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mercoledì 5 settembre 2012

STRATEGIE ENERGETICHE DI EUROPA, RUSSIA E CINA, di Pier Francesco Zarcone

[In Italiano - In English]
ITALIANO
La dipendenza europea dai rifornimenti energetici dalla Russia è naturalmente un problema politico oltre che economico. È naturale che i maggiori paesi europei cerchino di realizzare alternative a questo stato di cose o almeno possibilità di diversificazione nei rifornimenti. Altrettanto naturale è che ciò porti a una competizione ancora una volta economica e politica. Poiché il conflitto energetico occuperà una notevole parte della politica internazionale di questo secolo, può essere utile cominciare a mettere a punto i termini della questione in un’area di immediato interesse.

A- I PROGETTI EUROPEI
Il Nabucco
  
Il Progetto Nabucco ha come oggetto un gasdotto che rifornisca l’Europa di gas del Caucaso non russo, dell’Asia Centrale e dell’Iraq senza passare per la rete russa. Inizierebbe dalle frontiere turco-georgiana e turco-iraqena, si collegherebbe con gli esistenti gasdotti caucasici (particolarmente il South Caucasus Pipeline, della British Petroleum, che inizia in Georgia; è detto anche Bte, dal suo percorso: Baku, Tbilisi, Erzurum). Era stato previsto un costo di 7.900 milioni di euro, e l’inizio della costruzione per il 2013. Per la realizzazione è stato costituito un consorzio di imprese di più paesi: la Bulgarian Energy Holding, la turca Botas, l’ungherese Fgsz, l’austriaca Omv, la tedesca Rwe e la rumena Transgaz.      
Si parla anche della costruzione di un ulteriore gasdotto, il Trans-Caspian Gas Pipeline che collegherebbe, attraverso il Caspio, il Turkmenistan e l’Azerbaigian.

Se i problemi e le difficoltà di realizzazione del Nabucco risultassero eccessivi, sarebbe allora il Trans-Caspian Gas Pipeline a diventare appetibile ai progetti europei: questo perché in ordine all’attuale rete di collegamento energetico fra Iran e Turkmenistan c’è l’insormontabile problema della mancanza di autonomia dell’Europa in politica estera rispetto agli Stati Uniti, e nella fattispecie c’è l’Iran. Il che vuole dire incorrere nello Iran and Lybia sanctions Act, del 1996, con cui gli Stati Uniti applicano sanzioni alle imprese che investano più di 40 milioni di dollari in campo energetico in Iran. Sulla strada del Nabucco, tuttavia, si pongono rilevanti problemi.

a) Il problema finanziario
Il progetto Nabucco deve superare innanzi tutto il problema del suo finanziamento, poiché i membri del consorzio da soli non ce la farebbero. Sono previsti fondi comunitari dell’Ue (attraverso l’European Investment Bank-Eib e l’European Bank for Reconstruction and Development-Ebrd), ma non è detto che poi questo si concretizzi davvero, giacché in questo caso le compagnie energetiche del Vicino Oriente, del Caucaso e dell’Asia Centrale che fornirebbero il gas al Nabucco non partecipano alla sua costruzione, al contrario di quel che per lo più avviene in casi del genere. In definitiva il progetto europeo non dispone di sicuri finanziamenti governativi, a differenza di quelli della russa Gazprom, che è un monopolio protezionista del governo russo.
In aggiunta c’è il fatto che le compagnie energetiche non facenti parti del consorzio Nabucco, ma che lo utilizzeranno in base alle condizioni poste dall’Ue, interverranno finanziariamente solo in seguito attraverso il pagamento dei diritti di utilizzazione.
Tuttavia in tempi di crisi economica anche l’intervento dell’Ue – che teoricamente dovrebbe coprire il 50% del costo - è diventato problematico e, sempre per via della crisi che ha portato alla riduzione dei consumi energetici in Europa, tra gli stessi membri del consorzio Nabucco serpeggia il dubbio sulla convenienza dell’operazione, tanto più essendo diventato ormai chiaro che il maggior peso sarà a carico di investimenti privati. Ciò vuole dire che il consorzio dovrebbe ricorrere a prestiti di banche internazionali disposte a concederli.    
b) Il problema di quale gas andrebbe al Nabucco
Al riguardo è ancora tutto in discussione. In teoria ci sarebbe il gas azerbaigiano: in teoria, perché esso è attualmente estratto dalle statunitensi Chevron e Exxon Mobile, e dalla francese Total, dalla norgevese Statoil, dalla British Petroleum, dalla turca Petroleum Overseas Company Ltd. Sul piano politico l’Azerbaigian comunque non crea problemi, anzi.
Ci sarebbe anche il Turkmenistan, le cui riserve di gas sono un quarto di quelle mondiali. In più questo paese ha una forte capacità di esportazione di energia – pur avendo riserve inferiori a quelle iraniane – poiché la sua economia è meno dipendente da tale risorsa. Il Turkmenistan ha una vasta clientela fra cui anche Cina, Russia e Iran (per le sue necessità interne). Il problema è se per il Turkmenistan rifornire l’Europa sia davvero una priorità o un affare in termini globali, giacché susciterebbe le razioni della Russia, ostile a Nabucco, e il Turkmenistan non se lo può permettere.
Ci sarebbe il Kazakistan, anch’esso con molti clienti, per cui rifornire il Nabucco gli interessa assai poco, a differenza dell’aumento della lucrosa domanda cinese, che potrebbe far raggiungere al paese il limite della sua capacità di esportazione. Dal  canto suo l’Uzbekistan sarebbe di scarso peso, giacché l’80% della sua produzione di gas va al suo consumo interno.
Migliore è invece la potenzialità di rifornimento dell’Iraq, ma in concreto gioca a sfavore la sua attuale instabilità interna causata dall’invasione statunitense.

