IN ITALIANO
Questa nostra epoca – in cui soffiano venti economici tumultuosi e spesso imprevedibili – potrebbe essere considerata dai posteri un’epoca di transizione rispetto agli “equilibri” (squlibrati) di oggi, che si basano su tre “zone” economico/geo/politiche definibili in base alle rispettive monete: zona-dollaro (il cui centro sono gli Usa), zona-euro (il cui vero centro è la Germania) e zona-yuan (di cui la Cina è il centro e il tutto). In ciascuna di queste zone il centro – portatore di interessi propri - ha le sue strategie, al momento con un duplice scopo: fare fronte all’attuale crisi economico/finanziaria dalle tre facce – mondiale, continentale, nazionale – e possibilmente uscirne; e poi espandere la rispettiva influenza economica e politica. Naturalmente lo scenario di queste strategie è planetario.
Almeno per le ultime due zone un ruolo strategicamente essenziale – in quanto funzionale a varie iniziative e combinazioni – va attribuito all’esistenza dell’euro; nonostante il caos politico/istituzionale dell’Unione Europea. Mettiamo da parte i disastri microeconomici, ma anche macroeconomici derivanti del modo di impiantazione di questa moneta, e guardiamo a certi suoi effetti a vasto raggio.
Tutti sappiamo che l’euro durerà fino a quando servirà all’economia tedesca; e poiché l’euro serve ancora alla Germania (nonostante le turbolenze provocate e provocande dalle economie dell’Europa meridionale) ebbene ce lo dobbiamo tenere. La Germania è il centro della zona-euro per il semplice fatto di avere l’economia più forte rispetto agli altri Stati-partners monetari. Diciamo subito che “più forte” implica un giudizio di relazione, e non una valutazione assoluta. Ne riparleremo.
L’interesse tedesco a permanere nella zona-euro non dipende solo dall’importanza degli inerenti mercati per le sue esportazioni, ma soprattutto dipende dalle opportunità che ciò offre per la realizzazione di progetti strategici il cui punto di arrivo è molto ambizioso ma non impossibile: ridisegnare la mappa degli equilibri economico/finanziari mondiali. E senza l’euro – cioè solo con il vecchio marco, o con un eventuale futuro nuovo marco – la Germania non disporrebbe della dimensione necessaria per muoversi negozialmente all’interno del predetto assetto monetario tripolare oggi vigente nel mondo.
Il progetto tedesco consiste nel crearsi un ruolo propulsore nella creazione di una via d’uscita - innanzi tutto a vantaggio della propria economia – dall’odierno predominio anglo-sassone sull’economia mondiale. Preliminare sul piano logico, e funzionale a ciò, sono l’egemonia tedesca sull’euro e il minor livello possibile di spesa per il sostegno alle disastrate economie ellenica, iberiche e – domani forse – italica. Tanto più che se i mercati del Sudeuropa hanno ancora la loro importanza per le esportazioni germaniche, tuttavia non sono più mercati fondamentali per l’economia tedesca. Si tenga però presente che le banche tedesche hanno effettuato massicci acquisti di titoli di Stati europei, anche di quelli a economia debole; di modo che un crollo di tali economie costituirebbe una perdita di notevole entità. Quando l’ex Ministro degli Esteri Joshka Fischer ha di recente lamentato che l’euro non sia per la Germania l’elemento di un progetto europeo, bensì uno strumento per l’economia tedesca, ha solo dimostrato di non avere appreso molto dagli anni del suo giovanile sinistrismo.
A chi si volge primariamente oggi lo sguardo strategico tedesco? Alla Cina come sbocco per l’esportazione e alla Russia per le forniture energetiche. Cosa importante è che questi due paesi non deteriorino più di tanto le loro relazioni con gli Usa: in tal modo, la Germania non dovrà effettuare scomode scelte fra essi e gli Stati Uniti.
