UR non la vedo come entità riconosciuta sulla scena politica e culturale, e quindi devo per il momento far finta quasi che non ci sia, per non illudermi che in fondo qualcosa tutto sommato continui ad esistere sul versante rivoluzionario. Purtroppo, però, non vedo neanche l'altro processo, quello della radicalizzazione giovanile, della sua trasformazione in lava dirompente libertaria e antistituzionale.
Lettera di Antonio Saccoccio
a Roberto Massari (07/02/2013)
tante, forse troppe cose da dirti in merito alle
ultime che ho letto.
Innanzitutto mi dispiace per la questione
dell’Antiparlamento. Ho comprato il Manifesto l’altro sabato, e l’appello era
ben visibile, a colori. Chi non ha risposto non è certo perché non l’ha visto,
ma perché non ha voluto rispondere. Qui il discorso si allarga subito e diventa
quello sostanziale: chi avrebbe dovuto rispondere? Sbagliamo noi? Sbagliano gli
altri? Sbagliamo tutti?
Ebbene, io non credo che noi sbagliamo nella
sostanza, ma forse credo che sbagliamo nella ricerca dei possibili alleati. E -
bada bene - questo è un discorso che non coinvolge solo Utopia Rossa, perché io
ho messo in piedi da diversi anni un movimento di idee e azioni e allo stesso
modo non sono mai riuscito a superare la soglia di 10-15 membri aderenti e
partecipanti (non parlo di simpatizzanti che non fanno nulla, perché quelli non
si spendono e non ci fanno crescere). E non puoi immaginare le crisi, perché
anche noi crediamo di avere ragione e che è paradossale che la gente continui a
fare ciò che fa: dal consumismo idiota al massacro del lavoro e della scuola,
all’industria artistico-culturale, al rincoglionimento mediatico, etc. Eppure
quando andiamo in giro, tante pacche sulla spalla, “bravi bravi” e poi
arrivederci, restiamo sempre noi a lavorarci sopra a queste idee. Allora, credo
che ci sia qualcosa che ci sfugge. Provo a mettere in comune con te le mie
riflessioni.
Devo dire che quanto ho
pensato in questi anni in merito si avvicina a quanto arriva a dire Antonella
nel suo intervento. Siamo sicuri che ci stiamo dirigendo a chi può e vuole
capirci? Siamo sicuri che la generazione che anch’io ritengo più preparata
politicamente e culturalmente (e che di certo non è quella dei ventenni di
oggi) sia quella a cui rivolgersi sempre? O non sono piuttosto da coinvolgere
proprio quei giovani che sentono un’istintiva estraneità alla palude
partitocratica contemporanea? Sì, i giovani non sono forse in grado di
comprendere pienamente, ma “sentono” ancora più degli adulti, che come ho tante
volte scritto sono ormai “adulterati”, corrotti e immiseriti dalla vita. Non
sono nati sempre dai giovani gli impulsi ribelli? Non avevi 20 anni tu quando
ti coinvolgevi nel Sessantotto?
Non tutti, anzi pochissimi
davvero, ancora alla mia età (38) si sentono di essere ribelli e/o
rivoluzionari. Io ti ho conosciuto, vi ho conosciuto, e all’incontro di due
mesi fa a Ciampino sono stato bene, ho parlato bene, ho sentito uno spirito di
condivisione, di costruzione e di confronto. La cosa che mi rende un po’
distante da voi è che io sono abituato a confrontarmi con persone che non si riferiscono
sempre alle categorie politiche tradizionali per comprendere il mondo. Io credo
che per confrontarsi con i giovani occorra comprendere il mondo dei giovani. E
il loro mondo non è ideologizzato come quello di chi ha fatto il Sessantotto (o
la Resistenza). Con tutti i pro e i contro. Vivono nella liquidità. E non è
retorica, è la realtà. Sentono, più che ragionano. E io credo che unendo chi
ragiona a chi sente si possa giungere ad un’unità di intenti notevole. Ti parlo
così perché sono forse di una generazione di passaggio che intende le ragioni
degli uni e degli altri.
Certo, è necessario
volerla questa unità. Ho contattato due settimane fa un mio amico anarchico di
Catania, ero da un bel po’ in contatto con lui e il suo gruppo che ha occupato
il teatro Coppola a Catania, gli ho inviato un messaggio illustrandogli il
progetto dell’Antiparlamento e i link al pezzo di Michele sul blog di Utopia
Rossa. Prima nessuna risposta per una settimana, poi risposta negativa. Per gli
anarchici questa dell’antiparlamento non è un’idea interessante, è vista come
una cosa burocratica. A questo punto, mi chiedo, cosa succede?
