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venerdì 22 gennaio 2016

SUBURRA (Stefano Sollima, 2015) di Pino Bertelli

Come piedistallo avrete un letamaio e come tribuna un armamentario di tortura.
Non sarete degni che di una gloria lebbrosa e di una corona di sputi.
(E.M. Cioran)

Il cinema italiano, non è cosa nuova, è un sommario di decomposizione, una sfilata di bruttezze inconfessabili, una successione di banalità assolute, un avvilimento dello spirito dinanzi a un formulario di idiozie che passano sul "tappeto rosso" dei festival insieme a quei divetti incartonati e puttanelle leziose che finiscono in un film, sceneggiato o saga dove si celebra (anche al rovescio) il mito della politica sporca. In ogni film italiano si cela un vate, un vassallo o un demente, e quando pretende di educare il mondo nei lucernari delle lusinghe s'instaura il delitto di lesa intelligenza.
L'entusiasmo degli imbecilli (specie di sinistra) è deleterio… non hanno ancora compreso che la differenza tra intelligenza e stupidità è nella maniera di maneggiare l'arma della verità… la distruzione pura e semplice degli idoli porta con sé quella dei pregiudizi. La guerra al terrorismo dell'Isis è la messa in scena dei poteri forti che alimentano il terrore per continuare a dominare il pianeta… gli uni e gli altri fanno parte della stessa "banda" e la paura che cola dai media serve a innalzare i dividendi delle borse internazionali attraverso il mercato delle armi. Gli affari sono affari… i "potentati" dominano il petrolio, il gas, i diamanti, l'oro, la droga, l'acqua… e a New York come a Mosca, a Parigi come a Berlino, a Baghdad come a Roma… una barile di petrolio vale più di mille bambini ammazzati dalla bombe della "democrazia esportata" o del fanatismo terrorista… l'odio contro la vita è lo stesso… la rapina, il saccheggio, il massacro, sono le ultime "fatalità" di una civiltà che si spegne.
Suburra, il film di Stefano Sollima, ha messo tutti d'accordo… giornalisti eminenti, critici velinari e pubblico condiscendente con tutto quanto si presenta all'altezza dello spettacolare integrato, dove ingiustizia e ragione si confondono così tanto che i cattivi sembrano invincibili e i buoni dei coglioni che continuano a votarli e delegare loro le sorti di un intero paese. C'è anche il papa, quello che ride sempre e sembra un po' avvinazzato… s'è perfino accorto che in Vaticano rubano e i vescovi sono conniventi col malaffare… l'indecenza regna ovunque e per afferrare il potere i lebbrosi della politica, della fede, della finanza, della cultura, del terrorismo… si agitano come ratti su cumuli di spazzatura.
Suburra è un brutto film… la storia è tratta (con molte differenze narrative) dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini. Ha inizio sette giorni prima delle dimissioni di Silvio Berlusconi da presidente del consiglio (5 novembre 2011). Gli autori immaginano che negli stessi momenti anche papa Ratzinger prenda la decisione di abbandonare il trono papalino… a stento tratteniamo le lacrime… due figure così "importanti" per la società (non solo) italiana si fanno da parte… i loro sostenitori diventano orfani e lo sgomento travolge l'intera nazione. I telegiornali dissertano su tutto e le mafie continuano a giostrare in Vaticano e nel governo a colpi di assassinî… più o meno esemplari. Che bello! Politici, preti, militari, uomini di cultura, proletari disoccupati, migranti allo sbando… dentro ci sono tutti… lo scandalo è permanente, la volgarità dei partiti anche… il cinismo non s'impara a scuola, ma in parlamento.
Nel film di Sollima ci sono Filippo Malgradi (Pierfrancesco Savino), il solito onorevole corrotto, consumatore di cocaina e puttane d'alto bordo; Sebastiano (Elio Germano), organizzatore di feste per solleticare i pruriti sessuali di politici, imprenditori, figure dello spettacolo; "Samurai" (Claudio Amendola), ultimo superstite della banda della Magliana; Aureliano, "Numero 8" (Alessandro Borghi), delinquente di bassa levatura della zona di Ostia; il clan degli zingari, Alberto Anacleti, "Spadino" (Giacomo Ferrara), e il padre Manfredi (Adamo Dionisi); Sabrina (Giulia Elettra Gorietti) è l'escort che organizza l'orgia con Malgradi e Viola (Greta Scarano), la compagna tossica di "Numero 8". Sullo sfondo di Suburra si disserta su criminalità organizzata e potere politico. Manca solo la fotografia di qualche austero ministro della repubblica a pranzo con delinquenti, spacciatori e mafiosi, e "Mafia Capitale" è servita, ma all'acqua di rose.