Di particolare importanza è il mercato cinese, e importante per la Cina è l’euro (come dimostrano i suoi acquisti di titoli finanziari di Stati di questa zona), a motivo del ruolo di contrappeso rispetto al dollaro che esso svolge per l’economia cinese. Poichè i cinesi guardano alle cose concrete, e l’Ue è un guazzabuglio di 27 Stati ed economie male amalgamate, ecco che l’interesse cinese per l’euro non può che dare luogo all’individuazione di un partner europeo che sia serio, solido e affidabile: ed ecco che le reazioni privilegiate della Cina in Europa non possono che essere con la Germania. Si tratta di mero realismo.
Uno dei segni indicatori della convergenza di interessi fra la Germania e la Cina (seppure non solo di ciò) – magari poco considerato – è la presenza militare tedesca in Afghanistan. Qualcuno dirà: e che c’entra l’Afghanistan? La risposta è semplice: anche per l’economia cinese l’approvvigionamento energetico è vitale, e non si dimentichi che già la Cina – a seguito dell’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003 - ha dovuto ingoiare lo stop al suo accesso autonomo al petrolio iraqeno. Per motivi di politica interna Pechino ha deciso di privilegiare l’approvvigionamento energetico dalla Russia e dall’Asia Centrale, regione per il cui controllo è fondamentale il controllo dell’Afghanistan.
D’altro canto, se Pechino dovesse optare in favore dell’approvvigionamento dalle risorse energetiche dei mari della Cina meridionale questo - aumentando enormemente l’importanza economica delle sue regioni costiere rispetto al resto delle regioni continentali (importanza che è già enorme) – sarebbe politicamente pericoloso in quanto suscettibile di innescare sul piano politico spinte separatiste in un’area che a tutt’oggi non ha bisogno del resto del continente cinese. Un altro pericolo verrebbe dalle implicazioni militari conseguenti alla scelta in parola; infatti si creerebbero le condizioni per realizzare il sogno per niente occulto dei responsabili della marina cinese: la creazione di una grande flotta militare. E in questo caso gli Stati Uniti – dove al Pentagono già si elaborano i piani di guerra con la Cina – starebbero a guardare?
Qui va fatto un inciso. Come ieri per la Gran Bretagna, oggi per gli Usa – da buona entità imperialista – l’assoluta egemonia sui mari è di vitale importanza per ragioni economiche. Il suo mantenimento è un tema sensibilissimo: una specie di nervo scoperto. Si ricordi che agli inizi del secolo scorso a rendere inevitabile – prima o poi - lo scontro fra Germania e Gran Bretagna fu l’inizio del piano tedesco per formare una flotta militare che fosse all’altezza di quella britannica. Già in quest’ambito l’orizzonte è pieno di nubi, per la recentissima notizia della messa a punto cinese di un nuovo missile terra-mare che, per la sua potenza e gittata, costringerà gli Stati Uniti a rivedere tutta la loro organizzazione militare in Estremo Oriente.
Nelle relazioni cino-statunitensi incombono due elementi non proprio positivi: la consistente posizione creditizia cinese a carico dell’economia Usa, e il fatto che la Cina – a differenza di quel che accadeva con l’Urss – è sempre più in grado (a parità di situazione) di fare concorrenza agli Stati Uniti in campo economico.
Ma torniamo alla Germania. In tutto questo complesso intreccio i progetti tedeschi devono fare i conti con vari fattori, fra cui quelli inerenti a certe debolezze della loro economia. Si tratta cioè di un’economia basata sulle esportazioni in modo precipuo e con scarsi profili di innovazione nell’ambito produttivo da almeno mezzo secolo. Infatti, se l’industria tedesca è in grado di fornire eccellenti prodotti automobilistici, chimici, meccanici etc. alle ecomnomie in fase di industrializzazione, poco e niente può offrire alle economie terziarizzate, essendo sostanzialmente assente nel campo dei servizi.
Il seguito alla prossima puntata; che ci sarà, poiché con tutta evidenza sono in atto eventi causali che (come al solito) saranno produttivi di diversi effetti, e taluni emergeranno determinando il corso delle cose. Tanto più che alla difesa dell’euro e alla riduzione dell’importanza del dollaro (di cui si teme il collasso) ci sono anche capitali arabi, per quanto ancora non sia visibile una loro precisa strategia, al di là dell’attuale acquisto di pacchetti azionari vari. Anche qui staremo a vedere.
