Pubblichiamo di seguito, con l’autorizzazione degli interessati, uno
scambio di lettere personali tra Roberto Massari e Giorgio Cremaschi, e tra
Massari e Alfredo Helman. Cremaschi è persona nota in Italia; Helman è uno
degli argentini che si addestrarono a Cuba per raggiungere la guerriglia del
Che in Bolivia (non fece in tempo ma Guevara lo nomina nel Diario); vive da
tempo a Viareggio, è membro della Fondazione Guevara, ha pubblicato un libro
sul Peronismo e uno sulle proprie passate esperienze politiche (Il militante, Edizioni clandestine,
Marina di Massa 2005).
Pubblichiamo questo scambio per due ragioni:
1) Sia la lettera di Cremaschi che quella di Helman sono repliche a
critiche di Massari; quella di Cremaschi a un articolo recentemente pubblicato
su questo blog e quella di Helman a una lettera di Massari dopo la lettura del
libro Il militante. Come redazione di
Utopia Rossa non siamo interessati a commenti anonimi e poco o nulla
argomentati (prova ne sia che questo blog non prevede la classica sezioni
"commenti agli articoli"); desideriamo, invece, dialogare o
polemizzare in modo aperto e meditato, nel caso rendendo disponibili tutti i
materiali, senza preclusioni. La pubblicazione di queste lettere è in tale
spirito di franca discussione.
2) La seconda ragione è anche più importante. Riteniamo che i due scambi,
che il caso ha voluto accadessero quasi contemporaneamente, sono un
bell'esempio di come dovrebbe essere una discussione politica sana, civile,
capace di comprendere le ragioni dell’interlocutore nello stesso momento in cui
si esprime dissenso o ferma opposizione alle stesse. Purtroppo si tratta di
occasioni rare, tanto da meritare un certo rilievo per il loro valore di
esempio. La norma nella sinistra italiana è invece altra: il silenzio,
l’insulto, il travisamento. Una discussione civile e razionale è sia un dovere
etico-politico, sia la condizione per chiarire dissensi e convergenze al fine
costruire una sinistra anticapitalistica vitale (Michele Nobile).
Cremaschi-Massari (13 novembre)
Caro Roberto,
credo che alla luce degli ultimi avvenimenti potresti convenire con me che
la tua polemica su un mio breve comunicato(*), totalmente ignorato dal regime
informativo postberlusconiano, sia stata un poco esagerata.
Il tallone di ferro che ci stanno costruendo addosso a colpi di spreads a
mio parere richiede un salto di analisi e iniziativa. Non penso minimamente ad
alleanze con borghesie nazionali... ahaha e quali poi... ma ad una lotta
durissima che per me ha un solo paragone: quella dei residui del movimento
operaio europeo contro il nazionalismo del 1914... Non dico che la situazione è
la stessa naturalmente, ma che è dello stesso segno e che va nella stessa
direzione.
Il regime che spinge per il consenso a Monti pare lo stesso che nelle
“giornate radiose” del maggio 1915 portò l’Italia a scendere in guerra. E
stiamo tranquilli, il nazionalismo, la retorica del RI MONTI AMO saranno la
miscela che verrà usata per coprire il massacro sociale.
Il mio scandalo per la presenza dei messi del FMI era tutto qui, nella
piena consapevolezza che essa era assolutamente minoritaria… per ora.
Certo oggi c'è anche una destra che parla di governo delle banche, ragione
di più per essere in campo noi, con i 5 punti del movimento no-debito e con
anche molto altro.
Onestamente penso che dopo il governo Monti nessuno di noi sarà perdonato
se non farà l'impossibile per unire tutte
le forze e le persone che vogliono disertare dalla guerra del debito e
lottare contro il dominio che essa esercita qui e ora. A me tutto questo è
assolutamente chiaro da quando Marchionne vinse il ricatto a Pomigliano. Da
allora per me comincia la Terza repubblica ove il capitale governa
direttamente...
Mi posso sbagliare, ma non trovo nel programma di chi vinse proclamando
tutto il potere ai soviet altro che rivendicazioni che oggi sarebbero definite
democratiche radicali. Io penso al rifiuto del debito come al rifiuto della
guerra e anche per questo mi preoccupo del consenso che la guerra al debito per
ora conquista a livello di massa. Loro saranno sciovinisti, noi semplicemente
dobbiamo far fronte ai nostri padroni e
ai loro legami internazionali. Alle prossime
Giorgio
Caro Giorgio, la tua risposta conferma ciò che vado dicendo di te da molto
tempo, e cioè che sei una delle ultime persone civili rimaste nella ex estrema
sinistra (sulla ex sinistra non vale la pena di parlare). E certamente la tua
precisazione è dettata dalla consapevolezza o constatazione che il passaggio
del potere istituzionale a Monti (nella sostanza, ma anche per il modo
extraparlamentare con cui è stato fatto) rappresenta una montagna d'ingerenza
da parte dei vertici dell'imperialismo mondiale rispetto al sassolino
d'ingerenza che sarebbero stati i presunti ispettori. E forse ti sarai anche
detto che la spiegazione che avevo dato io per la trovata degli ispettori (e
cioè un gesto di diffida o sfiducia in più, visto che in alto avevano deciso di
farla finita con Berlusconi) si è rivelata giusta e tempestiva. Di qui
probabilmente anche il desiderio di mantenere aperto il dialogo fra noi, come
mi auguravo anch'io nel finale del mio intervento.
