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martedì 27 dicembre 2022

QUANDO MANCA LA PIETAS… LETTERE SULL’UCRAINA E UN COMPAGNO ITALO-BRASILIANO

di Antonella Marazzi e Roberto Massari

 

(25 maggio 2022, da F. [São Paulo])

 

Caro Roberto, vediamo che la politica è come il calcio: dolce illusione di poter convincere la gente, anche con buoni argomenti. Se tu sostieni il Milan e io la Juventus, non faremo mai cambiare all’altro la sua posizione… Le mie argomentazioni sono state più che coerenti, e tu continui con la tua posizione. Lo stesso dovrebbe valere per le vostre argomentazioni, con le quali sono in buona parte d’accordo (come per quanto riguarda Putin), ma che non mi convincono sulla base principale: quella di continuare la guerra che, per me, è chiaramente una guerra imperialista.

Ma il mio rispetto per te e il mio dovere etico nei confronti della tua richiesta di aiuto per la traduzione del vostro Manifesto sono talmente irrinunciabili che, ovviamente, ne segue la traduzione in portoghese, in modo che possiate diffondere ampiamente il Manifesto nei Paesi di lingua portoghese. Dopotutto, non sono il detentore della verità e, anche se sono fermamente convinto di ciò che ho sostenuto, può darsi che alla fine abbiate ragione voi…

Un abbraccio affettuoso dall’italo-brasiliano

F.

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(26 maggio 2022, da Antonella Marazzi)

 

Caro F., mi ha fatto piacere leggere il tuo secondo intervento nel quale ci comunichi di fare la traduzione in brasiliano pur non essendo d’accordo con la sostanza delle nostre posizioni. Ciò dimostra la tua onestà intellettuale, e la simpatia e amicizia che continui a provare per noi. Si può essere in disaccordo politico, ma non intaccare i sentimenti reciproci di empatia. Questa è la vera solidarietà tra compagni.

Non entro nel merito delle tue posizioni, ma due cose mi sento di dirle.

La prima è che condivido pienamente il giudizio sulla Nato che è da sempre e sempre sarà uno strumento di repressione, sfruttamento, coercizione, annientamento di popolazioni e/o di governi ritenuti pericolosi per il benessere e gli interessi politici ed economici di sfruttamento delle potenze alleate. È ovvio che la Nato e la Ue non stanno armando il popolo ucraino per un sentimento di pietas, ma perché perseguono le proprie politiche imperialistiche di grandi potenze. Affermare ciò è come parlare dei benefìci dell’acqua calda.

Però questa guerra non è interimperialistica, in cui l’Ucraina sarebbe solo una variabile occasionale. Questa è una guerra di aggressione dell’imperialismo russo putiniano contro un popolo e un governo sovrano che ha scelto di difendere il proprio territorio e il proprio diritto all’autodeterminazione. Un popolo che è stato sottomesso e trucidato secolarmente dallo zarismo e dallo stalinismo, e oggi non vuole subire la stessa sorte da parte delle mire espansionistiche di Putin.

E qui entra la questione etica: seconda considerazione. Dobbiamo assolutamente difendere questo diritto degli ucraini, perché essi vogliono difendersi. Non vogliono invadere la Russia. E per difendersi devono essere armati. È la Nato a farlo? Mi va bene e mi andrebbe bene anche se per assurdo fossero i talebani o i khomeinisti a farlo. Le armi non sono buone o cattive. Sono sempre oggetti di morte. Ma in questo caso servono a permettere agli ucraini di opporsi all’invasore.

Certo, per la tranquillità e il benessere dell’Occidente sarebbe stato meglio che si fossero arresi subito a Putin. Tanti problemi in meno. Ma noi occidentali possiamo essere così cinici da sacrificare il futuro di un intero popolo ai nostri interessi individuali?

L’etica, la morale, il nostro umanismo dovrebbero farci rispondere negativamente. Certo gli ucraini stanno morendo, ma quanti popoli nel mondo e in tutte le epoche sono morti e moriranno in nome del proprio diritto a decidere del proprio destino?

E per favore rifletti sulle false verità propagandate dal regime putiniano e dai suoi accoliti: neonazisti, golpe Nato del 2014 e via dicendo.

