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martedì 26 febbraio 2013

I RISULTATI ELETTORALI CONFERMANO E ACCELERANO IL DISFACIMENTO DEL SISTEMA PARLAMENTARE ITALIANO, di Michele Nobile

In modo che può dirsi esplosivo, queste elezioni hanno confermato la tendenza emergente negli ultimi anni: quasi 12 milioni di cittadini si sono rifiutati di baciare la mano che li ha bastonati e che continuerà a farlo, se infine non sarà fermata.
Sulle politiche del 2008 gli astenuti sono aumentati di oltre un milione e mezzo. Ciò corrisponde a un aumento di sei punti di percentuale, un balzo enorme: i precedenti scatti dell’astensionismo, nel 1979 dopo il fallimento del berlingueriano «compromesso storico» e nel 1996 dopo il primo governo Prodi, furono di tre punti di percentuale.
Con le schede bianche e nulle il totale dei non-votanti dovrebbe salire a oltre 13 milioni, quasi un terzo dell’intero corpo elettorale.

Il minimo storico di partecipazione alle elezioni politiche
Quello del 2013 è il minimo storico di partecipazione alle elezioni politiche della Repubblica italiana: e se qualche decennio fa forse avrei potuto considerare questo dato ambiguo oggi, invece, in pieno regime postdemocratico, ritengo di dover gioire, come dovrebbe gioire chiunque abbia in odio il capitalismo e le sue istituzioni.
Astenendosi, una parte crescente della cittadinanza italiana ha consapevolmente rifiutato di partecipare al rito di legittimazione della casta partitico-statale. Questi cittadini hanno almeno intuito la natura postdemocratica del regime e ne hanno tratto la logica conseguenza: lo boicottano. Hanno rifiutato l’inganno della società dello spettacolo e del marketing politico, non si sono prestati a consolidare un determinato assetto del governo oligarchico dello Stato.
Astenersi è stato un atto minimo di dignità e di consapevolezza politica; ed è un passo avanti per riaffermare, contro la casta politica e l’istituzione che la rappresenta, che le vie per l’espansione della democrazia e per la difesa e l’allargamento dei diritti sociali non solo passa fuori del Parlamento ma, oramai, gli si contrappone.
Inoltre, sia pur in minor misura, anche nel voto per il Movimento 5 stelle si esprime il rifiuto netto della casta, se non anche dell’istituto parlamentare (in regime postdemocratico).
Ebbene, se all’astensione sommiamo il voto per il Movimento 5 stelle, si deve dire che quasi metà dei cittadini italiani si sono espressi in modo inequivocabile contro l’insieme dei partiti di governo o che hanno governato (inclusi verdi, sinistra post-Pci e ultimi arrivati della pseudo «società civile»).

La crisi di rappresentatività del sistema dei partiti
Occorre comprendere bene le implicazioni di questo fatto enorme: sulla base di queste elezioni la crisi di rappresentatività del sistema dei partiti, l’autentico sovrano politico, ha fatto un salto di qualità. Forse neanche ai tempi di Tangentopoli, che pure portò al crollo della Democrazia cristiana e del vecchio centrosinistra, la crisi di rappresentatività fu tanto grave. Allora lo sbocco della crisi di rappresentatività furono i referendum per modificare il sistema elettorale, che vinsero con percentuali del 95% e dell’82% dei voti validi. Venti anni fa la maggioranza dei cittadini cadde in una trappola: per come venne presentata, la (contro)riforma avrebbe dovuto «avvicinare» la politica ai cittadini, portare a un sistema bipartitico e più stabile, rafforzare la governabilità del paese. In realtà lo smantellamento del sistema elettorale proporzionale fu l’attacco più grave mai portato ai diritti politici in Italia: e la responsabilità del suo successo è da attribuirsi al Partito democratico della sinistra, erede del Pci e progenitore dell’attuale Pd.
Questa volta, invece, i cittadini si sono pronunciati non tanto contro questo o quel partito ma contro l’insieme dei partiti e delle politiche da essi perseguite da due decenni.
Il non-voto ha quindi obiettivamente acquisito una valenza progressista contro il conservatorismo politico, il cinismo e l’opera di distruzione dei diritti sociali portata avanti da due decenni sia dal centrodestra sia dal centrosinistra, quest’ultimo con l’aiuto di Rifondazione comunista, del Pdci e dei Verdi.

