbagliare, ma non trovo nel programma di chi vinse proclamando tutto il potere ai soviet altro che rivendicazioni che oggi sarebbero definite democratiche radicali. Io penso al rifiuto del debito come al rifiuto della guerra e anche per questo mi preoccupo del consenso che la guerra al debito per ora conquista a livello di massa. Loro saranno sciovinisti, noi semplicemente dobbiamo far fronte ai nostri  padroni e ai loro legami internazionali. Alle prossime
 Giorgio

Caro Giorgio, la tua risposta conferma ciò che vado dicendo di te da molto tempo, e cioè che sei una delle ultime persone civili rimaste nella ex estrema sinistra (sulla ex sinistra non vale la pena di parlare). E certamente la tua precisazione è dettata dalla consapevolezza o constatazione che il passaggio del potere istituzionale a Monti (nella sostanza, ma anche per il modo extraparlamentare con cui è stato fatto) rappresenta una montagna d'ingerenza da parte dei vertici dell'imperialismo mondiale rispetto al sassolino d'ingerenza che sarebbero stati i presunti ispettori. E forse ti sarai anche detto che la spiegazione che avevo dato io per la trovata degli ispettori (e cioè un gesto di diffida o sfiducia in più, visto che in alto avevano deciso di farla finita con Berlusconi) si è rivelata giusta e tempestiva. Di qui probabilmente anche il desiderio di mantenere aperto il dialogo fra noi, come mi auguravo anch'io nel finale del mio intervento.

Voglio rassicurarti dicendo che non ho pensato che la tua posizione sugli ispettori (o ancor prima sul non-pagamento del debito - che è cosa diversa dal non-pagamento dei costi sociali del debito che in quanto tale non differisce granché dalla lotta rivendicativa quotidiana) significasse un tuo spostamento a destra o a favore di un'alleanza con borghesie nazionali. Il problema è un altro e non credo si possa affrontare in queste poche righe. Riguarda un certo modo di procedere per reazioni successive, la pressione delle alleanze politiche che hai tessuto da un po' di tempo a questa parte, la convinzione di poter imprimere da solo, con la tua esperienza Fiom, un orientamento unitario e anticapitalistico ai relitti di una estrema sinistra che in quanto tale non esiste più da tempo, le deformazioni ideologiche che ci si porta dietro per esser cresciuti politicamente nella Cgil, o nel Pci, o in Dp, o nel Prc, o in tutti costoro o in uno dei tanti gruppi minori autosoddisfatti (scegli tu la combinazione in cui ti riconosci) - ma sempre e inequivocabilmente in una dimensione nazionale, in primo luogo. E sempre e comunque in un rapporto di non-dialogo teorico con le altre correnti o componenti, in secondo luogo.
Per es., ora che con Monti si preparano tempi ancor più duri che con Berlusconi, sarebbe interessante sentire qualche autocritica da parte di coloro che per un decennio o più hanno fatto dell'antiberlusconismo la bandiera principale e in nome di tale bandiera sono anche andati al governo, all'abbraccio col centrosinistra ecc. Se qualche "dirigente" riconoscesse l'errore compiuto e si ponesse modestamente a ritessere la trama con coloro che questo errore non l'hanno fatto, forse non faremmo dei passi da gigante in avanti, ma muoveremmo qualche passettino che magari fornirà una base di crescita ad altri, un investimento per il futuro ecc. Al momento ciò non accade e si conferma così che continuiamo a vivere l'anno zero del pensiero e del progetto anticapitalistico e tu lo verificherai prima o poi. Più pessimista di come sono sul tipo di forze politiche sulle quali ti stai appoggiando non potrei esserlo (staliniani, centristi sui generis ed ex forchettoni rossi, gruppettari e vittime più o meno illustri della società dello spettacolo...). Vorrei tanto aiutarti nella tua battaglia mettendoti a disposizione la mia esperienza rivoluzionaria più che quarantennale, nonché le capacità teoriche dei compagni che compongono la redazione internazionale di Utopia rossa (pensa che sommando le opere di 5 o 6 di noi si arriva a un centinaio di libri scritti nell'arco di qualche decennio...). Ma so benissimo che ciò non è facile da realizzare per il veleno che si è diffuso e radicato dopo le corse agli incarichi parlamentari, dopo le tante scissioni ed espulsioni, dopo l'avvento dell'individualismo sul senso del collettivo. Insomma, il forchettonismo rosso.
Restiamo quindi in contatto. Comunichiamo quando è possibile e speriamo che da qualche parte si riesca a perforare la diga.
Un abbraccio
Roberto
* * *

Massari-Helman (15 novembre)

Caro Alfredo, ho finito di leggere attentamente il tuo libro Il militante e ho dato una scorsa a quello sul Peronismo. 
Quest'ultimo non è un libro da lettura, ma da consultazione e come tale lo utilizzerò. Condivido pienamente la tua battaglia per far capire che Perón non è stato un dittatore fascista, ma anzi è stato l'unico leader che col suo specifico populismo sia riuscito a unificare la stragrande maggioranza dei lavoratori argentini nella totale incomprensione da parte del movimento operaio classico. (Del resto avrai visto come la penso nel mio libretto su Il peronismo). 
Trattandosi per te di una storia autocritica (in quanto ex comunista prosovietico) mi sembra che il libro sia veramente onesto. E utile, perché i dati che tu riporti non si trovano facilmente raccolti insieme in un unico libro. (Peccato che Perón sia scritto sempre senza accento. Ma mi pare che nel resto del libro tutti i nomi latinoamericani siano privi di accento.)