I quadretti del film: "Numero 8" (figlio di un ex membro della banda della Magliana) appicca il fuoco a un edificio di Ostia e picchia il proprietario per costringerlo a cedergli il terreno. Un malavitoso, "Bacarozzo" (Nazareno Bomba), è appena uscito di carcere e si incontra con "Samurai" in un bar… vorrebbe tornare nel giro… il boss rifiuta… quando "Bacarozzo" attraversa la strada un'auto lo travolge. Malgradi, dopo un dibattito in parlamento, va in un hotel e insieme a Sabrina consuma droga e sesso con una ragazza minorenne, che muore di overdose. Sabrina chiama un amico del clan degli zingari ("Spadino") e insieme fanno sparire il cadavere in un lago artificiale. "Spadino" ricatta Malgradi, che chiede a un collega di partito di far spaventare il ragazzo. "Numero 8" aspetta "Spadino" fuori da un night club e dopo una breve colluttazione lo pugnala alla gola, uccidendolo. Sebastiano, organizzatore di eventi sessuali per la "Roma bene", s'incontra col padre in un bar sul lungotevere… non si capiscono e il padre si suicida gettandosi da Ponte Vittorio (aveva contratto debiti con gli zingari). Sebastiano è ricattato da Manfredi (padre di "Spadino") e fa il nome dell'uccisore del figlio. "Numero 8" viene aggredito e ferito in un supermercato dagli zingari, la sua ragazza riesce a salvarlo, poi uccide due esponenti del clan. "Samurai" si incontra con un cardinale… discutono del progetto Waterfront (che dovrebbe trasformare il litorale di Ostia in una piccola Las Vegas), al quale sono interessate anche famiglie mafiose del Sud. Manfredi rapisce il figlio di Malgradi e in cambio della sua vita chiede di entrare nell'affare Waterfront. "Samurai" e Malgradi, che in gioventù hanno avuto trascorsi politici comuni (di destra), decidono di dare una lezione a "Numero 8"… deve consegnare Viola agli zingari e rifiutare la parte di guadagno che avrebbe dovuto avere nella vicenda Waterfront. "Numero 8" non ci sta, il giorno dopo "Samurai" e un sicario lo ammazzano. Viola riesce a fuggire. In parlamento la legge che riguarda la speculazione edilizia di Ostia viene fatta passare. Il figlio di Malgradi è restituito al padre. Manfredi si rifiuta di consegnare a Sebastiano le chiavi della villa che gli aveva sequestrato (come risarcimento dei debiti del padre)… Sebastiano lo picchia con un estintore e lo fa sbranare dai suoi cani. Mentre i politici del partito di Malgradi festeggiano l'approvazione della legge - e quindi il via libera alla demolizione di Ostia - arriva un messaggio nel quale si comunica la caduta del governo. La magistratura apre un'inchiesta su Malgradi e la morte della prostituta… l'onorevole si fa largo tra la folla davanti a Palazzo Chigi e rincorre la macchina del presidente dimissionario per invocare una nuova elezione. Il film si chiude su "Samurai" che fa visita alla vecchia madre ammalata (in un appartamento modesto)… Viola lo aspetta in strada e crivella di colpi il boss (che muore sotto una forte pioggia).
Suburra (dal nome di un quartiere dell'antica Roma) è in linea con quanto Sollima ha fatto con ACAB (2012) e le serie televisive Romanzo criminale (2008-2010) e Gomorra (2014)… cioè una tipica narrazione a blocchi che appoggia le chiacchiere della sceneggiatura (Carlo Bonini, Giancarlo De Cataldo, Stefano Rulli e Sandro Petraglia) alle facce cupe degli attori. Le inquadrature di Sollima ricercano l'effetto visivo che tanto piace alle famiglie italiane educate a guardare le saghe americane dopo sfilate di moda per cani, chef che fanno la rivoluzione con le pentole, X Factor che promuove scemi canterini, salotti con "ospiti" di varia disumanità… e dentro una storia patetica (esposta nella doppiezza politica solita agli intellettuali italiani), spostata sull'eccezione senza mai intaccare la regola del sistema (che è l'apoteosi della connivenza fra potere politico e potere criminale)… il buon Sollima costruisce un western urbano abbastanza solido da non annoiare quanto basta.