L’Ucraina, che sa per tragica esperienza di cosa sono capaci i regimi dittatoriali, vuole giustamente diventare un paese democatico-borghese e preferisce stare sotto il cappello della Ue e addirittura della Nato, piuttosto che sotto un regime dittatoriale che uccide e imprigiona ii propri oppositori. Se tu fossi un ucraino, ti arrenderesti a Putin o sceglieresti i governi democratico-borghesi dove almeno alcuni diritti civili vengono salvaguardati?

Sarebbe ovviamente meglio che facessero una rivoluzione libertaria e socialista (se questo termine ha ancora senso), ma essa non è all’ordine del giorno. E allora ben venga una democrazia borghese piuttosto che una dittatura feroce.

Scusa il lungo intervento. Non voglio convincerti, ma solo aggiungere motivi di riflessione.

Concludo dicendo che ho un bel ricordo dei giorni passati insieme [all’Avana per il Convegno su Trotsky (n.d.r.)] e rimane immutata la mia amicizia.

Ti abbraccio

Antonella

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(27 maggio 2022, da F.)

 

Che meraviglioso questo messaggio

Vi amo!!!

Anche se il problema di fondo, per me, rimane cosa succederà con l’Ucraina liberata dalla Nato???

Gli Stati Uniti riprenderanno la loro egemonia mondiale che stavano a perdere…!

Tutto molto complicato, troppo…!

Solamente una cosa ancora: che i neonazisti stanno in Ucraina e hanno partecipato del colpo di stato del 2014 con appoggio dei nordamericani. Questo è un fatto, conosciuto ben prima delle bravate di Putin sui neonazi in questo paese…

Un saluto molto caro, sperando di ritrovarvi presto, cari amici!!!

F.

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(22 dicembre 2022, da F.)

 

A Roberto 

 

Zelensky viene acclamato in questo momento dal disgustoso Congresso degli Stati Uniti...
Il neo-zarista post-stalinista Putin ha davvero reso un grande servizio all'imperialismo occidentale: ha dato la possibilità a questo buffone senza cervello di fare dell'Ucraina la porta più potente dell'imperialismo più nefasto, facendo avanzare in modo decisivo e rilanciando la moribonda NATO.

Sorprendente è anche la posizione di coloro che sostengono "la difesa del popolo ucraino di fronte all'invasione imperialista russa". Ciò significa, in pratica, avallare questo discorso di Zelensky davanti ai suoi colleghi imperialisti statunitensi!

Rosa Luxemburg aveva ragione: NO alle guerre imperialiste!

Abbasso l'antibolscevico Putin; abbasso i leccapiedi di Zelensky dei nordamericani! Per l'unione dei popoli russo e ucraino e del mondo intero verso il socialismo!

F.

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(23 dicembre 2022, da Roberto Massari)

(lettera aperta e per conoscenza a F)

 

Cara Antonella,

se ne va così un’altra amicizia con un giovane compagno che al convegno su Trotsky a Cuba ci aveva dato l’impressione di avere delle qualità, o perlomeno sembrava prometterle. Tant’è vero che a una prima serie di argomenti confusi e ingenui -  da lui scritti sull’Ucraina - tu gli avevi risposto il 26 maggio con una lettera sobria, ma precisa. L’ho riletta per l’occasione e devo dire che era veramente una bella lettera. Anzi, bellissima. F. non immagina nemmeno che non ne riceverà mai più di simile qualità in vita sua.

Anche perché non avrà più l’occasione di frequentare dei rivoluzionari autentici, dotati di una lunga e robusta formazione teorica, e partecipi di esperienze politiche realmente internazionalistiche in varie parti del mondo. Avrebbe potuto far tesoro anche delle 20 «lezioni» sull’Ucraina che abbiamo pubblicato sul blog, ma ha preferito lasciarsi andare all’isteria antiucraina. E questo atteggiamento, che gli piaccia o no, lo mette al traino degli hitlero-comunisti: cioè di coloro che non riconoscono agli ucraini il diritto a difendersi e ne accettano la sottomissione al progetto coloniale di Impero panslavista (e neozarista).