Utopia Rossa: dalla critica ai Forchettoni all’Antiparlamento dei movimenti
Come Utopia Rossa fummo in sintonia con quella maggioranza di elettori che nel 2008 punirono i «comunisti» che, fino all’ultimo, avevano sostenuto con tutte le loro forze il governo imperialista e «social-liberista» di Prodi. Allora, prima delle nuove elezioni, pubblicammo I Forchettoni rossi, un libro in cui spiegavamo, in modo pacato ma rigoroso, in termini storici, sociologici e linguistici, le ragioni dell’opportunismo congenito di Rifondazione comunista, Pdci e Verdi. Con le nostre debolissime forze cercammo di rendere più solide e quindi più costruttive le ragioni della giusta disillusione.
Nel 2013 possiamo dire di essere in sintonia con i milioni di elettori che si sono astenuti. Abbiamo spiegato e continueremo a spiegare razionalmente i motivi del degrado politico e ideale dei partiti e dell’obsolescenza del parlamentarismo. E abbiamo proposto un obiettivo, quello dell’Antiparlamento dei movimenti sociali, che per quanto non realizzabile nell’immediato costituisce pur sempre un ponte tra l’indignazione e il disgusto nel presente e una prassi anticapitalistica e antistituzionale nel futuro. Ma la prospettiva strategica dell’Antiparlamento comporta immediatamente conseguenze nell’atteggiamento verso i partiti e lo Stato. Su questo tornerò in conclusione. Intanto, posso dire che la nostra microscopica e orgogliosamente nullatenente associazione si è conquistata un ideale posto d’onore in un fenomeno di massa denso di potenzialità liberatrici. Come minimo, siamo insieme a chi ha fatto una scelta di libertà e di dignità.
I lavoratori che hanno votato per il centrosinistra o per il centrodestra sono profondamente alienati, sul piano politico, dai propri interessi minimi di classe. I comunisti e i pacifisti che hanno votato per Rivoluzione civile sono rimasti ancora una volta vittime delle illusioni elettoralistiche inculcate da decenni di togliattismo e ingraismo (con Bertinotti ultimo interprete e Ferrero come becchino). Anch’essi sono in preda a una condizione di alienazione soggettiva, intrappolati da una retorica sinistrorsa sempre più vuota e dal mito della rappresentanza di una sinistra sempre più generica e smidollata, diretta da una sottocasta di professionisti della politica la cui ragione d’esistenza è lo scranno istituzionale e il finanziamento statale al partito. Infine, chi ha votato per il Pcl o il Pdac dimostra di non aver compreso la sostanza della lezione di Lenin sull’uso tattico della partecipazione alle elezioni, da valutare volta per volta secondo il quadro politico complessivo e, specialmente, in funzione del contributo della propaganda elettorale alla radicalizzazione politica di settori di lavoratori.
I lavoratori e le lavoratrici che si sono astenuti sono invece alieni nei confronti del sistema dei partiti dello Stato imperialista italiano ma padroni di se stessi. È questo fenomeno progressivo, che obiettivamente ha una potenzialità anti-istituzionale e di radicalizzazione politica, il bacino «elettorale» di Utopia Rossa.

Superiorità morale e politica dell’astensionismo
Come, si obietterà, l’astensionismo non è qualunquismo? Non è un modo per fare il gioco della destra? Non è rassegnazione? E l’elettore di Ingroia o di Ferrando non è politicamente più evoluto dell’astensionista?
No, non è così, o non più. L’equazione fra astensione e «qualunquismo», ammesso che nella sua genericità sia mai stata valida, e non lo è stata, risulta obsoleta e inutile quando i partiti diventano organi dello Stato e il Parlamento cessa di essere cassa di risonanza, per quanto imperfetta, del conflitto sociale. Per motivi strutturali l’organo legislativo ora non è altro che la cassa di registrazione di decisioni prese al vertice dei partiti e del governo.
Al contrario, a fronte dell’oligarchia bipartitica, del trasformismo dilagante, dell’ipocrita e ignobile ricatto del «votare il meno peggio», l’astensionismo è oggi un’elementare misura di difesa della propria autonomia di giudizio etico e politico. È una sana e progressiva reazione alla reale antipolitica, questa sì «qualunquistica», della politica parlamentare e istituzionale.

ASTENSIONISMO E MOVIMENTO 5 STELLE: VERSO LA POSTDEMOCRAZIA DELLE RETI?, di Antonio Saccoccio

Tsunami. Terremoto. Tempesta. Comunque lo si voglia chiamare, la consultazione elettorale del febbraio 2013 lascerà a lungo il segno sull’Italia. Tutte le consuete letture politiche e politologiche devono innanzitutto tenere presente un dato fondamentale: a vincere è il partito dell’astensione, vince chi ha rifiutato il voto.

lunedì 25 febbraio 2013

COMUNISMO LIBERTARIO O INDIVIDUALISMO, por Pier Francesco Zarcone



Fundamentos jurídicos de la democracia directa


¿Anomia?

Desde hace ya tiempo, por varias razones históricas, la perspectiva de la revolución social en Europa ya no tiene aquella inmediatez que aún se expresaba en los años 30 del siglo pasado. Esto, en los ambientes libertarios, se manifiesta también con la ya consolidada carencia de un ideario concreto en relación a los problemas fisiológicos inherentes al aspecto constructivo de una sociedad libertaria, es decir basada en la democracia popular directa. Algunos objetan que tal aspecto tiene escasa relevancia ya que la construcción de la nueva sociedad es asunto de las masas revolucionarias. Si así fuera de manera absoluta, no tendría sentido que operasen en el seno de aquellas los libertarios, cuyo papel consiste en desplegar una función de sensibilización, de clarificación y de orientación para la maduración progresiva de la conciencia de clase de esas propias masas. En esta acción hay un mínimo que no se puede eliminar: indicar al menos las líneas esenciales de base a seguir, respecto a los problemas y cuestiones de carácter “fisiológico”; fisiológico ya que incluso una sociedad nacida de una revolución radical  debe ajustar cuentas con estos, aun cuando sean formulados de modo distinto al del pasado. Naturalmente, si se quiere, todo esto pude ser tranquilamente ignorado, y cerrarse de manera apodíctica en la mera reiteración de los principios clásicos del anarquismo, o enclavarse en ciertas aplicaciones dogmáticas de estos – como sea y donde sea – a guisa de elementos cardinales de una identidad testimonial. La obra de clarificación y orientación a la cual se ha hecho referencia debe, para ser constructiva, abandonar el optimismo ingenuo desligado de la realidad (persistente por mucho que haga más mal que bien) y optar por aquel realismo revolucionario que animara a un gran anarquista del pasado – Christiaan Cornelissen – y su obra El comunismo libertario y el régimen de transición. En realidad, la falta de claridad y concreción en el aspecto constructivo de la nueva sociedad, tiene notables efectos negativos, porque expone a  todo el movimiento libertario a las acusaciones de falta de concreción (con frecuencia fundadas) que sus adversarios le echan en cara a manos llenas.

