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mercoledì 29 giugno 2011

EDUCARE ALLA LIBERTÀ (II), di Alessandro Gigli


La scuola di Summerhill
Esporrò qui brevemente la prima parte del pensiero di Alexander Neill, fondatore della scuola comunitaria-libertaria di Summerhill, nata nel 1924 presso Leiston nel Suffolk, in Gran Bretagna.
I princìpi su cui si basa Summerhill sono semplici: 1) Far sperimentare al bambino la libertà all’interno di una comunità protetta: libertà di giocare, di seguire oppure no i consigli degli adulti, libertà dal senso di colpa, libertà di seguire oppure no il programma di studi proposto dalla scuola.
2) Far comprendere al bambino l’importanza della responsabilità all’interno della comunità, attraverso l’autodeterminazione del gruppo, senza interventi censori e punizioni da parte degli adulti.
A Summerhill si sperimenta e si realizza qualcosa che nella società mercantile è aborrito: l’improduttività.  Oltre a ciò, a Summerhill esisteva (ed esiste) un tentativo di realizzare la democrazia diretta, con decisioni prese in riunioni collettive settimanali della comunità, dove ogni testa conta un solo voto, sia per un bambino di 10 anni sia per un professore.
Neill nutre una sicura fiducia nella bontà del fanciullo e crede che il ragazzo medio non nasca codardo, automa senza anima, ma provvisto di un atteggiamento potenzialmente ricco di amore e di interesse per la vita. Lo scopo dell’educatore, lo scopo della vita, è di lavorare con gioia e trovare la felicità, cioè, secondo Erich Fromm , rispondere alla vita non solo con il cervello ma con l’intera personalità (l’educazione deve rivolgersi sia alla sfera emotiva sia a quella intellettuale, senza divisioni fra intelletto e sentimento che, sempre secondo Fromm, conducono l’essere umano a uno stato mentale pressoché schizoide che lo ha reso quasi incapace di percepire la vita in maniera autentica e immediata).
Secondo Neill, l’educazione deve adattarsi alle capacità e alle necessità del fanciullo che non è altruista: l’amore, per lui, non è il sentimento maturo dell’adulto e l’altruismo si sviluppa solo dopo l’infanzia.
La disciplina imposta dogmaticamente e le punizioni provocano paura; dalla paura nasce l’ostilità. L’indottrinamento disciplinare continuo è nocivo per i fanciulli  e ne blocca lo sviluppo psichico.
Libertà non significa licenza, cioè il rispetto per l’individuo dev’essere reciproco. Se un insegnante non ha il diritto di usare la forza nei confronti del fanciullo, questi, da parte sua, non ha il diritto di usarla nei confronti dell’insegnante: strettamente congiunta a questo principio è la necessità di una sincerità assoluta da parte dell’insegnante.

Taller de Cuentos - Asociación MANZANAS SOLIDARIAS (Santa Fe, Argentina)
L’equilibrato sviluppo delle qualità umane rende necessario che il bambino tagli i legami primari che lo uniscono ai genitori o ai successivi sostituti che la società gli offre e che diventi completamente indipendente, cioè sappia affrontare il mondo da individuo.
I sentimenti di colpa sono un intralcio sul cammino dell’indipendenza e hanno soprattutto la funzione di sottomettere il bambino all’autorità, con la nascita dell’ostilità e dell’ipocrisia.
A Summerhill non s’impartiva neanche un’educazione religiosa anche se venivano considerati moltissimo i valori umanistici.
Dice Neill: “un giorno una nuova generazione non accetterà più la religione invecchiata e i miti odierni. La nuova religione che nascerà rifiuterà l’idea dell’uomo come nato nel peccato. La nuova religione pregherà Dio di rendere gli uomini felici”.

