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mercoledì 18 maggio 2016

«FELICIA», di Antonio Marchi e Umberto Santino

Conosco abbastanza bene la storia degli anni '70 e il massacro di giovani e di speranze che ne fu parte… nonostante ciò, non riesco a non emozionarmi davanti a un film che mi tocca il cuore e il cervello. Pur essendo soddisfatto per quello che ho visto, alcune scene del film mi hanno lasciato perplesso e incredulo per la loro forzata spettacolarizzazione. D'altronde, dopo l'infamante intervista al figlio di Riina ad opera di Bruno Vespa, la Rai non poteva che correggersi con questa fiction.
S'intitola Felicia Impastato il film di Gianfranco Albano andato in onda martedì sera [10 maggio] su RaiUno. Scritto da Diego De Silva con Monica Zapelli (che ha già firmato I cento passi), il film - prodotto da Metto Levi con RaiFiction - è stato realizzato con la collaborazione preziosa di Giovanni Impastato, fratello di Peppino. «I cento passi - racconta - è stata la prima esperienza dell'incontro tra realtà e cinema. Ho tantissimi ricordi di mia madre, quello, memorabile, fu quando puntò il dito contro il criminale mafioso Badalamenti. Un film emozionante ma fin troppo addolcito dalla inevitabile suggestione per un pubblico televisivo. A Casa Impastato, oggi a disposizione della società civile, si vivono emozioni. È rimasta così, noi l'abbiamo riempita di reperti importanti. Ci sono tutti i ricordi. E con le chiavi abbiamo aperto la casa di Badalamenti. Lì c'è la storia della mafia».
Attraverso la figura di Felicia, fiera e determinata (interpretata da Lunetta Savino), ripercorre le tappe della vicenda di Peppino, ucciso per mano mafiosa. Nessuno dà credito a Felicia. Solo il magistrato Rocco Chinnici (Antonio Catania) le crede, riprende in mano le carte, cerca i riscontri. Lo capisce anche la mafia che quel servitore dello Stato non è disposto a mollare per arrivare alla verità. Il 29 luglio 1983 Chinnici viene ucciso in un attentato, ma la sua passione civile ha contagiato Francesca Imbergamo, studentessa di giurisprudenza che diventa magistrato. È lei a riaprire i faldoni, a riannodare i fili. Sono due donne a chiedere giustizia e a ottenerla: il 25 ottobre 2000 Felicia Impastato entra nell'aula di tribunale per guardare in faccia, in videoconferenza, il boss Gaetano Badalamenti, condannato poi all'ergastolo.
Ho chiesto un parere al prof. Umberto Santino del Centro siciliano Peppino Impastato, uno dei maggiori studiosi dell'antimafia.
A.M.

Felicia Impastato
«LA FIGURA DI FELICIA È TOTALMENTE FALSATA», un commento di Umberto Santino*

Ieri sera abbiamo visto il telefilm su Felicia. L'attrice è brava, ma le nostre indicazioni sono state quasi completamente disattese (tra l'altro non figuriamo tra i consulenti, nonostante abbiamo scritto sette pagine di suggerimenti, dopo aver letto la sceneggiatura). La figura di Felicia è totalmente falsata: Felicia usciva di casa rarissimamente, non andava continuamente in giro come si vede nel film e hanno tolto una scena esemplare: lei che va a votare pochi giorni dopo l'assassinio. A me fanno fare cose che non ho mai fatto, come la raccolta delle pietre insanguinate nel casolare (sono stati solo i compagni e non c'era Giovanni), e non quelle che ho fatto: dal rapporto con i magistrati al libro con Anna [Puglisi]**, con la storia di vita di Felicia e la rivelazione del viaggio del marito in America, alla manifestazione nazionale contro la mafia, pensata, proposta, organizzata, gestita e finanziata dal Centro, cioè soprattutto da me e Anna, che è stata completamente cancellata.
Scene inventate, come quella al mare, o l'incontro con Del Carpio; Chinnici parla all'Università in un seminario organizzato dal Centro e lì l'Imbergamo lo incontra per la prima volta; Badalamenti rappresentato con una faccia da mostro ecc. ecc.
Così il ciclo iconico è completo ed è quello che conta per moltissimi spettatori: Peppino che fa piazzate notturne e conta i cento passi, mentre la mafia l'aveva in casa, e ora Felicia onnipresente…
Un caro saluto,
Umberto [Santino]

DA TRENTO A TRAPANI: IL MIO INCONTRO IN BICICLETTA CON PALERMO, UMBERTO SANTINO, CINISI E GIOVANNI IMPASTATO NEL 2008, di Antonio Marchi