EN ESPAÑOL
ALEMANIA (ZONA EURO) Y CHINA (ZONA YUAN)
por Pier Francesco Zarcone
Nuestra época – en la cual soplan vientos económicos tumultuosos y a veces imprevisibles – podrá ser considerada por la posteridad como una era de transición respecto de los “equilibrios” (desequilibrados) de hoy, que se basan en tres “zonas” económico-geo-políticas definibles en base a sus respectivas monedas: la zona dólar (cuyo centro son los EEUU), la zona euro (cuyo centro es Alemania) y la zona yuan (de la cual China es el centro y el todo). En cada una de ellas el centro – portador de intereses propios – posee sus estrategias, actualmente con un doble objetivo: hacer frente a la actual crisis económico-financiera con sus tres aspectos – mundial, continental y nacional – y, si es posible, salir de la misma; y luego expandir la respectiva influencia económica y política. Obviamente el escenario de tales estrategias es planetario.
Al menos para las dos últimas zonas, un rol estratégicamente fundamental – en cuanto funcional a varias iniciativas y combinaciones – es atribuible a la existencia del euro, no obstante el caos político-institucional de la Unión Europea. Dejemos de lado los desastres micro y también macro económicos derivados del modo de instauración de esta moneda y observemos algunos de sus efectos a largo alcance.
Todos sabemos que el euro durará hasta que le sea útil a la economía alemana; y dado que el euro aún le hace falta a Alemania (a pesar de las turbulencias provocadas y por provocar por las economías de la Europa meridional), por ahora hay euro para rato. Alemania es el centro de la zona euro por el simple hecho de tener la economía más fuerte respecto de los demás Estados-socios monetarios. Aclaremos inmediatamente que “más fuerte” implica un juicio de relación, no una evaluación absoluta. Volveremos sobre el tema.
El interés alemán por permanecer en la zona euro no depende solamente de la importancia de los inherentes mercados por sus exportaciones, sino sobre todo de las oportunidades que brinda para la realización de proyectos estratégicos cuyo punto de arribo es muy ambicioso pero no imposible: rediseñar el mapa de los equilibrios económico-financieros mundiales. Y sin el euro – es decir solo con el viejo marco o con un eventual nuevo marco – Alemania no podría disponer de la dimensión necesaria para negociar dentro del mencionado status monetario tripular vigente actualmente en el mundo.
El proyecto alemán consiste en colocarse en un rol propulsor en la creación de una vía de salida – sobre todo obteniendo ventajas para su propia economía – del actual predominio anglosajón sobre la economía mundial. Es lógico que para ello, es necesaria la hegemonía alemana sobre el euro y el menor nivel posible de dispendio para sostener las maltrechas economías helénica e ibérica y – tal vez mañana – itálica. Sobre todo teniendo en cuenta que, si bien los mercados del sur de Europa tienen todavía cierta importancia para las exportaciones alemanas, no son más mercados fundamentales para su economía. Es necesario considerar, sin embargo, que los bancos alemanes han efectuado macizas adquisiciones de títulos de estados europeos, incluidos los de economías débiles; de manera que un derrumbe de esas economías constituiría una pérdida de notable entidad. Cuando el ex ministro del Exterior Joshka Fischer ha lamentado recientemente que el euro no sea para Alemania el elemento de un nuevo proyecto europeo, sino un instrumento para su economía, ha solamente demostrado no haber aprendido mucho de su juvenil pasado izquierdista.
¿Hacia donde se dirige principalmente hoy la mirada estratégica alemana? Hacia China como salida para sus exportaciones y hacia Rusia para sus provisiones energéticas. Es importante entonces que estos dos países no deterioren demasiado sus relaciones con EEUU: de tal manera Alemania no deberá realizar una incómoda elección entre esos dos países y EEUU.
