La saggezza dei
nostri vecchi ammoniva a non considerare oro tutto quel che riluce, e questo
vale anche per la scelta dell’attuale capo della Chiesa cattolica, considerata
sia nelle sue eventuali finalità strategiche sia riguardo alla persona chiamata
a sostituire Ratzinger. A prescindere dal fatto che le masse cattoliche
avrebbero osannato chiunque fosse stato eletto al pontificato, si deve riconoscere
che formalmente l’Arcivescovo di Buenos Aires si presenta bene e certo meglio
di tanti suoi colleghi italiani:
stile di vita più che spartano, consolidata fama di “Vescovo dei poveri”, modi semplici e accattivanti, affabilità, spiragli di apertura alla mai realizzata collegialità episcopale, suggestione indotta dal nome da lui assunto, provenienza geografica dal Sud del mondo ecc. ecc.
stile di vita più che spartano, consolidata fama di “Vescovo dei poveri”, modi semplici e accattivanti, affabilità, spiragli di apertura alla mai realizzata collegialità episcopale, suggestione indotta dal nome da lui assunto, provenienza geografica dal Sud del mondo ecc. ecc.
Quest’ultima
caratteristica può sembrare la più frivola, quanto meno per il modo in cui la
presentano e la condiscono i mass-media nostrani. In questo senso ha ragione
Luis Spúlveda che in un commento a caldo comparso nella rete web ha ironizzato
sull’entusiasmo immotivato per il fatto di essere di lingua castigliana il
nuovo Papa, come se ciò bastasse a far sì che il dimenticato messaggio di
giustizia del Nazareno si imponga su tutte le bocche della terra. Tuttavia,
come diremo meglio appresso, la provenienza del nuovo Papa rivela una valenza
maggiore e diversa da quella su cui tanti giornalisti e tuttologi si stanno “parlando
addosso”.
Una scelta che probabilmente è una non-svolta
I mass-media
nostrani presentano la scelta in favore del cardinale Bergoglio come una svolta
rispetto al pontificato del suo predecessore. Anche qui non possiamo essere
d’accordo, perlomeno alla luce della posizione fino ad ora assunta dal
personaggio all’interno della Chiesa cattolica. Bergoglio infatti gode di una
solida, provata e consolidata fama di conservatorismo (e in certi casi anche di
machismo) e di ostilità verso le
innovazioni ecclesiastiche, quand’anche necessarie. Atteggiamento portato
avanti con zelo notevole, tanto che riguardo alla sua incrollabile opposizione
alle nozze gay l’attuale presidentessa dell’Argentina, Cristina Kirchner, ebbe
modo di accusarlo di furori inquisitoriali. Tuttavia, poiché la polemica
politica spesso e volentieri testimonia solo se stessa, è certo che la
valutazione su questo Papa deve incentrarsi soprattutto sul suo comportamento
attuale e futuro.
Dicevamo della sua
origine latinoamericana: essa va considerata ben al di là delle citate
frivolezze mondane. Innanzi tutto l’esistenza per la terza volta consecutiva di
un papa non italiano riflette l’avvenuto cambiamento nell’assetto geografico (e
strategico) della Chiesa cattolica: cioè a dire, la secolarizzata Europa ha
perso importanza e una sua nuova evangelizzazione richiederebbe una Chiesa ben
diversa dall’attuale. Oggi il vero “bacino di utenza” del Vaticano è l’Africa -
dove il Cattolicesimo ha una certa espansione, ma è tampinato da un Islam, non
necessariamente jihadista, del pari in crescita - e l’America latina, dove è di
gran lunga maggioritario, seppure insidiato da presso dalle sette protestanti
di origine statunitense. Sotto questo profilo aver scelto Bergoglio è un chiaro
segnale e, immutata restando la situazione, in teoria ad essa potrebbe seguire
(ovviamente non in tempi brevi) anche l’elezione di un papa di origine
africana.
