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giovedì 8 giugno 2023

A PROPOSITO DI TRAVAGLIO, VERO SCEMO DI GUERRA

di Roberto Massari

 

Caro compagno O., voglio felicitarmi per l’articolo «Scemi di guerra e ipocriti di pace» (www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=7466) che il Pcl ha dedicato al principale scemo di guerra in campo pubblicistico italiano: com'altro andrebbe considerato Marco Travaglio, traghettato col tempo dalla giusta lotta contro l’antidemocrazia italiana al sostegno propagandistico per il totalitarismo di Putin e la sua guerra coloniale in corso? Più scemo di così...

Sarei ipocrita anch’io, però, se tra le tante cose buone del vostro articolo, non dicessi che non tutto mi appare buono e qualcosa è anche bruttino, frutto di pezzi di analisi che mi sembrano abborracciati.

Quindi, tralasciando tutto ciò che mi trova d’accordo con l'articolo (che il lettore potrà leggere, avendo io premesso il link), devo dire che in particolare dissento sulla parte incomprensibile riguardante l’invio delle armi. Invio che, come sai benissimo, rappresenta qui in Italia il nodo centrale delle divergenze nel coacervo di ciò che difficilmente possiamo chiamare ancora «sinistra», pseudosinistra o ex sinistra, inclusi 5stelle, pacifisti autentici  e pacifinti. Lascio fuori ovviamente gli hitlerocomunisti in quanto irrimediabili inquilini della pattumiera della storia.

È l'interrogativo, al di là delle analisi possibili e condivisibili, al quale cercano quasi tutti di sottrarsi e che rimane la questione concreta di fondo: i paesi della Nato (gli unici che possono farlo) devono o non devono inviare armi all’Ucraina?

Se la risposta è un netto sì (come dovrebbe essere), scaturisce la seconda domanda cruciale: chi si colloca dalla parte della resistenza ucraina deve aiutare il proprio governo capitalistico (imperialistico) a inviare tali armi? Oppure deve ostacolarlo o al massimo restare indifferente (cioè «neutrale»)?

Se si è dalla parte dell’autodeterminazione ucraina non si può che rispondere sì alla prima di queste altre due domande, quale che sia l’antagonismo che si nutre nei confronti della propria classe dominante e del proprio imperialismo. Ciò significa, sia pure in termini astratti, che si deve operare di conseguenza e in coerenza, anche se alla fin fine si ha la forza di agire solo sul piano propagandistico.

Ciò non esclude che il Pcl scriva - se lo si desidera - tutti i documenti necessari a far capire ai gruppi concorrenti che si sta appoggiando solo la spesa pubblica militare per la resistenza e non la più generale politica degli armamenti del proprio o altrui governo borghese-imperialistico. Ma sono distinzioni di lana caprina, che si possono comunque mettere per iscritto, senza che abbiano alcun effetto in un contesto di impegno militare in cui noi rivoluzionari non abbiamo la benché minima voce in capitolo. 

Con vecchia terminologia, si potrebbe dire che dobbiamo appoggiare tatticamente l’invio delle armi, ma restiamo strategicamente avversari del nostro governo (Stato, classe dirigente ecc.)

Alle prime due domande di cui sopra, c’è chi risponde no apertamente (Travaglio, Conte e filoputiniani vari - ancora una volta tralasciando gli hitlerocomunisti tout court). Per la terza, invece, il fronte dei pacifinti si frastaglia.

 

Ma c'’è anche chi si barrica dietro sofismi incomprensibili, come i seguenti. Provo a legare insieme i paragrafi che seguono tratti dal vostro documento:

 

«Per questa semplice ragione non rivendichiamo l'invio delle armi da parte dell'imperialismo di casa nostra…»

 

«E tuttavia è altrettanto indubbio che oggi l'Ucraina ha prima di tutto il diritto a difendersi … e può farlo nelle condizioni attuali solo usando le armi che gli imperialismi NATO le forniscono. È un fatto. Opporsi all'invio di armi è negare il diritto di resistenza dell'Ucraina all'invasione russa. Nei fatti è parteggiare per l'imperialismo russo, favorire la sua politica di annessione, chiedere la resa dell'Ucraina all'invasione. Perché senza armi nessuna resistenza è possibile…»

 

«Pertanto non rivendicare l'invio delle armi da parte NATO e al tempo stesso non boicottare il diritto ad usarle da parte ucraina è una posizione coerente con la complessità dello scenario mondiale» 

 

Il primo paragrafo è contraddetto dal secondo, e il terzo, che dovrebbe costituire la sintesi, risulta totalmente incomprensibile. Non voglio fare processi alle intenzioni e quindi mi limito a dire che a me sembra un giochetto verbale, unito a un espediente linguistico originale e creativo: l’inserimento del concetto di «non-boicottaggio» (presumo nostro) dell’uso delle armi («loro», cioè ucraino). Concetto totalmente nuovo per le mie vecchie orecchie.

 

1) Ma chi ha mai proposto di boicottare il diritto all’uso delle armi da parte degli ucraini? Casomai si può boicottare l’invio - sempre propagandisticamente parlando. Da dove nasce questa idea bislacca del «non-boicottaggio» dell’uso delle armi da parte ucraina? Grammaticalmente parlando, chi sarebbe il soggetto di questo insolito non-boicottaggio?

 

2) In termini pratici, che significa concretamente non-boicottare  il diritto all’uso delle armi da parte ucraina stando qui in Italia?