sabato 23 febbraio 2013

IL GOVERNO MONTI E IL CONSENSO BIPARTITICO NELLA POSTDEMOCRAZIA ITALIANA (Seconda parte), di Michele Nobile

Riproponiamo la seconda parte dell’articolo di Michele Nobile (pubblicato nel marzo 2012; la prima parte all’indirizzo http://utopiarossa.blogspot.it/2013/02/il-governo-monti-e-il-consenso.html) perché riteniamo possa essere utile a chiarire la natura postdemocratica del regime politico italiano, nel quale le elezioni sono oramai solo momento di legittimazione di una casta partitico-statale che rappresenta gli interessi dell’imperialismo italiano contro i lavoratori. Di questa casta sono parte marginale i forchettoni rossi di Sel e di Rivoluzione civile: due componenti tatticamente divise ma che condividono la subordinazione strategica al centrosinistra. 

EL SOCIALISMO SIGUE SIENDO UNA ESPERANZA ABIERTA, por Marcelo Colussi

El proyecto socialista, del que conocemos solo los primeros pasos balbuceantes –los cuales, pese a enormes dificultades y con los errores del caso, han dado ya resultados infinitamente más justos que los siglos de acumulación capitalista– es un camino que aún prácticamente no se ha recorrido.

giovedì 21 febbraio 2013

IL GOVERNO MONTI E IL CONSENSO BIPARTITICO NELLA POSTDEMOCRAZIA ITALIANA (Prima parte), di Michele Nobile

Riproponiamo questo articolo di Michele Nobile (pubblicato nel marzo 2012) perché riteniamo possa essere utile a chiarire la natura postdemocratica del regime politico italiano, nel quale le elezioni sono oramai solo momento di legittimazione di una casta partitico-statale che rappresenta gli interessi dell’imperialismo italiano contro i lavoratori. Di questa casta sono parte marginale i forchettoni rossi di Sel e di Rivoluzione civile: due componenti tatticamente divise ma che condividono la subordinazione strategica al centrosinistra.

mercoledì 20 febbraio 2013

DON GALLO PRESENTA LA MOSTRA DI PINO BERTELLI


Don Gallo sabato a Sestri per la mostra di Pino Bertelli
Sabato 23 febbraio, alle 17.30 a Sestri Ponente, si terrà l’inaugurazione della Mostra Fotografica "Osare la speranza", con gli scatti del noto fotoreporter Pino Bertelli, dedicata a don Andrea Gallo, alla Comunità San Benedetto e al progetto della Comunità di Las Galeras nella Repubblica Dominicana. 
Appuntamento nel salone di Palazzo Fieschi in via Sestri 34. All’inaugurazione e alla presentazione del volume che raccoglie le immagini e del libro “Sulla strada con don Gallo” interverranno gli autori: Don Andrea Gallo, Pino Bertelli, Federico Traversa.

SPETTACOLO SPORTIVO E SFRUTTAMENTO DI MASSA, di Marco Piracci

Comprendendo lo sport come fatto globale, cioè analizzandolo nella sua dimensione sociale, si comprende quanto esso sia funzionale a una tale società distruttiva (distruttiva prima di tutto dell’armonia e della felicità).

I ragazzi, infatti, dopo una breve esperienza, hanno rifiutato di fare una gara di football con la squadra della scuola di Leiston, perché non tollerano il fanatismo, la mania del campione, il concetto di rendimento, e perché, nel gioco, cercano semplicemente il piacere.
(Paul Laguillaimie, Summerhill scuola della felicità)

Per comprendere quale ruolo rivesta oggi lo sport, occorre partire da una riflessione sul gioco. Il gioco è infatti un aspetto importantissimo per lo sviluppo della personalità. Nel bambino è tramite il gioco che si sviluppa il senso di competenza e la fiducia in sé. Il bambino esplora il mondo con il suo corpo, si mette a repentaglio, sfida i limiti, affronta le difficoltà, ha un rapporto con la sua corporeità ed è il suo corpo il principale strumento di conoscenza. La formazione dell’identità personale che avviene durante questo processo di sviluppo psicosociale consente il formarsi  di un bagaglio  emotivo e sociale che conduce al raggiungimento di un senso di sicurezza interna1. Nel ragazzo e nell’adulto, il gioco fisico libero diviene il piacere di confrontarsi con il mondo. È il ponte con il precedente mezzo di scoperta, sempre forte nella memoria in quanto espressione d’amore per la vita. Si potrebbe allora pensare a una convergenza fra gioco fisico e sport, ma non è così.  Come ben descritto da Pierre Laguillaumie, “Sportivo non è colui che corre a piacer suo in una natura libera e selvaggia – questo libero di fermarsi quando vuole, libero nella direzione, nella velocità, nello slancio, nella respirazione, è l’immagine della gioia del bambino in un gioco fisico libero2.  Lo sport  rappresenta invece la canalizzazione periodica dell’insoddisfazione, del malcontento e dell’aggressività delle masse, la quale lungi dall’offendere il sistema tende a consolidarlo attraverso l’identificazione con gli ideali del capitalismo: primi fra tutti l’individualismo e la concorrenza.

