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venerdì 8 ottobre 2021

RICORDANDO LUIGI FONTANA A UN ANNO DALLA MORTE

di Antonio Marchi

 

In occasione di un  cammino ("Cammino di Antigone") partito dal cimitero Polacco di Bologna e terminato a Monte Sole (cammino che negli anni collegherà Monte Sole a Sant'Anna di Stazzema), passando davanti la casa di Luigi, ho potuto leggere il mio postumo ricordo dei miei trascorsi in sua compagnia al cospetto dei tanti passanti che nei giorni di sabato e di domenica si raccolgono nella pietà di quella terra insanguinata dalla barbarie nazi-fascista. Antonio


Era il 27 marzo 2008. Ero a Spinea al funerale di Gino Donè. Luigi non lo conoscevo, era uno dei “tanti” compagni accorsi ad onorare un combattente per la libertà. Si è presentato, non so come: per quale strana combinazione, mi ha guardato. Ci siamo guardati. Ricordo il suo sorriso e la sua semplicità nel presentarsi: “ciao, sono Luigi Fontana” di Monte Sole". "Ciao io sono Antonio Marchi di Trento".

Eravamo tutti commossi dal triste evento, dalla celebrità di un personaggio che aveva messo la sua vita al servizio della resistenza al nazi-fascismo prima e della rivoluzione cubana, poi.

Eravamo un corpo solo. “Reduci” di battaglie, di storie che ci appartenevano.

Era facile conoscerci, scambiarci ricordi vicini e lontani.

E così è stato per me e Luigi.

Nel settembre dello stesso anno parto per un lungo viaggio (in bicicletta) che mi porterà a Trapani nel ventennale della morte di Mauro Rostagno. Inevitabile il passaggio a Monte Sole da Luigi.

Poi negli anni altri viaggi lungo lo stivale e sempre Bologna, la Porettana e Monte sole era la mia strada, la casa di Luigi la mia meta. La casa di Luigi: un “museo” incompiuto, disordinato ma ricco di tante cose dove spaziava la mia curiosità. Un posto speciale, tanto accogliente, quanto umano da diventare negli anni dei miei passaggi il posto privilegiato, dove meglio respiravo l'aria della libertà.

Nella casa di Luigi c'è passato il mondo:“sbandati”, poveri cristi, fuggiaschi, Intellettuali. Tutti compagni di strada. C'è un librone che lo testimonia dove chiunque passava lasciava una sua traccia. “Testoline” in cerca di un rifugio, , piccole presenze, anche ingombranti, che solo chi ha il dono del visionario riesce ad accogliere senza porre limiti e domande.

In Luigi ho visto l'uomo uscire da se stesso, in uno sforzo di tensione verso l'altro, ho visto la semplicità la generosità del gesto, tante note di calore umano, di irresistibile generosità.

Monte Sole da terra inzuppata del sangue innocente, rivive il sogno di un riscatto grazie all'operosità di Luigi che apriva al mondo porte e finestre della quotidiana esistenza.

In quella prima visita, mi ha accompagnato nell'inquietudine di quello che è stato Monte Sole: la sua tragica storia commosse anche attori, registi cinematografici, poeti, semplici pellegrini e io con loro..

Nel suo linguaggio (non sempre facile da capire), Luigi mi spiegava...io restavo ammagliato nella sua autenticità proletaria, improntata da un buco nero dell'umanità tagliata dalle forbici dell'uomo.

Ogni parola come traccia di qualcuno, di qualcosa che è stato rivivevo emozioni come macchie di sangue, come voragini dal senso della solitudine (“sono già tra noi”), abbagliato dalla storia tragica delle stragi naziste della seconda guerra mondiale che scorreva veloce dalle sue parole.

Luigi rimane nella storia degli uomini un combattente, artista della strada, un comunicatore instancabile, ricco di sentimento, un genio solitario in rapporto con l'Altro in un mondo che è al di là del bene e del male, quasi un mistico che, in solitudine traccia volti che vivono, occhi che guardano. La filosofia fiorisce sempre al tramonto della civiltà, per cercare nel pensiero, l'armonia perduta nella vita. In questo senso Luigi è filosofo e storico che non ha mai voluto unirsi al coro dei festanti vincitori alla “Bella Ciao”, ma è altrettanto distante dalle retoriche alternative dei “guastafeste” generati in seno a ogni celebrazione.

Certo il grigiore del tempo che viviamo porta con se il rimpianto di una civiltà obbligata a tramontare alla tragica rapidità del genocidio apparentemente più democratico dell'annientamento culturale. Rousseau scrisse che l'abbandono dello stato di natura conduce l'uomo a precipitare nel vizio, e ciò risulta maggiormente vero quando il distacco avviene in modo induttivo e traumatico

Luigi è uno di quelli che non si è adattato: ha studiato e imparato, si è dato da fare. Ha scoperto di essere utile al prossimo e alla terra che lo ospita. E' cresciuto attorno a quell'immagine del navigatore (cara a Gino Donè), paterna e rassicurante come in una fotografia presa dall'album di famiglia, la grande famiglia umana.

 

antonio



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