Un progetto che, per fortuna, non riuscirà a realizzarsi – e ciò anche grazie al sacrificio del popolo ucraino e, in prospettiva grazie ai sacrifici che attendono i popoli ceceno, georgiano, kirghiso e, forse per ultimo, anche quello bielorusso. (Del resto, nella storia moderna, le guerre di conquista la Russia le ha sempre perse tutte: dalla Polonia con Lenin e Trotsky all’Afghanistan passando per la Finlandia: quelle che ha potuto vincere, ma solo temporaneamente, è stato solo grazie all’alleanza col nazismo nel 1939.)

Le poche righe che F. ha inviato dopo il viaggio di Zelensky negli Usa sono un chiaro frutto di disperazione. Forse dopo tanti mesi di crimini di guerra, di massacri di civili e davanti alla terra bruciata che stanno facendo i bombardamenti russi, la sua coscienza si rifiuta di accettare la prospettiva che il popolo ucraino patisca ancora la fame come già gli toccò tragicamente all’epoca del genocidio staliniano noto come holodomor. O forse avrà altre sue personali ragioni psicologiche per essere crollato così in basso. Rimane il fatto che continua tenacemente a non approfittare delle nostre 20 lezioni (e ora ci sarebbe anche il bel libro di Michele Nobile) per crescere e maturare sul piano teorico.

Sappiamo bene che non è il solo a evitare il confronto con l’imponente arsenale di strumenti teorici che abbiamo messo in campo (e in Italia siamo stati certo gli unici a farlo e in tali dimensioni); ma da lui ci saremmo aspettati qualcosa di meglio rispetto alle banalità che il mondo hitlero-comunista e i suoi «utili idioti» stanno diffondendo in funzione antiucraina, attribuendo tutte le colpe alla Nato. (Purtroppo in Italia gli hitlero-comuniti ufficiali - dei quali la corrente principale è rappresentata dai neostaliniani della USB - non sono più tanto isolati da quando Giuseppe Conte ha fatto fare al Movimento 5 Stelle la svolta antiucraina, che è arrivata a coinvolgere anche il cosiddetto «sindacalismo di base»: vedi la vergognosa quanto velleitaria richiesta di cessare la fornitura di armi agli ucraini contenuta nella piattaforma dello sciopero del 2 dicembre, formulata a uso e consumo della propaganda filoputiniana).

 

Sull’Ucraina F. aveva già scritto un testo molto fragile all’inizio dell’aggressione. Ma era pur sempre un testo con ambizioni teoriche e con argomenti, anche se a quegli argomenti le 20 lezioni (che all’epoca però non erano ancora così tante) avevano già dato risposte ampie e documentate. 

Il livello ora è invece precipitato. Qui siamo alla volgarità isterica, accompagnata da un tono che vuole essere provocatorio nei miei, tuoi e nostri confronti, in quanto «difensori del popolo ucraino di fronte all'invasione imperialista russa»: cosa della quale ovviamente dobbiamo andare fierissimi e sentirci in piena continuità con le battaglie che facemmo entrambi per il Vietnam e tutto il resto.

E se ti scrivo questa lettera destinata a comparire sul blog (in modo che se ne possano giovare altri), è solo per valorizzare in termini politici e pedagogici anche questa sconfitta di un giovane che ci era parso molto promettente. La speranza è che altri giovani, più o meno promettenti, si rendano conto dell’abisso mentale in cui si finisce a non voler fare i conti con i testi, quando sono solidi e documentati, elaborati da compagni più anziani e per forza di cose teoricamente più preparati. Non devono certo accettarli a occhi chiusi, ma avrebbero l’obbligo morale di esaminarli, misurarcisi e criticarli se necessario con testi alternativi. È così che ci si forma, e così ci siamo formati noi due: ci sono passaggi da rispettare nella formazione di un rivoluzionario e non si possono saltare le varie fasi dello studio.  

 

La lettera che F. mi ha mandato è stata scritta in italiano, quindi a uso e consumo esclusivamente mio, tuo e nostro, e non di un pubblico brasiliano. Insomma dall’amore eccessivo espresso nella sua lettera del 27 maggio 2022, è passato in 7 mesi all’ostilità furibonda.