Sono a Palermo. Ho ancora qualche ora di luce per girare un po' per la città, così decido di fare un salto al negozio da cui è partita un'iniziativa contro il racket di cui mi ha parlato Marta (una compagna laureata in sociologia). Il locale, più che un negozio, sembra un magazzino dove c'è di tutto: dai generi alimentari, ai vestiti, a bigiotteria varia. Due ragazzi si offrono di spiegarmi come vanno le cose in città e mi raccontano la difficoltà di convincere gli altri negozianti a resistere ai tentativi di estorsione (su migliaia di commercianti e imprenditori, solo un centinaio ha aderito all'iniziativa). Una diffusa sfiducia verso lo Stato poco presente, una debole cultura della legalità che soffre la prepotenza della mafia che ricatta e uccide, con la convenienza di una vita quotidiana apparentemente sicura; la paura e l'isolamento e la solitudine diventano l'alibi del non mostrarsi, del non partecipare a danno della libertà. Mi regalano la maglietta col logo della campagna di «Addio pizzo», che indosso volentieri…
Felicia e Umberto Santino
Sono impaziente di iniziare la giornata, oggi ho appuntamento con Umberto e Anna al Centro Peppino Impastato. Il Centro trova spazio in un grande appartamento pieno di libri, riviste, materiale fotografico, CD, DVD, quadri raffiguranti Peppino e mamma Felicia, e tanto altro. Mi trattano come un ospite di riguardo, pieni di attenzioni e premura. A pranzo possiamo conoscerci meglio: esperienze diverse per obiettivi comuni, in un percorso tra i tanti ostacoli che la società mette davanti a chi vuole partecipare in prima persona senza delegare, a chi cerca il bene comune e non il proprio personale tornaconto. Parliamo di Mauro [Rostagno] e delle difficoltà di giungere alla verità processuale, forse anche per scarso impegno della famiglia e dei compagni, diversamente dalla storia di Peppino, che ha trovato in mamma Felicia e nel Centro a lui dedicato resistenza e denuncia continua, fino al processo e alla condanna degli assassini. Prima di addormentarmi ripenso a questa discussione con Umberto e Anna sul caso Rostagno: quante volte le lungaggini processuali non sono dovute a difficoltà oggettive nelle indagini ma a intrallazzi politici? Perché andare a fondo su un assassinio in Italia può significare mettere a nudo le complicità della politica con la delinquenza organizzata, con la mafia.
L'indomani mi alzo in fretta. Mi aspetta una giornata intensa: prima la deposizione della lapide per ricordare il sacrificio del giudice Cesare Terranova e del maresciallo dei carabinieri Mancuso, uccisi diciannove anni fa dalla mafia. Nelle parole della vedova del magistrato il senso di questa commemorazione:
«Oggi non vogliamo celebrarli, ma semplicemente fare memoria, ricordare il significato della loro morte. Sono caduti per noi, la loro vita e la loro morte stanno ad indicarci il senso delle loro scelte profonde ed essenziali, mirate alla verità, alla giustizia e al riscatto di una terra troppo a lungo ferita e umiliata. Hanno operato nella convinzione che i valori fondamentali di onestà, coraggio civile e senso del dovere potevano prevalere e sconfiggere i soprusi della violenza. Si trova pace solo nella volontà di lottare e di fare tutto quanto è nelle proprie capacità per non fare dimenticare».
Più tardi ci aspetta Giovanni, fratello di Peppino Impastato, nel suo negozio alla periferia di Cinisi, per portarci alla casa museo dove è vissuta fino alla morte mamma Felicia. All'interno si raccoglie la storia dei «cento passi», che è diventata canzone e film denuncia della lotta al potere mafioso in una Sicilia che ancora lo soffre e ne è prigioniera, ma resta vincente la strenua lotta di mamma Felicia per ottenere giustizia per il figlio Peppino.


* Umberto Santino è fondatore e direttore del Centro Impastato di Palermo, il primo Centro studi sulla mafia e altre forme di criminalità organizzata sorto in Italia (1977) e autore di vari saggi, tra cui ricordiamo: L'omicidio mafioso (1989), L'impresa mafiosa (1990) e Dietro la droga con Giovanni La Fiura (1993), La borghesia mafiosa (1994), La mafia interpretata (1995), La democrazia bloccata - L'alleanza e il compromesso (1997), La cosa e il nome (2000), Dalla mafia alle mafie (2006), Mafie e globalizzazione (2007), Storia del movimento antimafia (2000, 2009), Don Vito a Gomorra (2011), La mafia come soggetto politico (2013).
** Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, intervista di Anna Puglisi e Umberto Santino, La Luna, Palermo 1986 e successive ristampe.

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