martedì 19 febbraio 2013

I FORCHETTONI ROSSI ALLA RISCOSSA, di Roberto Massari

Come per il testo di Pier Francesco Zarcone ANTIPARLAMENTARISMO: LA TRADIZIONE STORICA  e per gli stessi motivi, cioè la sua validità nel contesto politico attuale, riproponiamo questa intervista a Roberto Massari del 19-11-2007, fatta da Radio Radicale in occasione dell'uscita del libro I FORCHETTONI ROSSI - La sottocasta della «sinistra radicale» 

lunedì 18 febbraio 2013

ELOGIO DEL CICLOSTILE (Elogio del mimeógrafo), di Gualtiero Via e altri


Gestetner, solo il nome è già una storia.
Ricordo quante volte la mattina
uscii di casa molto, molto prima,
avendo la matrice bella pronta,
le chiavi della sede (lassù in cima!)
e giù, con quell'inchiostro, spesso a mano
(la pompa a volte dava delle noie)
ed era bello, urgente, c'era un fuoco
nel far girare poi quelle parole.

domenica 17 febbraio 2013

LA PROFESIÓN MILITAR: UN ABSURDO, por Marcelo Colussi

Tomamos las armas para abrir paso a un mundo
en el que ya no sean necesarios los ejércitos.
(Subcomandante Marcos)

Está claro: un zapatero arregla zapatos, una enfermera cuida de los enfermos, una azafata atiende a los pasajeros en vuelo y un músico alegra el espíritu con la música. ¿Cuál es la función específica de un militar? Matar. Un militar se prepara para la guerra, para eliminar enemigos: su oficio, lisa y llanamente es matar gente, matar otros seres humanos. Más aún: se llega al absurdo patético que cuantos más seres humanos mata, mejor profesional es. Se le premia por eso, se le condecora, se le nombra "héroe de la patria". ¿Cómo se ha llegado a tamaña irracionalidad?
Todos los oficios aportan un beneficio social: producen bienes y/o servicios que facilitan la vida, la mejoran, elevan su calidad. ¿Qué aporta un militar? ¿Quién se beneficia con el matar? Seguramente alguien, por eso existe la profesión. Las mayorías populares, no. Se podrá decir que están para "defender a la patria". ¿Podemos hoy día siquiera decirlo con un mínimo de seriedad eso? ¿Qué patria? Incluso el capitalismo globalizado actual ya está prescindiendo de la vieja idea de Estado-nación, simplemente porque no la necesita. ¿Quién se beneficia entonces de las guerras, del acto de aniquilar a otros?

sabato 16 febbraio 2013

SCAMBIO DI IDEE SULL’ANTIPARLAMENTO E ALTRO, di Antonio Saccoccio e Roberto Massari

UR non la vedo come entità riconosciuta sulla scena politica e culturale, e quindi devo per il momento far finta quasi che non ci sia, per non illudermi che in fondo qualcosa tutto sommato continui ad esistere sul versante rivoluzionario. Purtroppo, però, non vedo neanche l'altro processo, quello della radicalizzazione giovanile, della sua trasformazione in lava dirompente libertaria e antistituzionale.

venerdì 15 febbraio 2013

CUCA Y EL NIDO ALBOROTADO, por Nechi Dorado

Una tarde serena, de esas que hacen pensar que el mundo se detiene ante tanta calma, el nido también se alborotó.
Aunque en realidad el que estaba como detenido era el mundo humano, o lo más parecido a ése. Pero el nido también formaba parte del orbe.

giovedì 14 febbraio 2013

LASCIO LA RETE 28 APRILE DOPO AVER TANTO LOTTATO PER COSTRUIRLA, di Andrea Furlan

Sono stato sempre convinto che per determinare un vero cambiamento sostanziale nella linea politica della Cgil vi fosse bisogno di una lotta politica al suo interno basata su princìpi saldi di contrapposizione alla burocrazia sindacale e alla logica imperante degli apparati. Una lotta organizzata di compagni e compagne, lavoratrici e lavoratori, delegate e delegati che, oltre a contestare la linea politica concertativa della Cgil - proponendo un'alternativa politica fondata sul conflitto sociale in difesa dei diritti e del salario - contestasse anche la struttura burocratica e centralistica dell'organizzazione.

mercoledì 13 febbraio 2013

LETTERINA GIOCOSA PER GLI AMICI III (E CRITICA DELLA VIOLENZA), di Pino Bertelli

Quando torno dai miei viaggi di fotografo di strada... leggo gli appunti dispersi sul mio taccuino (presi in modo occasionale, sovente riportati a margine di qualche libro) e come un film rivedo il sangue dei giorni...

martedì 12 febbraio 2013

ANTIPARLAMENTARISMO: LA TRADIZIONE STORICA, di Pier Francesco Zarcone

Il presente scritto fu preparato in occasione dell'appello astensionista lanciato poco prima delle precedenti elezioni politiche, con lo scopo di fare una messa a punto comunista libertaria "con piedi per terra". Lo riproduciamo ritenendo che sia ancora valido.
(12-02-2013)

Sull’antiparlamentarismo, che in termini consequenziali implica la propaganda e la pratica dell’astensionismo elettorale, a sinistra ci sono stati precedenti illustri, tra i quali spiccano quelli anarchici e, per il versante marxista, quello di Amadeo Bordiga. L’astensionismo è diventato una specie di dogma aprioristico per la maggior parte dell’ancora esistente galassia anarchica.
Oggi, se differenziano solo alcuni gruppi comunisti-anarchici, di matrice “piattaformista”, che partecipano alle campagne referendarie il cui oggetto siano fondamentali “regole del gioco” della convivenza pubblica, ovvero importanti diritti civili, oppure questioni dalla cui soluzione dipende l’adozione linee strategiche dello sviluppo capitalista nazionale.

domenica 10 febbraio 2013

EL NARCOTRÁFICO: UN ARMA DEL IMPERIO (4) - ENTREVISTAS, por Marcelo Colussi


Las cuatro entrevistas que presentamos a continuación son imaginarias. Los personajes que aparecen no existen, pero hay una diferencia entre las tres primeras y la última.