Tu sai ovviamente che compagni anarchici, trotskisti, utopisti rossi, autogestionari, femministe, giovani ribelli ecc. in Ucraina stanno combattendo contro l’aggressione coloniale russa e pagando in vite umane, insieme al resto della popolazione in cui sono rappresentate tutte le tendenze politiche, dalla destra alla sinistra. Cosa può voler dire per loro il vostro «non boicottaggio» dell’uso delle armi?

In soldoni un po’ più brutali: devono sparare o no? Devono uccidere il più possibile di soldati invasori o no? E nello sparare, devono distinguere tra soldati di leva, volontari e gruppi paramilitari delinquenziali alla Wagner, o devono eliminare ogni e qualsiasi presenza militare che entri nel territorio dell’Ucraina? 

(Fermo restando che andrebbe differenziato il tipo di propaganda da rivolgere a queste tre categorie militari di invasori, soprattutto per quanto riguarda i soldati di leva. Ricordo che ai tempi di Arbeiter und Soldat si invitavano i soldati tedeschi a fraternizzare, ma poi i partigiani francesi giustamente sparavano loro addosso se rifiutavano di disertare.)

La mia risposta a tutte le domande di cui sopra la puoi immaginare ed è la stessa che avrei difeso all’epoca dell’azione militare di via Rasella e che ho difeso per la Serbia, per l’Iraq, per l’Afghanistan e altre nazioni benché sottoposte a orrendi regimi dittatoriali, semifeudali, ma purtroppo aggrediti dall’imperialismo Usa e Nato: tutti regimi ultrareazionari che però non sono neanche lontanamente confrontabili con l’Ucraina attuale, nella quale, tra l’altro, si cominciano ad avvertire i prodromi di una nuova Ucraina grazie alla resistenza e alla partecipazione popolare. Un processo di liberazione che abbiamo conosciuto anche in Italia (nonostante ricevessimo le armi dagli inglesi e dagli Usa), finito male come può finir male anche in Ucraina. Ma al momento non è detto.

 

3) Sempre concretamente (perché quando è in corso una guerra, di liberazione o non, conta soprattutto la concretezza sperando che sia politicamente sensata): cosa propone il Pcl per «non-boicottare» l’uso delle armi da parte dei poveri ucraini? 

 

Insomma, la mia impressione è che questo incomprensibile giro di parole serva a camuffare l'ambiguità propagandistica per cui da un lato si ritiene che le armi vadano inviate da parte di chi può inviarle, dall’altra non lo si vuol dire troppo apertamente perché in Italia così ci si isola dal mondo dei «reazionari sinistri» (triste categoria arcobalenica da me analizzata in un libro recente). E poiché mi risulta che i vostri rappresentanti nella Cgil (a partire da Franco Grisolia e vari altri) hanno firmato la piattaforma della minoranza sindacale in cui ci si oppone all’invio delle armi, l’impressione di ambiguità si rafforza (purtroppo).

In Francia, dove un ampio schieramento sindacale - inclusi settori della Cgt! - sta sostenendo anche materialmente la resistenza ucraina, questi giri di parole non compaiono e comunque non sarebbero apprezzati. Ma la Francia è la Francia, patria di ciò che resta di quella sinistra francese che dopo il ’68 non ha avuto i disastri ideologici che abbiamo avuto noi e che continueremo a pagare per chissà quanto altro tempo. 

 

Se provassi a riassumere dovrei dire: In che modo siete a favore della resistenza antirussa? «Non-boicottando l’uso delle armi da parte ucraina».

In che modo siete contro? «Non rivendicando l’invio delle armi il cui uso comunque non va boicottato».

Beato chi ci capisce.

 

Verrebbe da sorridere  se nel frattempo non ci fossero migliaia di persone uccise, milioni di sfollati, centinaia di bambini rapiti alle loro famiglie, ospedali, scuole ecc. bombardati. Insomma, mentre ci si gingilla con giochi di parole assurdi, c’è chi sta combattendo una guerra che - ci piaccia o no - ci rappresenta tutti, ci difende tutti dall’espansione colonialistica dell’imperialismo putiniano: pacifisti, pacifinti, guerrafondai, pseudorivoluzionari e scemi di guerra alla Travaglio.

Mi rendo conto quanto sia difficile capirlo, ma la realtà è che in questo momento il popolo ucraino (di destra, di centro, di sinistra, ateo e religioso) è in prima fila nello scontro con l’imperialismo oggigiorno più aggressivo. Ieri era quello statunitense, oggi è quello russo, domani forse sarà quello cinese o tornerà ad esserlo quello statunitense. E non parliamo di uno dei regimi più reazionari esistenti sulla faccia della terra - l’Iran, ovviamente, che però per il mondo non rappresenta ancora una minaccia diretta, per lo meno finché non avrà la bomba atomica.

L’imperialismo russo oggigiorno è impegnato in una guerra di tipo coloniale (cioè in una guerra di conquista di territori); oggigiorno è diretto da un regime che ho già definito qualche tempo fa come totalitario più che «semplicemente» dittatoriale. E che sia il diretto erede dello stalinismo è un aggravante che lo rende ancor più esecrabile. Vai a farlo capire alla ex sinistra italiana, cibatasi di maoismo, di operaismo, di Rifondazione comunista  e di qualsiasi moda ideologica  passeggera meno che di un sano e coerente antistalinismo.

Penso che sarai d’accordo con me che in Italia una vera e propria destalinizzazione ancora non c’è stata. E l’ostilità della sinistra reazionaria contro la lotta per l’autodeterminazione del popolo ucraino sta lì a dimostrarlo.

 

Saluti rivoluzionari (cioè rossoutopici)

Roberto

 


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