Voglio rassicurarti dicendo che non ho pensato che la tua posizione sugli
ispettori (o ancor prima sul non-pagamento del debito - che è cosa diversa dal
non-pagamento dei costi sociali del debito che in quanto tale non differisce
granché dalla lotta rivendicativa quotidiana) significasse un tuo spostamento a
destra o a favore di un'alleanza con borghesie nazionali. Il problema è un
altro e non credo si possa affrontare in queste poche righe. Riguarda un certo
modo di procedere per reazioni successive, la pressione delle alleanze
politiche che hai tessuto da un po' di tempo a questa parte, la convinzione di
poter imprimere da solo, con la tua esperienza Fiom, un orientamento unitario e
anticapitalistico ai relitti di una estrema sinistra che in quanto tale non
esiste più da tempo, le deformazioni ideologiche che ci si porta dietro per
esser cresciuti politicamente nella Cgil, o nel Pci, o in Dp, o nel Prc, o in
tutti costoro o in uno dei tanti gruppi minori autosoddisfatti (scegli tu la
combinazione in cui ti riconosci) - ma sempre e inequivocabilmente in una
dimensione nazionale, in primo luogo. E sempre e comunque in un rapporto di
non-dialogo teorico con le altre correnti o componenti, in secondo luogo.
Per es., ora che con Monti si preparano tempi ancor più duri che con
Berlusconi, sarebbe interessante sentire qualche autocritica da parte di coloro
che per un decennio o più hanno fatto dell'antiberlusconismo la bandiera
principale e in nome di tale bandiera sono anche andati al governo,
all'abbraccio col centrosinistra ecc. Se qualche "dirigente"
riconoscesse l'errore compiuto e si ponesse modestamente a ritessere la trama
con coloro che questo errore non l'hanno fatto, forse non faremmo dei passi da
gigante in avanti, ma muoveremmo qualche passettino che magari fornirà una base
di crescita ad altri, un investimento per il futuro ecc. Al momento ciò non
accade e si conferma così che continuiamo a vivere l'anno zero del pensiero e
del progetto anticapitalistico e tu lo verificherai prima o poi. Più pessimista
di come sono sul tipo di forze politiche sulle quali ti stai appoggiando non
potrei esserlo (staliniani, centristi sui generis ed ex forchettoni rossi,
gruppettari e vittime più o meno illustri della società dello spettacolo...).
Vorrei tanto aiutarti nella tua battaglia mettendoti a disposizione la mia
esperienza rivoluzionaria più che quarantennale, nonché le capacità teoriche
dei compagni che compongono la redazione internazionale di Utopia rossa (pensa
che sommando le opere di 5 o 6 di noi si arriva a un centinaio di libri scritti
nell'arco di qualche decennio...). Ma so benissimo che ciò non è facile da
realizzare per il veleno che si è diffuso e radicato dopo le corse agli
incarichi parlamentari, dopo le tante scissioni ed espulsioni, dopo l'avvento
dell'individualismo sul senso del collettivo. Insomma, il forchettonismo rosso.
Restiamo quindi in contatto. Comunichiamo quando è possibile e speriamo che
da qualche parte si riesca a perforare la diga.
Un abbraccio
Roberto
* * *
Massari-Helman (15 novembre)
Caro Alfredo, ho finito di leggere attentamente il tuo libro Il militante e ho dato una scorsa a
quello sul Peronismo.
Quest'ultimo non è un libro da lettura, ma da consultazione e come tale lo
utilizzerò. Condivido pienamente la tua battaglia per far capire che Perón non
è stato un dittatore fascista, ma anzi è stato l'unico leader che col suo
specifico populismo sia riuscito a unificare la stragrande maggioranza dei
lavoratori argentini nella totale incomprensione da parte del movimento operaio
classico. (Del resto avrai visto come la penso nel mio libretto su Il peronismo).
Trattandosi per te di una storia autocritica (in quanto ex comunista
prosovietico) mi sembra che il libro sia veramente onesto. E utile, perché i
dati che tu riporti non si trovano facilmente raccolti insieme in un unico
libro. (Peccato che Perón sia scritto sempre senza accento. Ma mi pare che nel
resto del libro tutti i nomi latinoamericani siano privi di accento.)