sabato 9 febbraio 2013

ACCIAIO (Stefano Mordini, 2012), di Pino Bertelli

Io sono passato dall’odio e dal disprezzo per gli sfruttatori a un’indifferenza che, escludendoli dal mio campo visivo, schiarisce l’orizzonte della mia creazione quotidiana.
Quanto più sapremo costruire la nostra vita di ogni giorno a misura dei nostri desideri, tanto più saremo in grado di ricostruire un mondo libero dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
(Raoul Vaneigem)

I. I figli della classe operaia vestono Armani
   
I partiti sono macchine per fabbricare passioni collettive…
Lo spirito del partito acceca, rende sordi alla giustizia, spinge anche le persone oneste all’accanimento più crudele contro gli innocenti.
(Simone Weil)

Di Acciaio e la città dalle rosse bandiere (tradite)…
Il film di Stefano Mordini, Acciaio (2012), ci ha lasciati perplessi e un po’ stupiti… sullo schermo gli operai (temprati nella fede politica di sempre, quella “comunista”) sembrano veri (figurati!), i sindacalisti appaiono dei combattenti coraggiosi e non la cinghia di trasmissione di padroni sempre più feroci (esperti in connivenze oscure o prezzolate)… i loro figli griffati Armani (un ex-vetrinista della Rinascente, si dice a Milano) - o vestiti di stracci cinesi copiati anche male… appena possibile fuggono da qualche parte in cerca di una vita diversa, forse nuova e ciò che più conta non vogliono fare la fine dei loro padri… molti dei quali, esposti all’ambiente di lavoro non proprio protetto e alla conseguente situazione ecologica drammatica nella quale la città-fabbrica versa da decine di anni, non sono riusciti nemmeno a raggiungere la pensione. Il dolore chiede solo la fine del dolore. Il resto è menzogna.
La città dalle rosse bandiere (tradite) dove si racconta Acciaio è Piombino (dove siamo nati e dove viviamo, che conosciamo bene e ci è nota la sua storia politica)... città Medaglia d’oro della Resistenza, che è stata intrecciata con la classe operaia da sempre ed ha combattuto soprusi e violenze dei poteri dominanti a viso scoperto, anche. Non tutte le rose però sono rosse né profumano di libertà. La libertà non si concede, ci si prende! E il profumo delle rose può mutare il corso delle costellazioni. L’abitudine a servire, per quanto pazientemente inculcata da politici, preti & padroni... non ha mai impedito agli uomini dotati di una certa utopia egualitaria, di disobbedire e insorgere contro il sopruso.

venerdì 8 febbraio 2013

L’INCONTRO POLITICO CON MARIO MINEO (1969-1970), di Roberto Massari

Intervista di Maria Albanese per la Tesi di laurea in Filosofia dedicata a Mario Mineo e il gruppo Praxis


A quando risale l'incontro umano e politico con Mineo?

Posso dire che l'incontro «umano e politico» con Mario Mineo avvenne nel 1969, ma era stato preparato da una certa aura mitologica che circondava la sua figura, come punto di riferimento della sezione italiana dei Gcr (Quarta internazionale) in Sicilia e particolarmente a Palermo.
Entrato nella Quarta alla fine del 1966 (avevo vent’anni e il corrispondente entusiasmo), avevo subito sentito parlare del Circolo Labriola e di Mineo nel quadro del progetto politico che ruotava intorno alla rivista La Sinistra. Il gruppo palermitano aveva il merito di non essere stato coinvolto nella pratica dell’entrismo e quindi in un certo senso aveva anticipato i tempi di scelte che verranno prese molto tardivamente dalla Quarta nel corso del 1968.
L’aura mitologica era destinata a crescere dopo il mio ritorno da Cuba (un soggiorno di 6 mesi come ospite del governo cubano), a fine dicembre 1968. In Italia trovai che i Gcr erano andati in frantumi e che quasi tutti i suoi dirigenti ne erano usciti per creare propri gruppi per lo più locali, ma solo dopo essersi convertiti improvvisamente al maoismo. Ebbene, il gruppo di Palermo, oltre al nucleo di Perugia e altri compagni sparsi tra Roma e Venezia - legati per tradizione alla persona di Mario Mineo - pur essendo usciti dai Gcr in occasione della crisi del '68, non si erano convertiti al maoismo, non avevano rinnegato il riferimento ideologico a Trotsky e non si erano camuffati per rendersi più accettabili tra le file della nuova radicalizzazione, ormai dominata da partitini presuntuosi e gerarchici, diretti spesso da personaggi che non avevano avuto alcun ruolo nel movimento: fu il momento più alto della diffusione della follia marxista-leninista-maoista.