Probabilmente la risposta
me l’hai data tu con la mail dell’anarchico romano che hai ricevuto: strategia
contro tattica. Ma questo lo trovo delirante e avvilente. E mi dispiace perché
mi sento profondamente anarco-libertario dentro, ma io sono per l’anarchia nel
senso puro di an-arché, e sono il più
possibile lontano da tutti quei settarismi che si ritrovano tra le varie
sottocategorie di anarchici, rossi, rossoverdi, rossoneri, etc. Non sto dicendo
che queste differenze siano poco importanti, ma che non si può coltivare solo
la differenza e negare ogni volta la possibilità di sinergia e convergenza. Se
sto qui a parlare con voi è perché non voglio difendere la preziosità del mio
pensiero, ma voglio vedere se c’è qualcuno con cui convergere su qualche punto,
uno, due, dieci, venti.
Intanto c’è
l’Antiparlamento, e non è poco! E l’astensionismo convinto! Parlavi
recentemente di Grillo, e giustamente. Cos’ha più di noi? La folla. Il
coinvolgimento della folla. Oltre a essere famoso e sfruttare la visibilità
spettacolare che ha avuto (non con il web, come sostiene furbescamente, ma con
gli old media), lui sfrutta il fatto che sta vicino al sentire della gente. È
populistico, certamente, ma non sto dicendo di fare come lui, ma di stare
attenti a non allontanarsi troppo dalla sensibilità collettiva.
Io ho sintetizzato una
visione del mondo nel mio pezzo “Perché non voto”, ci stanno dentro tutte le
avanguardie del Novecento, quasi tutti di certo non capiscono i tanti
riferimenti, ma spero possano capire il succo. E forse qui mi illudo ancora.
Perché se Grillo urla la prima banalità stanno tutti lì ad adorarlo. Credo che
dovremmo interrogarci su questo. I tentacoli della società spettacolare tendono
ad assimilare tutto voracemente. Forse occorre anche essere più estremi nel
linguaggio. Usare un linguaggio più di rottura. E qui le avanguardie ci
aiutano. Anche se le avanguardie sono un avvertimento, non possono contare
immediatamente sul sostegno dei più.
Ritengo comunque che la
pulsione vitalistica e ribelle dei giovani debba coniugarsi con l’esperienza e
la capacità teorica dei più adulti: bisogna stare attenti a non creare
devastanti fratture generazionali. Banalmente: il Sessantotto non l’ha fatto
l’ideologico e già consacrato Sanguineti, l’ha fatto il ventenne ribelle
Massari. Poi, oggi, ogni dieci anni c’è
un salto generazionale. In Avanguardia 21,
come in Net. Futurismo, le mie, anzi
nostre creature (perché da soli non si fa nulla), ci sono ragazzi che sentono
di volere un mondo più autentico, studiano, creano, si battono per un mondo
diverso. E questi ragazzi stanno accanto a persone che hanno 40-50 anni, che
sono rimasti con quell’illusione, quell’utopia che qualcosa possa cambiare in
meglio. E stanno tutti insieme.
Questo ho provato a fare.
Forse tutto è velleitario, però io credo che se si riuscisse a rendere più
estremi, più radicali e sostanziali le proteste tipo Anonymous, tipo Indignados,
si potrebbe davvero fare la rivoluzione, tornare a essere avanguardia o fare un
nuovo Sessantotto. Ma purtroppo quelle restano rivolte tipicamente postmoderne,
innocue, assimilate rapidamente dalla società spettacolare. Il giorno dopo la
rivolta, si vende la maschera di Anonymous come fosse una maschera di carnevale
per bimbi. Questo purtroppo accade perché chi dovrebbe “guidare” queste
ribellioni si rinchiude nella difesa della propria purezza intellettuale. E
torniamo all’anarchico di prima. E forse ci sto dentro pure io. Pure noi.
Roberto, tu ci metti
l’anima da decenni, ho letto la tua storia, il tuo libro sul Sessantotto, se
hai ancora la forza e la volontà e lo spirito per continuare a crederci, io mi
sento meglio, perché meno solo. Bisogna continuare a crederci e anche pensare a
come arrivare a qualche risultato in più. Già con le edizioni hai fatto tanto,
come vedi anche noi abbiamo intrapreso quella strada editoriale, perché almeno
lasciamo qualche segno tangibile pronto a fruttare in futuro (speriamo non troppo
lontano).