Il bambino non-libero secondo Alexander Neill
Il bambino plasmato, condizionato, represso, disciplinato, vive in ogni angolo del mondo. Vive nella nostra città dalla parte opposta della strada. Siede nel banco noioso di una scuola noiosa; più tardi sarà seduto davanti alla scrivania di un ufficio ancor più noioso, o starà al banco di una officina.
È docile, fedele all’autorità, timoroso delle critiche e fanatico del desiderio di essere normale, convenzionale e corretto. Accetta quel che gli viene insegnato senza porsi domande e trasmetterà tutti i suoi complessi, le sue paure e le sue frustrazioni ai figli.
Si può dire senza esagerazione che tutti i bambini, nella nostra civiltà, sono nati in un’atmosfera di disapprovazione per la vita.  Gli orari della poppata stabiliti a tavolino sono diretti sostanzialmente contro il piacere. Si vuole che il bambino abbia una disciplina nell’alimentazione perché l’alimentazione non regolata suggerisce l’idea di un piacere orgastico del seno.  Di solito si razionalizzano gli argomenti a favore della nutrizione regolata; il motivo vero nascosto è quello di plasmare il bambino per farlo diventare una creatura disciplinata che anteporrà il dovere al piacere. Un’educazione repressiva porta a una vita che non può essere vissuta.  Un’educazione siffatta non tiene in nessun conto le emozioni della vita e il loro ruolo dinamico: perciò l’impossibilità di manifestarle si traduce in volgarità, cattiveria, odio.
Si vuole educare solo la mente. Ma se si permettesse una vera libertà emotiva la mente saprebbe badare a se stessa. La tragedia dell’essere umano è che il suo carattere può essere plasmato come quello del cane. L’educazione dell’asilo di infanzia è molto simile all’educazione dei cuccioli; il bambino frustato, al pari del cucciolo frustrato, si trasforma in un adulto inferiore e obbediente. Come educhiamo i cani  a rispondere alle nostre necessità, così educhiamo i bambini. Anche il cucciolo umano deve rimanere pulito, non abbaiare troppo, obbedire al fischio, mangiare quando noi lo riteniamo conveniente.
Dice Neill: ho visto centinaia e migliaia di cani obbedienti e servili a  Berlino, nel 1935, quando Hitler , il grande allevatore, “fischiava i suoi ordini”.
Anche i medici sbagliano! Nelle “Istruzioni per la futura madre”, pubblicato negli Stati Uniti dall’Università femminile di Medicina della Pennsylvania, si davano indicazioni autoritarie e coercitive come, ad esempio, infilare il braccio in un tubo rigido di cartone per non far succhiare il pollice o picchiare il bambino se si toccava parti intime.  E la voce dei medici per la maggior parte delle madri era la voce di Dio.  Se il medico dice che il bambino dev’essere picchiato quando viene sorpreso a masturbarsi, la povera madre non sa che egli parla così per i propri complessi di colpa e non per una conoscenza scientifica della natura del bambino.
Ma il bambino difficile non è altro che un bambino cui sono state imposte la pulizia e la repressione sessuale. Gli adulti danno per scontato che si debba insegnare al bambino a comportarsi in modo che disturbi la loro vita il meno possibile. Ecco perché si dà tanta importanza all’obbedienza, alle buone maniere, alla docilità. Molte madri che trattano abbastanza bene il bambino in casa, ad esempio, lo rimproverano o lo picchiano in pubblico perché hanno paura dell’opinione dei vicini. La nostra civiltà è malata e infelice, e alla base di tutto ciò c’è la non-libertà della famiglia.
I bambini vengono inariditi da tutte le forze della reazione e dell’odio, fin dai primi giorni di vita. Il fatto tragico è che un uomo che opprime la propria famiglia è egli stesso necessariamente oppresso: in una prigione anche il carceriere non è libero. La donna repressa manderà i propri figli in guerre che vengono definite difensive, patriottiche, guerre per la salvezza della democrazia, guerre per portare termine alla guerra. Non esistono bambini difficili, vi sono solamente genitori difficili e forse sarebbe meglio dire che esiste una umanità difficile.
L’umanità ha grandi riserve di fratellanza e di amore e speriamo che le nuove generazioni se non saranno state deformate sin dall’infanzia, vivranno in pace. La lotta è ineguale perché coloro che odiano la vita hanno nelle proprie mani l’educazione, la religione, la legge, l’esercito e le prigioni.  Si tratta di una gara tra chi crede nella morte e chi crede nella vita. Nessuno può  rimanere neutrale, dobbiamo stare da una parte o dall’altra. Il lato della morte ci dà bambini difficili, il lato della vita bambini sani.