VLADY EN LA ANTESALA DEL GULAG (1933-36), por Claudio Albertani

Agentes de la GPU, 1935
La mañana del 8 de marzo de 1933, después de cinco años de semi-cautiverio, Victor Serge fue interceptado en Leningrado, mientras cruzaba la calle 25 de Octubre, y trasladado a la sede local de la GPU.1 “Los detalles de esta detención se mezclan, en mis recuerdos, con la anterior [que tuvo lugar en 1929]; aunque puedo decir que ambas fueron bastante dramáticas”, cuenta Vlady. “Conservo, clarísima, la imagen de un desbarajuste en el estudio de mi padre, de costumbre tan ordenado: los cajones estaban abiertos; los cuadros, papeles, libros y fotos tirados en el piso; mis abuelos, mi mamá y mis tías gritaban y lloraban. De repente uno de los militares pisó con desprecio una foto que teníamos de Trotsky y mi tía Esther susurró que la recogiera. Yo, sin pensarlo, corrí a buscarla y la limpié con afecto en la cara de los esbirros, lo cual quedaría como gran hazaña en la memoria de la familia. Creo que esto pasó en la primera detención, porque yo era muy pequeño; de la segunda tengo recuerdos un poco más precisos. Teníamos, por entonces, a tres agentes de la GPU viviendo de planta en la casa: abrían cartas, registraban las visitas y las conversaciones telefónicas, y maquinaban en contra de nosotros con los otros inquilinos del inmueble. Yo sabía qué hacer porque mi padre me había adiestrado desde chiquito a enfrentar situaciones de este tipo”.
Aquella mañana del 8 de marzo, Vlady estaba, como todos los días, en la escuela. Cuando regresó encontró a Liuba, su madre, hundida en una de sus crisis psicóticas y a sus tías que, sin éxito, intentaban calmarla. El adolescente no tardó en entender lo que estaba pasando. Horas después sonó el teléfono: era Serge quien, desde la GPU, había obtenido permiso de hablar, y deseaba comunicarse con su hijo. Le explicó lo que estaba pasando, le rogó no olvidarlo (sabía que podía pasarle lo peor), le pidió que fuera valiente, que siguiera dibujando y que se hiciera cargo de su mamá que ahora lo necesitaba más que nunca. No había mucho que hacer: Liuba fue internada pocas horas después en un hospital para enfermos mentales. Vlady pasó una de las noches más difíciles de su vida y el día siguiente no tuvo el valor de ir a la escuela. Salió a caminar sin meta machacando su rencor. Atraído por la música de un coro sacro, se metió a una iglesia pero, en lugar de calmarse, tuvo un ataque de rabia.
“En mi familia nunca escuché una palabra contra la religión, pero aquel día estaba yo tan desesperado que me pregunté cómo puede la gente seguir engañándose”. El muchacho había heredado algo de la calma proverbial de su padre, quien, incluso en las situaciones más difíciles, raramente perdía el control de sí mismo. Vlady tenía, entonces, casi trece años y sabía perfectamente bien quién era y en qué andaba metido Serge. Aunque estaba consciente del peligro, había desarrollado una especie de orgullo, el sentimiento de pertenecer al reducido grupo de personas que conocía la verdad.
“Nosotros sabíamos quién era Stalin y quién era Trotsky. Éramos los verdaderos revolucionarios, y teníamos que ser fieles a nosotros mismos, sin importar los costos”.

giovedì 7 febbraio 2013

LA SIRIA TEATRO DELLA NUOVA GUERRA FREDDA, di Pier Francesco Zarcone

Fra gli osservatori di politica internazionale si pone ormai al di là del semplice sospetto l’ipotesi che la guerra per procura attualmente in Siria faccia parte di una nuova guerra fredda fra l’Occidente e il “blocco” Russia/Cina/Iran.

BRINDIAMO ALLA DEFINITIVA LIBERAZIONE DI PEPPE FONTANA!!!

Carissimi Amici e compagni, È FINITA !!!!!!!!!!!!!!

mercoledì 6 febbraio 2013

¿FIN DEL CAPITALISMO? NUEVAS FORMAS DE EXPLOTACIÓN, NUEVAS IDEAS PARA LA LUCHA - SEMBRANDO UTOPÍA, por Marcelo Colussi y un colectivo de autores

Autores: Amado, Oscar; Borges, Edgar; Colussi, Marcelo; Corbière, Emilio; Cuevas Molina; Rafael,  Fontes; Anthony, Illescas Martínez; Jon E. (Jon Juanma); López y Rivas, Gilberto; Mora Ramírez Andrés y Perdomo Aguilera, Alejandro L.