L’esito del recente
Conclave indica che il rafforzamento del Cattolicesimo in America latina è per
le alte gerarchie un progetto geostrategico al cui vertice Bergoglio dovrà
svolgere il ruolo di punta. Non è detto, però, che tale progetto non contenga
qualcosa di più, qualcosa di meno spirituale, con maggiore spessore temporale e
comunque funzionale al risultato ultimo. Riflettiamo sul fatto che nell’attuale
fase storica in vari paesi latinoamericani si sono realizzate significative
svolte sul piano politico, a seguito delle quali – vale a dire mediante
l’avvento di governi più progressisti in zone nevralgiche – le terre americane
di lingua castigliana e portoghese sono di gran lunga meno “cortile di casa”
degli Stati Uniti rispetto a poco tempo fa. Che questi governi non piacciano
alla gran parte delle gerarchie ecclesiastiche è notorio; e in Argentina i
palesi cattivi rapporti fra la Presidenza e Bergoglio ne forniscono una
conferma specifica.
Bergoglio, a un
certo punto della sua attività, si è notoriamente posto come paladino dei
poveri. Esiste tuttavia una grande differenza fra la sua prassi e quella dei
militanti della Teologia della Liberazione contro cui Wojtyla e Ratzinger si
sono accaniti con successo: il pauperismo di Bergoglio è rivolto a poveri che
tali restano, a prescindere delle contingenti azioni di carità svolte nei loro
confronti; ed è meglio che tali restino, perché una diversa azione “pastorale”
– volta a far prendere coscienza dell’essere titolari di diritti sociali e
politici – potrebbe far sorgere velleità di riscatto non conformi a un “ordine
costituito” che le gerarchie della Chiesa cattolica non hanno mai davvero messo
in discussione (non a caso si dice che essa a parole è con i poveri, ma nei
fatti è con i ricchi e con chi abbia il potere). Sepúlveda nel citato
intervento ha “malignamente” notato che Bergoglio (da lui definito, fra
l’ironico e lo spregiativo, “Pancho I”) si convertì in paladino dei poveri solo
dopo che il presidente Kirchner abrogò le norme sulla “obbedienza dovuta” che
avevano assicurato l’impunità ai criminali della dittatura.
Non è quindi azzardato pensare che con Bergoglio si esprima un
subprogetto (certo meno ampio di quello che perseguì Wojtyla) finalizzato a
ostacolare e contrastare i governi progressisti di cui sopra, mobilitando
contro di essi masse cattoliche per una “normalizzazione” dell’area. Con questo
Pontefice i governi di Cuba, Bolivia, Ecuador, Venezuela, Argentina, Brasile e
Nicaragua si dovranno confrontare, e non è detto che ciò accadrà nelle
condizioni per essi migliori. Si palesa cioè una continuità assoluta fra questo
pontificato e i due precedenti, da Sepùlveda sintetizzata con la frase «il
consiglio generale degli azionisti del Vaticano & C. ha lasciato tutto
com’era».
Al riguardo potrebbe dire qualcosa il contrasto evidente fra le
congratulazioni di circostanza (un po’ freddine e ipocrite) di Cristina Kirchner
e la calorosità con cui Obama ha salutato l’elezione del nuovo Papa.
La posizione conservatrice di Bergoglio effettivamente porta a ritenere
che nulla muterà in settori delicati della vita contemporanea e in cui le
gerarchie cattoliche in certi paesi continuano a esercitare un’invadente
influenza condizionatrice e paralizzante. E con questo arriviamo alla massa di
problemi irrisolti che gravano sul Cattolicesimo.
La Chiesa cattolica è
potente, ma non sta molto bene in salute e i mali sono tanti
Vista da un non cattolico l’apparenza della Chiesa di Roma non rivela
tanto un grande organismo spirituale quanto e soprattutto una potenza economica
e politica ancora dominante su masse certo non caratterizzate per l’esercizio
autonomo del pensiero, sia pure all’interno di una dimensione religiosa.
L’appoggio di conformisti e persone in buona fede ne fa in certi paesi una
controparte non eludibile. Tuttavia sotto vari aspetti questa Chiesa presenta
notevoli sacche critiche.