Svolte così improvvise tu ed io le abbiamo viste a centinaia nella nostra vita politica. Ed è sempre stata una procedura più o meno analoga: nell’impossibilità di misurarsi teoricamente con le nostre elaborazioni - all’inizio amate forse con troppo entusiasmo e ingenuità - si decide a un certo punto di rompere. E non potendolo fare con adeguati strumenti teorici, ci si lascia prendere dal senso di frustrazione, a sua volta produttore di aggressività, forse anche odio. Il tutto, ovviamente, senza che abbia nulla a che vedere con una ipotetica progettualità rivoluzionaria. Si tratta più banalmente di un  processo alternativo alla ricerca di una realizzazione psicologica personale che non si era riusciti a produrre in se stessi e ci si era illusi di trovarla altrove. Elementare, Sigmund…

 

Ferma restando l’imperdonabile ignoranza storico-teorica (e quindi il conseguente rifiuto del confronto con le nostre posizioni), resta sempre il fatto ben più grave della mancanza di pietas. Che un popolo sia massacrato (con decine e decine di migliaia di civili uccisi e non solo di poveri soldati), e sia ridotto alla fame e al freddo da parte della seconda o terza  potenza nucleare al mondo (in continuità col genocidio staliniano degli anni ’30), sembra non provocare alcuna emozione in F. come nel pacifismo ipocrita (quello che mette sullo stesso piano aggrediti e aggressori). Anzi, sembra provocare astio se non addirittura odio per questo disgraziato popolo.

Tu sai che questa è la cosa che più mi addolora. Fatico ancora a crederlo: che compagni che dichiarano di volere un mondo migliore, che s’indignano al benché minimo sopruso compiuto contro i lavoratori italiani o brasiliani, riescano invece a non provare la benché minima emozione per il massacro dei lavoratori e lavoratrici ucraine (anche se poi credono di provarla per il popolo curdo o palestinese, per qualsiasi altro popolo in lotta, purché sia una lotta antistatunitense…) 

Mi chiedo se all’epoca dell’Olocausto o del Gulag provassero un’analoga assenza di emozioni (di pietas) gli aguzzini tedeschi, russi, ungheresi, croati ecc. Non vorrei essere frainteso e quindi mi spiego meglio. Io penso che essi dovessero necessariamente arrivare a odiare le proprie vittime, perché se avessero provato anche un minimo di umana pietas verso quella povera gente non avrebbero potuto sostenere il trauma interiore e in qualche modo avrebbero dovuto solidarizzare con le vittime.

Ovviamente nessun paragone è possibile tra i grandi crimini contro l’umanità dei lager nazisti e staliniani, e la tragedia attuale del popolo ucraino. Eppure io penso che il cinismo verso un qualsiasi popolo che combatte per la propria libertà - in questo caso in Ucraina - ha analogie qualitative con il cinismo di allora. È l’enormità quantitativa delle due più grandi tragedie del passato (èra moderna), paragonata con quella dell’oggi, che sembra fare la differenza.  Insomma m’interrogo e sto cercando di capire quale sia la vera natura di un odio che non ha a che vedere con le caratteristiche della vittima (ebrei, popoli sovietici, etiopi o ucraini che siano), ma che sembra rappresentare in primo luogo una difesa psicologica contro l’angoscia interna che rischia di divorarti nel momento in cui decidi di collocarti contro le vittime.

Nulla infatti della nostra cultura «europea e mediterranea» (come minimo dall’Illuminismo in poi) ti predispone ad accettare che i popoli vengano massacrati e privati della libertà. Per farlo bisogna rompere con quella cultura e con princìpi elementari di civiltà (fondati a loro volta su pilastri quasi millenari di cultura «classica»). E questa rottura, unita alla forzatura psicologica che essa comporta nella testa di un presunto compagno (che magari si considera anche «marxista»), può risultare veramente sconvolgente, angosciosa, traumatizzante. Di qui l’isteria che vedo ancora oggigiorno caratterizzare questi atteggiamenti antiumani, ridicolmente camuffati come «antimperialistici».