martedì 5 febbraio 2013

UTOPÍA ROJA Y UNA NUEVA IDEA DE REVOLUCIÓN, por Roberto Massari

Entrevista a Roberto Massari realizada por Michele Azzerri

© Jean Michel Basquiat
Para iniciar, ¿puedes presentarme Utopía Roja en su perfil nacional e internacional?
UR es una asociación política libertaria, de la cual forman parte en este momento compañeras y compañeros di proveniencia marxista, marxista libertaria, anarco-comunista, situacionista, trotskista, guevarista, leninista, feminista, sindicalista, cristiana y tal vez se me escape algo. Cada cual es libre de mantener su propia ideología de proveniencia y no es responsable de las posiciones ideológicas de los otros. Tal vez intentemos actuar de manera tal que cada cual se informe de y se interese por los aspectos positivos de las otras proveniencias ideológicas. Es por lo tanto una asociación no ideológica (ni mucho menos ideologizada) en la cual no hay estatutos, no hay congresos, dirigentes, jerarquías o aparatos de ningún tipo. No hay siquiera cuotas obligatorias. Si bien se mira, no hay ninguna obligación salvo el respeto de los seis puntos revolucionarios de principio de los cuales hablaremos más adelante. En UR se está porque se quiere estar y se está con los ritmos y en el modo en el cual se quiere estar, sin sacrificios, obligaciones o complejos de culpa por la “inactividad”.
Pero nuestra característica ciertamente insólita para la “grupística” [los grupitos políticos] –característica que fue sin embargo fundamental para la Primera Internacional hasta su primera escisión– es que no tenemos un programa político aunque yo mismo haya escrito más de uno durante mi larga vida de militante, como cualquiera puede leer en las compilaciones de mis escritos inéditos (hasta ahora han salido a la luz cuatro volúmenes, desde los años ‘60 hasta el 1980. El quinto está en preparación). Dejando a un lado la polémica con aquellos grupos o pequeños partidos que hacen del presunto Programa (con mayúscula) una suerte de panacea o de torneo por equipos, queda el hecho de que incluso para las organizaciones más serias la adopción de un programa único y obligatorio es una gran tontería.
En primer lugar, porque un programa político revolucionario no puede ser escrito de una sola vez sino que debería servir de guía en el curso de los acontecimientos y por ende debería ser actualizado continuamente en tiempo real (algo que jamás ha sucedido en la historia –con la excepción parcial y discutible de Febrero-Octubre del 1917 en Rusia). La verdad es que la llamada izquierda revolucionaria siempre forcejea alrededor de programas escritos a priori y puntualmente separados de los hechos reales. Acerca del nivel infantil, irrealista y teóricamente infundado, cuando no obsoleto, de eso que los partiditos venden como “Programa revolucionario” (en realidad una “lista de compras” atemporal e irrealista), no quiero gastar siquiera una palabra.
Y luego, porque el programa político presupone que cuando hay divergencias estas convivan en la misma organización y bajo la misma dirección: por el contrario toda la historia del leninismo (y del trotskismo partidista) demuestra que las divergencias no pueden convivir, si no por períodos breves. Siempre existen mayorías que expulsan a las minorías o (que es más o menos lo mismo) minorías que más tarde o más temprano se separan: es solo cuestión de tiempos. Si no hubiera toda una experiencia histórica para demostrarlo, bastaría con lo que le sucedió a los compañeros de la vieja FMR (Tercera Tendencia Internacional en el seno de la Cuarta de Mandel, Maitan, Frank) donde luego de tres años de críticas escritas y ultraelaboradas a la línea de la mayoría, fuimos expulsados en Italia, en Austria, en Portugal e incluso borrados de la historia de aquella organización. Lo más lindo es que respecto a la línea de la mayoría teníamos razón en todo (basta leerse las cerca de 600 páginas de materiales dedicados al asunto y publicadas por mí), aun cuando tener la razón es siempre un hecho relativo y ligado a un determinado contexto, además de a un determinado cúmulo de conocimientos.

lunedì 4 febbraio 2013

¿QUIEN ES VLADY? (Y POR QUÉ ES IMPORTANTE SABER), por Claudio Albertani

Sin lugar a dudas, lo sublime en el arte existe. Pero: ¿podemos quedarnos ahí? Podríamos en épocas todavía desconocidas, cuando el hombre no tendrá la posibilidad de reducir a su vecino a la miseria, ni tampoco de enviarlo a la muerte. En épocas así, cada quien será libre de nadar en lo sublime. En cuanto a nosotros: ¿cómo tener la conciencia tranquila, cómo gargarizarse con el arte puro cuando en las calles la sangre coagulada sube hasta nuestras rodillas?
(Panaït Istrati)

Vlady en 2000
Hijo de Victor Serge, el gran escritor que nos narró las revoluciones traicionadas, Vlady es uno de los mayores pintores contemporáneos de México y, me atrevo a decir, del mundo. Formidable muralista, consumado dibujante, finísimo grabador, magnífico pintor de caballete, su vida y obra responden de manera genial y creativa a los retos del arte contemporáneo y ofrecen una respuesta a su crisis.
Vlady vivió en carne propia los traumas no solamente artísticos, sino históricos, filosóficos y políticos del siglo XX, pero no era lo que comúnmente se define un “artista comprometido”, pues rechazaba el arte que reivindica sus cualidades en función de virtudes políticas.
Se ha dicho que fue el producto de tres tradiciones, la rusa, la europea y la mexicana. Es verdad, pero hay mucho más. Lo primordial, escribió el poeta Jorge Hernández Campos, es su relación carnal con la historia. “Para Vlady, la historia ha sido, es, el corazón, la saliva, la pupila del ojo, la asfixia, el éxtasis, y la huida perpetua de un Sísifo que quiere escapar de su matriz”.1

1. Torbellinos
Vladimir Kibalchich Rusakov nació en Petrogrado (después Leningrado, hoy San Petersburgo), el 15 de junio de 1920, por así decirlo, en el vientre de la revolución, y murió en Cuernavaca, Morelos, el 21 de julio de 2005.
La madre, Liuba Rusakova, procedía de una familia de anarquistas judíos emigrados a Francia y había conocido a Victor Serge -alias Victor Lvovich Kibalchich, de origen ruso-belga, también militante libertario- en el barco que los llevaba a la Unión Soviética, el país de la revolución. Bien recibidos como lo fueron entonces muchos anarquistas, Victor y Liuba se establecieron en el Astoria, el famoso hotel convertido en residencia de revolucionarios. Ahí nació Vlady, a quien le gustaba contar que se había orinado en Lenin, porque el jefe bolchevique lo había cargado de bebé…

domenica 3 febbraio 2013

ROSA LUXEMBURG: FELIZ CUMPLEAÑOS! (150 Y SIEMPRE VIVA…)

BILINGUE: ESPAÑOL - ITALIANO

REVOLUCIONARIA, MUJER, FEMINISTA
por Antonella Marazzi

Recordando el asesinato de Rosa Luxemburg y Karl Liebknecht el 15 enero de 1919, publicamos la intervención de Antonella Marazzi en el Encuentro sobre Rosa Luxemburg - a 90 años de la muerte - organizado por Utopía Roja en Roma en septiembre de 2009. [la Redacción]