Quanto ci accingiamo a dire non ha nulla a che vedere con una
cosiddetta modernizzazione del Cattolicesimo, non discostandoci – personalmente
– dalla lectio del grande studioso e
pensatore francese Henry Corbin circa le conseguenze negative del conformarsi
della spiritualità di una religione ai processi di storicizzazione che si
sviluppano in ambito temporale. Nel caso del Cattolicesimo ci troviamo innanzi
tutto di fronte alla maggiore Chiesa, della galassia cosiddetta cristiana, che
dopo aver perso tutte le sue accanite battaglie contro lo sviluppo
socio-politico e scientifico-culturale dell’Occidente, continua nella pretesa
di imporre i propri categorici punti di vista in ambiti che nulla hanno di
spirituale ma incidono sulla vita delle persone.
Le aperture fatte presagire dal Concilio Vaticano II sono rimaste un
ricordo irrealizzato del passato. Di modo che lo iato netto e profondo
costituitosi fra gerarchia ecclesiastica e buona parte degli stessi fedeli
cattolici in materia di etica sessuale, di bioetica e di morte assistita (con
notevoli ricadute negative al di fuori del mondo cattolico), si affianca alla
più assoluta cecità pastorale di fronte alla ricostituzione di nuclei
famigliari da parte di divorziati, all’aspirazione femminile per l’accesso al
sacerdozio, alle conseguenze esistenziali (e spesso obbligatoriamente
peccaminose) del celibato obbligatorio per i preti. Si ha quindi un distacco
etico e culturale sulla cui esizialità è superfluo spendere parole.
Se a questo aggiungiamo l’estrema mondanizzazione delle gerarchie e di
parte del clero, una Curia che Gesù avrebbe preso a frustate, gli scandali per
le ricorrenti pratiche pedofile e per i maldestri (e costosi) tentativi di
copertura dall’alto, gli intrallazzi della finanza vaticana e dei comparti
sanitari nelle mani del clero, non c’è da stupirsi se in Occidente la
combinazione con l’effetto-secolarizzazione si risolva nel notorio crollo
verticale delle “vocazioni” sacerdotali.
Per quanto il quadro d’insieme dianzi sintetizzato possa farlo apparire
secondario, esiste anche il problema del cosiddetto ecumenismo, cioè del
dialogo-confronto col mondo non cattolico e non cristiano. Dialogo in fase di
stallo (impregiudicato restando se sia mai decollato veramente) almeno dai
tempi di Wojtyla. Al riguardo solo alcune considerazioni. Mettendo da parte le
obiettive difficoltà poste dall’Islamismo, non vi è dubbio che fino quando la
Chiesa di Roma non rinuncerà alle sue pretese egemonizzanti – che si esprimono
nell’impossibile obiettivo del “rientro” dei non-cattolici nella Chiesa cattolica
– e non punterà invece a realizzare un’intesa spirituale con le proprie
controparti (e questo vale anche verso i non-cristiani) tutto si risolverà in
un vuoto teatrino d’ombre. Ma effettuare la necessaria svolta implica un
coraggio teologico non espresso da nessun papa contemporaneo, con la potenziale
eccezione (forse) di Giovanni Paolo I.
Il problema che si pone a questo punto, grosso come un enorme macigno,
è se Bergoglio abbia la preparazione e soprattutto la disposizione mentale per
accingersi alla soluzione di tutti i problemi in campo e alla necessaria opera
di pulizia che in certi settori è del tutto indispensabile. Non rassicurano né
il radicato conservatorismo del nuovo Papa, né il fatto di avere 76 anni e
disporre di un solo polmone. Comunque per un primo segnale si dovrà aspettare
di conoscere quali saranno i suoi collaboratori di Curia. Ma non c’è molto da
sperare. La Storia non conosce soverchi episodi di autoriforma di un grande
organismo di potere, né va escluso – in caso di eventuale miracolosa svolta di
Bergoglio – l’incombere su di lui del fantasma di Giovanni Paolo I, di cui
potrebbe fare la stessa fine.