De particular importancia es el mercado chino, e importante para China es el euro (como demuestran sus adquisiciones de títulos financieros de estados europeos), por el rol de contrapeso respecto al dólar que el euro ejerce para la economía china. Dado que los chinos apuntan a cosas concretas y la Unión Europea es un embrollo de 27 Estados y economías mal amalgamadas, he ahí que el interés chino por el euro debe necesariamente localizar un partenaire europeo serio, sólido y confiable, por lo tanto las relaciones privilegiadas de China en Europa no pueden ser con nadie más que con Alemania. Se trata de mero realismo.
Una de las señales indicadoras de la convergencia entre Alemania y China (aunque no solamente de eso) – tal vez poco considerada – es la presencia militar alemana en Afganistán. Alguien podría decir: ¿y qué tiene que ver Afganistán? Las respuesta es simple: también para la economía china el aprovisionamiento energético es vital, y no hay que olvidar que China – después de la invasión estadounidense a Irak en 2003 – tuvo que tragarse el alto a su acceso autónomo al petróleo iraquí . Por motivos de política interna Pequín ha decido priorizar el aprovisionamiento energético desde Rusia y Asia Central, regiones para cuyo control es fundamental el control de Afganistán.
Por otra parte, si Pekín tuviera que optar en favor del abastecimiento de recursos energéticos de los mares de China meridional, esto – aumentando enormemente la importancia económica de sus regiones costeras respecto del resto de las regiones continentales (importancia que es ya enorme) – sería políticamente peligroso en cuanto susceptible de desencadenar ambiciones separatistas en un área que hoy por hoy no tiene necesidad del resto de la China. Otro peligro podría llegar de las implicaciones militares de lo anterior; en efecto se crearían las condiciones para realizar el sueño no tan secreto de los responsables de la marina china: la creación de una gran flota militar. Y en este caso, EEUU – donde en el Pentágono ya se están elaborando planes de guerra con China – se quedaría mirando desde afuera?
Aquí es necesaria una apostilla. Como en el pasado para Gran Bretaña, hoy para EEUU – como buen país imperialista – la absoluta hegemonía sobre los mares es de vital importancia para las razones económicas. Mantenerla es un tema muy sensible: una especie de nervio expuesto. Es necesario recordar que, a principios del siglo pasado, lo que hizo inevitable el choque entre Alemania y Gran Bretaña fue el inicio del plan alemán para formar una flota militar que estuviera a la altura de la británica. Ya en este ámbito, el horizonte está lleno de nubes, por la reciente noticia de la puesta a punto china de un nuevo misil tierra-mar que, por su potencia y alcance, obligará a EEUU a revisar toda su organización militar en Extremo Oriente.
Sobre las relaciones chino-estadounidenses se ciernen dos elementos no muy positivos: la consistente posición crediticia china sobre la economía de EEUU y el hecho de que China – a diferencia de lo que ocurría con la URSS – está cada vez más en condiciones (a paridad de situaciones) de competir con EEUU en el terreno económico.
Pero volvamos a Alemania. En toda esta compleja trama, los proyectos alemanes tienen que tener en cuenta varios factores, entre otros los inherentes a aspectos débiles de su economía. Se trata de una economía basada principalmente en las exportaciones y con escasos perfiles innovadores en el ámbito productivo desde hace por lo menos medio siglo. En efecto, la industria alemana está en condiciones de ofrecer excelentes productos automotores, químicos, mecánicos, etc. a las economías en fase de industrialización, pero poco tiene para proponer a las economías terciarizadas, siendo prácticamente ausente en el terreno de los servicios.
Continuará en un próximo capítulo. Que llegará inevitablemente, ya que es evidente que se están verificando eventos causales que (como es normal) producirán diferentes efectos y algunos emergerán determinando el curso de las cosas. Más aún considerando que en defensa del euro y de la reducción de la importancia del dólar (del cual se teme el colapso) trabajan también capitales árabes, aunque por ahora no sea visible una precisa estrategia de los mismos más allá de la actual adquisición de paquetes accionarios varios. También aquí está por verse…
[Traducción: Enzo Valls]
[Traducción: Enzo Valls]