Il militante, invece, si legge bene, come storia di vita. Una storia che si svolge da entrambi i lati dell'Atlantico con scorribande in Russia e in Cina. È veramente istruttivo vedere come sei entrato nel movimento "comunista". Scusami le virgolette, ma per mia formazione non sono mai riuscito a considerare gli staliniani come comunisti. Il bello è che verso la fine del libro questo lo dici anche tu, con un linguaggio cauto ma nella sostanza non differente dal mio.
Non pensavo che la parte precedente il tuo ingresso nell'area guerriglieristica si sarebbe rivelato così interessante alla lettura. 
E invece lo è e lo consiglierei a qualsiasi giovane argentino che voglia sentire l'aria che tirava in quegli anni anche per chi stava all'esterno del movimento peronista.
E poi ovviamente mi sono divorato e annotato tutta la parte "guevarista", preziosa anche per "specialisti" del Che. Nel tentativo di ricostruire il grande mosaico della vicenda di Guevara, tu apporti delle tessere utili, che si vanno a incastrare con altre tessere. E devo dire che combaciano sempre. (E' stranamente assente dal tuo libro il nome di Amalio Rey che ho conosciuto molto bene a Córdoba e con lui ho visitato Alta Gracia.) Io - all'epoca guerriglierista come te - arrivai a Cuba a luglio del 1968 e vi rimasi sino a fine dicembre, quindi con solo un anno di ritardo rispetto a te. Puoi immaginare quindi con quanta passione ho letto la tua trafila, ben sapendo che sarebbe potuta essere anche mia. Nell'autunno del 1968, infatti, chiesi alla mia "protectora" (o directa responsable), Melba Hernández, di mandarmi a combattere in America latina. Ignoravo ovviamente la svolta che c'era stata nell'orientamento del Departamento para las Américas. Per mia fortuna Melba mi rispose negativamente dicendo che tipi come me servivano di più in Europa e che in Italia, se fossi riuscito a costruire un gruppo deciso e ben armato...
Non sto scherzando: è storia vera e credo che tu sei uno dei pochi ancora in circolazione che riesce a credermi.
Un valore aggiuntivo al tuo libro è dato dal fatto che sei ancora in circolazione, per l'appunto. Con idee politiche che non condivido affatto, ma che sono "storicamente" comprensibili.
Se ci fossimo conosciuti alla fine degli anni '60 o prima che il crollo dell'Urss creasse tanta demoralizzazione nella ex sinistra, forse oggi la penseremmo in maniera simile. Ma così non è andata, né con te, né con le migliaia di compagni sparsi nel mondo che allora erano disposti a dare la vita per l'ideale rivoluzionario, ma non sono stati poi disposti a continuare quando invece che il sacrificio della vita si richiedevano l'uso della ragione, la pazienza e soprattutto letture giuste e formative.
Sono contento di averti conosciuto, sono contento che tu sia parte della Fondazione Guevara e sono contento di aver letto il tuo libro autobiografico. Avendo i soldi lo ripubblicherei senza esitazioni nella collana Guevara della mia casa editrice. Ma così non è e credo che non lo sarà per un bel po' di tempo visto che da Tre-monti siamo passati a un Monti solo.
Un abbraccio
Roberto

Caro Roberto:
Decirte que tu carta me produjo una gran alegría no es la consabida  formalidad.
No es común, aun entre compañeros, sentirse estimulado y considerado con la generosidad que reflejan  tus líneas.
¡Gracias de todo cuore!
Creo haberte dicho - y en todo caso lo repito - que  tu caracterización del peronismo es la única escrita de un italiano, en la que me reconozco. Todas las otras que leído, son influenciadas por las deformaciones,  que la rabia y la frustración de comunistas y socialistas argentinos, impusieron  a  una visión justa del peronismo.
 Creo que también nos une la condena del estalinismo. Es realmente cómico que la crisis de un ex estalinista como yo, haya comenzado por su visita a la URSS. Es como si un musulmán dejara de serlo después de la visita a la Meca.
Quizás nos separa la caracterización de este proceso latinoamericano, que en mi provoca entusiasmo  y creo que en vos, perplejidades bastantes criticas.
Pero en fin, si todos los compañeros pensáramos igual el mundo sería muy aburrido.
Quiero decirte que estoy muy orgulloso de que me hayas aceptado en la Fondazione Guevara y que en los días que compartimos me ha impresionado la pasión,  la dedicación y la competencia con que estas librando tu batalla política y cultural.
Dejame decirte también que tipos como vos son un ejemplo para todos. Y sobre todo para los pibes que sin duda hoy, se aprestan a  continuar  la herencia, que nosotros recogimos a su vez de nuestros mayores.
Te mando un fraternal abrazo y espero verte pronto.
Alfredo


Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com