Le pesanti ombre morali nel passato di Bergoglio
L’incidenza del
passato di una persona, per quanto possa essere o relativizzata o del tutto
superata dai fatti attuali e futuri, sussiste sempre e pesa. E nel passato di
Jorge Mario Bergoglio le ombre non mancano. Luis Sepúlveda nel citato
intervento ha subito riproposto l’accusa a Bergoglio (mai occultata in
Argentina) non solo di non aver mai condannato quella macelleria sudamericana
che fu la dittatura di Jorge Videla & C. in Argentina, ricordando che fu
proprio lui il confessore di Videla e proprio lui gli dava l’Eucaristia. Ma non
basta: su Bergoglio gravano anche pesantissimi sospetti per aver abbandonato
nelle mani dei militari due suoi confratelli gesuiti - Orlando Yorio e
Francisco Jalics – realmente impegnati nella lotta per i poveri nel senso della
Teologia della Liberazione.
Quale Provinciale
dei Gesuiti, togliendo a questi due preti la licenza ecclesiastica, li lasciò
indifesi alla mercé degli apparati repressivi del regime, che infatti li
arrestarono e li torturarono nel 1976 durante una detenzione di 5 mesi. La
stessa accusa è presente innanzi tutto nel libro di Emilio
Mignone Iglesia y dictadura. El papel de la iglesia a la luz de
sus relaciones con el régimen militar del 1986 e fu poi ripresa dal
giornalista Horacio Verbitsky nel 2006 col libro El silencio e di recente sulle pagine del quotidiano Página12.
Yorio nel frattempo
è morto, ma Jalics è ancora vivo e risiede in Germania. In un libro del 1995, Ejercicios de meditación, ha raccontato
la sua vicenda in termini assai negativi per il futuro papa. Cioè, dopo aver
ricordato che l’opera pastorale svolta nei quartieri emarginati da lui e Yorio
era stata accusata di appoggio alla guerriglia e di terrorismo, ha sostenuto di
essersi recato, per chiarire le cose, da Bergoglio che avrebbe dato
assicurazioni su un suo intervento presso i militari al fine di rassicurarli
sulla mancanza di risvolti sovversivi nell’azione dei due gesuiti. Invece,
riferisce sempre Jalics, da testimonianze e documenti avrebbe appurato che
proprio Bergoglio li aveva denunciati ai militari come sovversivi. Cosa
comunicata nel 1977 da Yorio in una lettera all’Assistente Generale della
Compagnia di Gesù.
Dal canto suo l’associazione
Madres de Plaza de Mayo ha sempre
rivolto a Bergoglio pesanti accuse di connivenza col regime di Videla tanto da
definire “spazzatura” (basura) lui e
altri collaboratori del regime militare.
Il nostro
cardinale, inoltre, era stato chiamato a testimoniare innanzi alla magistratura
su quanto saputo in merito al traffico di neonati di desaparecidas organizzato dalla dittatura. Estela de Carlotto
(famosa esponente della lotta per la verità sui crimini del regime di Videla)
finora ha atteso invano l’autocritica di Bergoglio per il suo comportamento
durante la dittatura: essa non è venuta con il libro del 2010 El jesuita, conversaciones con el cardenal
Jorge Bergoglio, in cui il prelato ha così sintetizzato la sua posizione
dell’epoca: «Se non parlai al momento fu per non fare il gioco di nessuno, non
perché avessi qualcosa da nascondere. (...) Feci quel che potei con l’età che
avevo e le poche relazioni su cui contavo per intervenire in favore delle
persone sequestrate (Si no hablé en su
momento fue para no hacerle el juego a nadie, no porque tuviese algo que
ocultar. (…) Hice lo que pude con la edad que tenía y las pocas
relaciones con las que contaba para abogar por personas secuestradas)».
Fondati o no che siano le diffidenze nascenti dal suo conservatorismi e
i sospetti e le accuse per il suo passato, Bergoglio andrà certamente valutato
per quello che effettivamente farà. Se farà male, nessuna sorpresa; se farà
bene, meglio per lui, per la sua coscienza e per la sua Chiesa. Staremo a
vedere. Resta comunque intatto il “sospetto” da parte di non-cattolici e atei –
sia pure diversamente motivato – circa la totale estraneità dello Spirito Santo
alle elezioni papali.
Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com