Rosa Luxemburg en 1893
Mi primer encuentro con Rosa se remonta a los comienzos mismos de los años 70, cuando, joven militante, intentaba darme una formación teórica de base con métodos tan apasionados como caóticos. Recuerdo que tuve la impresión de una mujer decidida, de fuerte personalidad política y brillantes dotes teóricas que atravesó como un cometa el horizonte político de la Segunda Internacional para acabar siendo asesinada por la contrarrevolución alemana, después de haber polemizado con algunas de las mentes revolucionarias de su época. En el curso de los años, volví sobre algunas de sus obras, siendo la última de ellas en orden temporal La Revolución rusa. El encuentro organizado en Roma por Utopía Roja a noventa años de su muerte me ha dado la oportunidad de reencontrarla. Y es así que he pasado con ella el último trozo de un calurosísimo verano, leyéndola sobre las ondas de un lago, en contacto inmediato con esa naturaleza que ella amó en sus múltiples aspectos y en la cual buscó sumergirse siempre que le fue posible.
A mi juicio, Rosa ha representado, de modo insuperable, el único ejemplo de mujer revolucionaria a tiempo completo que lograra practicar de modo concreto la fusión entre la militancia activa entre los movimientos de lucha de su época – como agitadora y dirigente – y el empeño teórico. Un empeño volcado en el campo de la polémica con algunos de los más famosos y prestigiosos intelectuales de su tiempo como Bernstein, Kautsky y el propio Lenin (además de Trotsky con quien estuvo con frecuencia de acuerdo). Una producción teórica dirigida a denunciar posiciones que, a sus ojos, representaban un peligro concreto en la vía de la revolución: contra el revisionismo de Bernstein (¿Reforma social o revolución?); contra la teoría leninista del partido (Problemas de organización de la socialdemocracia rusa) y contra la concepción burocrática de la relación entre movimiento de masa, partido y sindicato (Huelga de masa, partido, sindicatos); contra el nacional-chovinismo de Kautsky y de la mayoría del Spd a partir de 1907 (La crisis de la socialdemocracia); contra los peligros de degeneración de la revolución rusa del 17 (La Revolución rusa).
Tampoco hay que olvidar sus textos de economía política como la Introducción a la economía política y La acumulación del capital - en el cual se mide directamente con el Marx de El Capital - elaborados en el período en el que enseñó en la escuela de cuadros del Spd a partir de 1907. Por no hablar también de la prodigiosa mole de artículos publicados en los órganos de prensa del partido en los cuales militó y/o contribuyó a fundar: Partido socialdemócrata alemán (Spd), Partido socialdemócrata de Polonia y Lituania (Sdkpil), Spartakusbund, Kpd. Todo ello la coloca, única mujer en toda la historia del movimiento obrero de la Primera a la Tercera Internacional, en el mismo plano de personalidades político-revolucionarias consumadas como Lenin y Trotsky, que supieron unir la militancia activa a la cabeza de las masas en medio de las revoluciones sociales de su época a una producción teórica de alto nivel, íntimamente ligada a las temáticas que las tareas de la revolución mundial ponían al orden del día.
Pero ¿quién era esta mujer que supo conquistar un puesto de tanta autoridad en la socialdemocracia alemana y en la Segunda Internacional?

sabato 2 febbraio 2013

OBAMA: APPRENDISTA STREGONE ALLE PRESE COL MONDO ISLAMICO, di Pier Francesco Zarcone

In linea generale gli imperialisti non hanno mai avuto cura di conoscere davvero le realtà umane che vanno a disturbare e sfruttare, e in particolare quelli statunitensi hanno sempre “brillato” per un’assenza pressoché totale di conoscenza e sensibilità, in tal modo agendo come il classico elefante nel negozio di cristalli e collezionando una serie di tragici pasticci planetari.
Anche il loro grande predecessore anglosassone, la Gran Bretagna, nella sua fase imperiale e imperialista ha fatto pasticci e danni immensi con l’uso cinico e puramente opportunista del divide et impera, ma con una differenza: la sua attività lesiva colpiva essenzialmente gli altri, mentre quella statunitense è stata ed è anche autolesionista.
Questa premessa vale appieno per la politica mediorientale di Obama e dei suo trust di “cervelli”. Non che quella di Bush jr fosse di levatura superiore, tuttavia quella dell’attuale Amministrazione statunitense è ancora più pericolosa e autolesionista – per le scelte e per le alleanze che le supportano, sempre più foriere di guai. Certo, di alleanze innaturali (e mortifere), realizzate o tentate, la storia offre una miriade di casi, come ad esempio il tentativo del Papato e di altre potenze cattoliche del Medioevo per allearsi con i Mongoli in funzione antislamica, o il patto tedesco-sovietico che aprì la via alla Seconda guerra mondiale (con successiva invasione nazista dell’Urss).

La svolta di Obama nella politica musulmana
L’annuncio di questa svolta – forse non percepito appieno quando fu fatto – è avvenuto con il famoso discorso tenuto da Obama il 4 giugno 2009 all’Università cairota di al-Azhar, nel quale fu sottolineato l’avvio di «un nuovo inizio tra Stati Uniti e musulmani». La concretizzazione si è vista negli anni successivi e ancora continua.

venerdì 1 febbraio 2013

BENICOMUNISMO: IL SOCIALISMO DEL XXI SECOLO, di Stefano Santarelli

Sono usciti recentemente, editi dalla Massari Editore, due libri estremamente interessanti per la riflessione di tutta la Sinistra radicale. Si tratta del libro di Michele Nobile Capitalismo e postdemocrazia e di quello di Piero Bernocchi Benicomunismo.

In questo breve articolo tratteremo soltanto di alcuni aspetti del testo di Bernocchi, vista la complessità degli argomenti esposti che non possono essere sintetizzati facilmente in questa sede.