Queste mie sono solo
considerazioni, i miei dubbi, come vedi le soluzioni sono ancora da trovare.
E ora ti mando un caro
saluto, spero di non aver scritto troppo. Ma avevo gli arretrati!
Antonio
Risposta di Roberto
Massari (08/02/2013)
Caro
Antonio,
ti
ringrazio per la tua bella lettera. Non me la "dovevi" visto che
stiamo in una fase di conoscenza e di avvicinamento (ideale? ideologico?
idealistico?) [...]. A tutti noi può far solo bene leggere le critiche
assolutamente positive e costruttive a Utopia Rossa che tu esprimi. Ma sono poi
critiche? A me sembra di condividere al cento per cento ciò che tu dici,
soprattutto sulla necessità di aggiornare il linguaggio (nel senso di renderlo
dirompente e non certo di correre dietro ai media della società dello
spettacolo) e soprattutto di non non perdere il rapporto con le nuove
generazioni (presumo che intendessi "il meglio delle nuove
generazioni" - non sono tutti, ma sono pur sempre milioni di ragazze e
ragazzi che si affacciano alla vita pubblica e che come primo atto
antistituzionale non voteranno o voteranno Grillo alle elezioni prossime). Il
problema è come riuscirci.
Ed
è problema perché un risultato del genere può derivare solo da un processo
bilaterale (a doppio binario). Io, avanguardia del passato incorrotta e
non-demoralizzata, vi trasmetto questo patrimonio e vi dico cosa ritengo sia
possibile fare. Tu, avanguardia dell'oggi, vieni a cercare qualcosa perché una
voce più o meno interna ti dice che la pura incazzatura non basta, così come
non basta la rivolta individuale, non-collettiva, puramente virtuale ecc. Sono
due processi che devono convergere.
Nel
'68 accadde. Le masse giovanili andarono all'incontro non degli intellettuali
ufficiali (fai bene a citare Sanguineti come espressione di un'intera casta,
quella dei "nuovi mandarini" chomskiani - la lista in Italia era
enorme), ma di quei ventenni-trentenni che reagivano fondamentalmente
all'autoritarismo nella scuola e all'istupidimento della società dei consumi.
Nelle figure di noi ventenni/trentenni sessantottini di allora si fondevano i
due processi. Poi arrivò il maoismo-marxismo-leninismo e distrusse tutto.
Oggi
non vedo il processo in fieri da nessuna delle due parti. Sì, se Utopia Rossa
fosse nota e con un seguito significativo, vedrei almeno un lato del binario.
Ma, ripeto, UR non la vedo come entità riconosciuta sulla scena politica e
culturale, e quindi devo per il momento far finta quasi che non ci sia, per non
illudermi che in fondo qualcosa tutto sommato continui ad esistere sul versante
rivoluzionario. Purtroppo, però, non vedo neanche l'altro processo, quello
della radicalizzazione giovanile, della sua trasformazione in lava dirompente
libertaria e antistituzionale.
Con
la campagna dell'Antiparlamento (che non finisce qui, la continueremo a
proporre nei decenni a venire, se sarà necessario - e mano a mano non solo in
Italia) speravo di poter intercettare una minima parte di questa gioventù, ma
così non è stato e probabilmente continuerà a non essere per vario tempo. Non
mi va di incolpare gli altri, ma nemmeno di tirare tutta la colpa su di noi. I
processi storici più di tanto non si possono forzare. E se in Italia non
esistono più avanguardie (in tutti i sensi, dal politico all'artistico, dal
sessuale al cinematografico) occorre prenderne atto. Che avrebbe fatto gente
come noi nell'Italia fascista del ‘39, mentre Hitler e Stalin si accordavano
per dividersi intanto l'Europa, poi, in prospettiva, il mondo? Dove stava il
movimento operaio italiano mentre ciò accadeva? che facevano le giovani
generazioni (alla Ingrao), se non accomodarsi all'interno delle istituzioni
fasciste? E chi si ricorda più di quell'isola di pensiero marxista
libertario rappresentata dal socialismo "liberale" di Rosselli, poi
incarnato in Giustizia e Libertà, nonché parte migliore del futuro Partito
d'Azione destinato a scomparire nel più totale nulla?
Ecco,
temo di aver solo appesantito la tua esauriente lettera, ma dal dialogo con un
compagno dal cuore rossoutopico come te e da una compagna come Elisabetta, mi
attendo per lo meno scintille. Se poi sarà un grande fuoco delle praterie,
tanto meglio.
A
quando la prossima pizza con birra artigianale?
Roberto