Il militante, invece, si legge bene, come storia di
vita. Una storia che si svolge da entrambi i lati dell'Atlantico con
scorribande in Russia e in Cina. È veramente istruttivo vedere come sei entrato
nel movimento "comunista". Scusami le virgolette, ma per mia
formazione non sono mai riuscito a considerare gli staliniani come comunisti.
Il bello è che verso la fine del libro questo lo dici anche tu, con un
linguaggio cauto ma nella sostanza non differente dal mio.
Non pensavo che la parte precedente il tuo ingresso nell'area
guerriglieristica si sarebbe rivelato così interessante alla lettura.
E invece lo è e lo consiglierei a qualsiasi giovane argentino che voglia
sentire l'aria che tirava in quegli anni anche per chi stava all'esterno del
movimento peronista.
E poi ovviamente mi sono divorato e annotato tutta la parte
"guevarista", preziosa anche per "specialisti" del Che. Nel
tentativo di ricostruire il grande mosaico della vicenda di Guevara, tu apporti
delle tessere utili, che si vanno a incastrare con altre tessere. E devo dire
che combaciano sempre. (E' stranamente assente dal tuo libro il nome di Amalio
Rey che ho conosciuto molto bene a Córdoba e con lui ho visitato Alta Gracia.)
Io - all'epoca guerriglierista come te - arrivai a Cuba a luglio del 1968 e vi
rimasi sino a fine dicembre, quindi con solo un anno di ritardo rispetto a te.
Puoi immaginare quindi con quanta passione ho letto la tua trafila, ben sapendo
che sarebbe potuta essere anche mia. Nell'autunno del 1968, infatti, chiesi
alla mia "protectora" (o directa responsable), Melba Hernández, di
mandarmi a combattere in America latina. Ignoravo ovviamente la svolta che
c'era stata nell'orientamento del Departamento para las Américas. Per mia fortuna
Melba mi rispose negativamente dicendo che tipi come me servivano di più in
Europa e che in Italia, se fossi riuscito a costruire un gruppo deciso e ben
armato...
Non sto scherzando: è storia vera e credo che tu sei uno dei pochi ancora
in circolazione che riesce a credermi.
Un valore aggiuntivo al tuo libro è dato dal fatto che sei ancora in
circolazione, per l'appunto. Con idee politiche che non condivido affatto, ma
che sono "storicamente" comprensibili.
Se ci fossimo conosciuti alla fine degli anni '60 o prima che il crollo
dell'Urss creasse tanta demoralizzazione nella ex sinistra, forse oggi la
penseremmo in maniera simile. Ma così non è andata, né con te, né con le
migliaia di compagni sparsi nel mondo che allora erano disposti a dare la vita
per l'ideale rivoluzionario, ma non sono stati poi disposti a continuare quando
invece che il sacrificio della vita si richiedevano l'uso della ragione, la
pazienza e soprattutto letture giuste e formative.
Sono contento di averti conosciuto, sono contento che tu sia parte della
Fondazione Guevara e sono contento di aver letto il tuo libro autobiografico.
Avendo i soldi lo ripubblicherei senza esitazioni nella collana Guevara della
mia casa editrice. Ma così non è e credo che non lo sarà per un bel po' di tempo
visto che da Tre-monti siamo passati a un Monti solo.
Un abbraccio
Roberto
Caro Roberto:
Decirte que tu carta me produjo
una gran alegría no es la consabida
formalidad.
No es común, aun entre
compañeros, sentirse estimulado y considerado con la generosidad que
reflejan tus líneas.
¡Gracias de todo cuore!
Creo haberte dicho - y en todo
caso lo repito - que tu caracterización
del peronismo es la única escrita de un italiano, en la que me reconozco. Todas
las otras que leído, son influenciadas por las deformaciones, que la rabia y la frustración de comunistas y
socialistas argentinos, impusieron
a una visión justa del peronismo.
Creo que también nos une la condena del
estalinismo. Es realmente cómico que la crisis de un ex estalinista como yo,
haya comenzado por su visita a la URSS. Es como si un musulmán dejara de serlo
después de la visita a la Meca.
Quizás nos separa la
caracterización de este proceso latinoamericano, que en mi provoca
entusiasmo y creo que en vos,
perplejidades bastantes criticas.
Pero en fin, si todos los
compañeros pensáramos igual el mundo sería muy aburrido.
Quiero decirte que estoy muy
orgulloso de que me hayas aceptado en la Fondazione Guevara y que en los días
que compartimos me ha impresionado la pasión,
la dedicación y la competencia con que estas librando tu batalla
política y cultural.
Dejame decirte también que tipos
como vos son un ejemplo para todos. Y sobre todo para los pibes que sin duda
hoy, se aprestan a continuar la herencia, que nosotros recogimos a su vez de
nuestros mayores.
Te mando un fraternal abrazo y
espero verte pronto.
Alfredo
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