di Piero Bernocchi
[Premessa di R. Massari: Quindi fu giustificata la campagna di stampa che nel 1917 accusò Lenin di aver preso i soldi dai tedeschi (il vagone piombato e tutto il resto) per far uscire la Russia dalla Grande guerra? Putin dice di sì e rilancia l’accusa: quello di Lenin e dei bolscevichi fu un vero e proprio «tradimento» e per giunta un disastro che portò al crollo dello Stato zarista (quello Stato zarista che Putin sta tentando disperatamente di ricostruire). Kerenskij e i suoi ministri, Kornilov e gli altri generali, lo zar e il suo seguito imperiale avevano ragione a voler proseguire la guerra contro la Germania, il grosso del popolo russo aveva torto a volerla fare finita. Purtroppo vinse il popolo… anche se solo temporaneamente.
P.S. Per i più giovani: Attenzione. Qualche intellettuale hitlerocomunista (ce ne sarà pure rimasto qualcuno che incarni questo ossimoro) cercherà d’imbrogliarvi dicendo che invece il popolo russo voleva proseguire la guerra, come si vide nella discussione su Brest-Litovsk. Ma per farlo dovrà nasconderevi che la discussione su Brest-Litovsk avvenne nel 1918 (cioè dopo il crollo dell’Impero zarista) e che quei boslcevichi (tra i quali Trotsky in una prima fase), socialrivoluzionari o anarchici che non volevano firmare la pace, pensavano a una guerra rivoluzionaria, cioè un’estensione della Rivoluzione russa e non certo a una guerra nazionalistica in difesa del capitalismo russo. Poi anche questi capirono che le avrebbero prese sonoramente dai tedeschi e ripiegarono sulla posizione di Lenin che, per quell’occasione, fu la più sensata storicamente. Ora però sorge il dubbio, dopo le parole di Putin, che Lenin e i bolscevichi continuassero a prendere i soldi dai tedeschi… (r.m.)]
Incredibile ma vero: Putin nel panico rinnega la rivoluzione russa del '17 (quella dell'Ottobre) e di fatto s'identifica con lo zar Nicola II. Dice, infatti, non solo che la ribellione armata messa in atto dai gruppi paramilitari Wagner di Prigožin contro l’esercito regolare rappresenta una minaccia mortale per la Russia, ma va ben oltre, paragonandola con “la pugnalata alle spalle del 1917 che ha consegnato la vittoria al nemico comune nella Prima guerra mondiale". Come già fatto dal suo illustre predecessore e modello Iosif Vissarionovič Džugašvili, detto Stalin ("uomo d'acciaio"), nel momento del massimo pericolo se ne fotte di storia, princìpi, ideologia e fa appello alla Grande Madre Russia. Che, aggiunge, sta subendo un tradimento analogo a quello del '17 ("Quello che stiamo affrontando non è altro che un tradimento causato dalle eccessive ambizioni”). Come allora, secondo Putin, "il tradimento potrebbe avere conseguenze catastrofiche"; e come allora, “intrighi, litigi, politica alle spalle dell'esercito e del popolo si sono trasformati nel più grande shock, la distruzione dell'esercito e il crollo dello Stato, la perdita di vasti territori”. Dunque, questo fu il risultato della Rivoluzione russa dell'Ottobre, secondo Putin: distruzione dell'esercito e crollo dello Stato, perdita di vasti territori. E il tutto provocato non dalla volontà di chiudere con lo zarismo e con un regime feudale, ma, miserabilmente, da intrighi, litigi, politica alle spalle dell'esercito e del popolo. Alla fin fine questo, e non altri motivi "nobili", avrebbe spinto i bolscevichi a fare la rivoluzione, con gli effetti "catastrofici" sottolineati da Putin.
Sbalorditivo, no? Certo, tra tutti i possibili sviluppi dell'invasione russa dell'Ucraina, questo era davvero il meno prevedibile, di sicuro quello che Putin, autistico e solipsista come tutti gli autocrati dal comportamento e dalle pratiche dittatoriali, non aveva manco preso in considerazione. L'imperialismo sovietico, nel corso di una settantina di anni, di infamie e imprese ignobili ne ha compiute una infinità, ma la follia di mettersi nelle mani di eserciti mercenari, per giunta in un'impresa ad altissimo rischio come l'invasione dell'Ucraina, non l'aveva mai fatto. E invece il neoimperialismo russo, rilanciato da Putin nell'ultimo ventennio, è riuscito a dare a decine di migliaia di feroci professionisti della guerra e a un losco figuro come Prigožin un potere inaudito, cancellando il fatto che i mercenari si chiamano così perchè guerreggiano per denaro, non hanno ideali nè bandiere o princìpi, e vanno con chi paga di più e meglio.
Poi Prigožin si accontenterà delle sinecure che Putin sembra disposto a concedergli in extremis, con la Wagner a 200 km da Mosca, e della dimostrazione data al mondo che Putin non era e non sarebbe in grado di fermarlo: e magari anche i suoi mercenari se la caveranno in qualche modo. Ma il colpo al prestigio e alla credibilità putiniana è di quelli mortali, e inciderà ulteriormente sul morale, già bassissimo, delle truppe russe, regolari o mercenarie, sul fronte ucraino, con possibili conseguenze assai rilevanti sull'andamento della guerra e sui tempi della sua auspicabile fine. E dire che ancora fino a pochi mesi fa, per il 99% dei pacifisti italiani (veri o finti, "storici" o dell'ultimissima ora) l'unica possibilità di fine della guerra non poteva che essere la resa incondizionata dell'Ucraina: "tanto non hanno alcuna possibilità di vittoria, così prolungano solo distruzioni e massacri", era il leitmotiv ripetuto ossessivamente, di fatto incolpando non Putin e la Russia, ma gli ucraini del prolungamento delle atrocità in atto. E invece...