Il direttore della fotografia (Paolo Carnera) oscura Roma nella pioggia e rabbuia le facce imbalsamate degli attori, li rende quasi interessanti… certo Claudio Amendola che fa Jean Gabin fa un po' tenerezza… non ha lo spessore autoriale che gli è stato assegnato. Pierfrancesco Favino ha la parte più facile… quella del politico corrotto e drogato… è bastato guardare una carrellata di deputati e senatori che sfilano nel "transatlantico" per ricopiare alla meglio il ruolo… troppo serioso per essere anche vero. Giulia Elettra Gorietti sembra uscita da una boutique di via Condotti e fa la puttana senza un filo di grazia. Elio Germano poi sfocia nel ridicolo… non ha la chiave interpretativa del ruffiano, né del cattivo, né tantomeno dell'assassino… del resto non gli è riuscito bene neanche il gobbo della poesia universale (Il giovane favoloso, 2014, di Mario Martone). L'attorialità di Alessandro Borghi, Greta Scarano, Giacomo Ferrara e Adamo Dionisi… è manierata ma non disdicevole… il montaggio (Patrizio Marone) chiude un compitino filmico di una qualche gradevolezza estetica.
Suburra si richiama a personaggi che hanno popolato e popolano la politica italiana incrociata con il sottomondo della coercizione… tuttavia quello che deborda dallo schermo è una specie di fumetto… i comportamenti, i caratteri, le affermazioni degli interpreti principali sono abbastanza semplificati, una sorta di circo istituzionale dove politici e assassini giocano a rincorrersi come dei clown ed escono dalla pista negli applausi. Sollima sorvola molto sulla parte che riguarda la politica, si sofferma invece sulle figure banditesche che la politica foraggia per proteggere loschi interessi e, se occorre, omicidi illustri. Qui tutti sono al soldo di tutti e tutti sono affetti dalla ricerca del potere e del crimine in piena gloria.
Il film di Sollima tuttavia non è poi così cattivo con le cosche di partiti, né con l'illegalità che galleggia nei palazzi che contano… li corteggia entrambi… non c'è disprezzo né per gli uni né per gli altri… semmai c'è una certa propensione alla salvezza dell'ordine che si adatta a tutti e a nessuno. In Suburra l'eroe è lo Stato, che per assenza vince sempre (non si vedono né poliziotti né magistrati, né sovversivi né innocenti credibili)… morto un primo ministro se ne fa un altro, non meno stupido (o furbo) dell'altro… continuano favori, sottomissioni, spartizioni, che danno ai bravacci dei partiti l'opportunità di assoggettare ai loro disegni criminogeni un intero paese. Darei tutte le parole del mondo per un attimo di autentica libertà e per vedere impiccati ai cancelli dei giardini nell'ora del tè i responsabili di una vita quotidiana inumana.
La partitocrazia fa cantare la libertà sul filo della mannaia… l'armatura insanguinata delle banche, dei partiti, delle chiese, dei mercati (e la clemenza delle rivolte generazionali) assicura il profitto ai misfatti dei dominatori. L'umanesimo consumerista ha sostituito i canti delle insurrezioni popolari, favorito i lacchè dei governi e il disonore degli schiavi incapaci di ostacolare la giustizia dei burocrati, dei ladri, degli affaristi, dei saprofiti… liquidare una dittatura (con tutti gli strumenti necessari) non è cancellare un simulacro, ma eliminare una dottrina.
Va detto. Il ricorso alle guerre, alle repressioni, alla macellazione di popoli inermi maschera la "buona coscienza" degli assassini… anche i terrorismi sono parte dell'allevamento integralista dei poteri in armi e dietro ogni mitra o bombardamento a tappeto c'è un bel vestito Armani, un grande televisore HD o un'automobile con tutti i comfort necessari per la famiglia. In un filmato dell'Isis diffuso online, un giovane dice di combattere gli "infedeli" fino a farsi saltare in aria e avere come premio (alza il dito verso il cielo): «Il paradiso e settanta vergini». L'imbecillità non ha confini. Impera sovrana su tutte le intolleranze.
La disumanità del passato si riflette sulla disumanità del presente, che la società della paura coltiva nella delinquenza… non si tratta di far saltare in aria statue, torri, monumenti o falcidiare persone innocenti… occorre che i popoli mettano fine all'impostura che li governa… l'indignazione delle genti deve innalzarsi contro le mafie della guerra e destituire la partitocrazia dell'inganno. I criminali albergano nei parlamenti, ai tavoli dell'Onu, nelle grandi assise dei capi di stato, nelle chiese monoteiste… e chiamano "difesa della democrazia" la legittimità a uccidere e "diritto a uno stile di vita" la procedura che giustifica il genocidio… vanno processati per crimini contro l'umanità.

Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 30 volte novembre 2015

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