Qui lo vediamo con F., ma in questi mesi l’ho verificato con molti altri soggetti antiucraini (presuntamente «equidistanti») per i quali incredibilmente è Zelensky a diventare oggetto di odio, di disprezzo e una sorta di capro espiatorio.

Eppure stiamo parlando di un capo di stato, alla testa di un Paese capitalista aggredito e di recente indipendenza, che ha dovuto far fronte a qualcosa per cui non era minimamente preparato: una guerra guerreggiata scatenata da una grande potenza nucleare (che tra l’altro minaccia di tanto in tanto di ricorrere a tale «risorsa» suicida). Zelensky si sarebbe potuto arrendere o scappare all’estero, come fanno in genere i capi di stato, i re non solo italiani o i dittatori (quasi tutti). E invece lui è rimasto al suo posto e rischia la vita, sua e della sua famiglia. Cioè sta dando una prova di coraggio e di forza di carattere che non ti aspetteresti mai, per l’appunto, da un capo di stato (e viene da sorridere pensando ai governanti italiani se stessero al suo posto…).

Il quale capo di stato per giunta avrebbe avuto tutto l’interesse personale ad arrendersi e rientrare nelle simpatie di Putin, per goderne tutti i vantaggi come fanno già gli altri oligarchi della Bielorussia, della Cecenia ecc., e come faceva prima di lui il presidente ucraino Viktor Januković, l’oligarca nativo del Donets’k cacciato a furor di popolo nel 2014. No, proprio perché l’ex attore Zelensky sta dando il meglio di sé, chi ha una struttura caratteriale debole deve necessariamente coprirlo d’insulti, di astio o addirittura di odio, alla stregua di quanto accade ormai bestialmente nei social verso chiunque si trovi ad emergere e magari gli venga anche riconosciuto un qualche ruolo positivo. Anche questa, però, è una dinamica psicopatologica ben nota alla psichiatria.

 

Peccato, comunque, perché un giovane brasiliano di lingua anche italiana che simpatizzava per le idee rossoutopiche non lo si perde a cuor leggero. Ma soprattutto peccato per lui, perché quando si comincia a odiare i popoli che soffrono, si finisce col perdere se stessi e non ci si ritrova più: è solo questione di tempo.

Cara Antonella, l’esperienza ci ha mostrato a entrambi, in questi 50-60 anni di onorata milizia rivoluzionaria che quando si precipita in un tale abisso mentale, non ci si riprende più. Tu ed io non abbiamo mai visto tornare indietro compagni che hanno rotto con noi quando, per le ragioni più diverse, sono stati presi da improvvise animosità nei nostri confronti. Dico nei «nostri confronti» e non delle «nostre idee» perché a muoverli erano principalmente questioni di amor proprio, sciocco e vanesio amor proprio… ieri come oggi. Non mi risulta che se ne sia salvato nessuno, nel senso di proseguire un impegno rivoluzionario senza interromperlo prima o poi, a un determinato momento di svolta nella vita: in 50-60 anni non me ne viene in mente neanche uno o una. Tutte energie disperse nelle maniere più diverse, inghiottite nei meandri delle compatibilità col sistema o con la società spettacolare di massa.

Noi due, insieme a pochi altri compagni e compagne sparsi per il mondo, siamo la dimostrazione pratica che invece si può evitare tutto ciò: si può restare rivoluzionari coerenti per tutta la vita, senza interruzioni, e non solo per una parte di essa (che poi in genere è quella giovanile). Capisco benissimo che tanta coerenza è oggigiorno resa difficile dalla consapevolezza purtroppo realistica che la prospettiva della rivoluzione (cioè la fine del capitalismo) è rimandata a tempi ben lontani da venire. E per le menti più fragili anche questa realtà è inaccettabile perché si somma alle tante altre piccole o grandi realtà che tendono a rendere drammatica la nostra esistenza. Di qui lo sconforto, l’astio, la fuga nel privato e il resto che ben sai.

Tutto qui, Antonella. Spero che altri - specie se giovani - leggano questo scambio di lettere e ne traggano stimolo a riflettere ora e qui sulcarattere disumano dell’astio antiucraino, quali che siano le motivazioni «antimperialistiche» addotte.

Shalom.

Roberto




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