I progetti Itgi (Interconnector Turkey-Greece-Italy) e Tap (Trans Adriatic Pipeline): ma sono una vera alternativa?
Per quanto il progetto Nabucco sia stato già avviato, non mancano in Europa i fautori di una sua radicale alternativa. Essa consisterebbe nel prolungamento fino all’Italia dell’esistente gasdotto turco-greco che prende gas dal Caucaso. Sarebbero però necessari adeguati ampliamenti della sua capacità di trasporto dalla Turchia.

L’altra ipotesi sarebbe il progetto Trans Adriatic Pipeline consistente nel far passare il predetto gasdotto turco-greco attraverso l’Albania fino all’Italia.

Assai meno praticabile appare il progetto White Stream, che arriverebbe in Europa partendo dall’Azerbaigian, passando per la Georgia, attraversando il Mar Nero e continuando poi per l’Albania. Sulle sue possibilità di successo pendono due spade di Damocle: l’alto costo necessario per il tratto subacqueo attraverso il Mar Nero, e l’incertezza su possibili futuri fornitori di gas.


Le alternative già esistenti ma dall’affidabilità aleatoria
Senza dover realizzare nuovi megaprogetti costruttivi e senza andare tanto lontano, ci si potrebbe rifornire dai produttori del Nordafrica e del Golfo Persico. Questi ultimi posseggono sicuramente il 42% delle riserve mondiali di gas e dal canto loro Algeria e Libia hanno riserve ancora non ben stimate. Il Portogallo per esempio non usa energia russa, ma si approvvigiona dall’Algeria. L’ostacolo a che l’Europa si rivolga massicciamente a questi produttori consiste nella loro instabilità politica interna e nel fatto che passare da una dipendenza russa a una islamica potrebbe non essere proprio un buon affare.
 
La Norvegia
Assai utile ai fini del rifornimento energetico appare la Norvegia, per via delle regioni dell’artico sulle cui riserve di gas ancora da scoprire si favoleggiano cose meravigliose. In questo caso si tratta di investire nelle tecnologie infrastrutturali necessarie a comprimere e trasportare il gas liquido locale. 

B- I PROGETTI RUSSI
In questa fase esponiamo solo i termini fondamentali della progettualità russa in materia di esportazione energetica, e in altro paragrafo parleremo della strategia generale russa.

Il North Stream


Si tratta di un progetto russo-tedesco per portare gas russo alla Germania attraverso il Mar Baltico, col vantaggio per Mosca e Berlino di non passare per i paesi dell’ex impero sovietico in Europa. Per Mosca ciò vuol dire ridurre la sua dipendenza da Bielorussia e Ucraina per l’invio del gas in  Europa e diventare – e in modo concreto - un partner privilegiato per la Germania. Inoltre questo gasdotto attribuisce a Mosca un maggior potere contrattuale circa i prezzi di vendita come quasi monopolista nella produzione-distribuzione del gas europeo e – perché no – un maggior peso politico sui paesi dell’Est Eeuropeo, anche a motivo del virtuale potere di aprire e chiudere i rubinetti energetici. Per finire, con il North Stream la presenza militare russa nel Baltico diventa di primaria importanza strategica, economica e militare.
Per Berlino il vantaggio sta nel fatto che, pur essendo presentato come paneuropeo questo progetto, in realtà la destinataria del gas russo è la Germania. Non si sa mai, come si suol dire. Infatti, se un domani la russa Gasprom dovesse avere difficoltà nell’aumentare la sua produzione per l’Europa (nel lungo periodo una caduta nella produzione di gas russo è presa in considerazione come abbastanza sicura) non vi è dubbio che allora essa farebbe la tara fra clienti più importanti e clienti meno importanti: in questo caso tra i primi ci sarebbe senz’altro la Germania, e fra i secondi i paesi dell’Est e, forse, qualche paese dell’Ue meno qualificato. Inoltre, mentre la Germania è la vera partner di questa operazione, sul Nabucco il suo ruolo è di minore incisività.      

Il South Stream

Si tratta di un progetto russo-italiano finalizzato a fare fronte alla probabile diminuzione della capacità produttiva russa, gestito dal consorzio South Stream Ag, sito in Svizzera. Vi partecipano – oltre alla Gazprom e all’Eni (30%) – ma con un ruolo secondario, la francese Edf Sa, l’austriaca Omv, la Bulgarian Energy Holding, la greca Desfa, l’ungherese Mfb e la serba Srbijagas. Per la Russia dovrebbe trattarsi del vero concorrente del Nabucco per il fatto che prenderebbe il gas dalle stesse regioni da cui dovrebbe prenderle il Nabucco, seguendo una rotta parallela a quest’ultimo e terminando anch’esso in Austria. Ne consegue che i due progetti non sono fra loro complementari, bensì avversari. Va poi tenuto presente che i lavori per il South Stream dovrebbero cominciare nel 2013 e dovrebbe iniziare a operare nel 2015, mentre l’operatività del Nabucco – se si farà davvero – è prevista per il 2017 (salvi ritardi). Quindi – se i tempi fossero rispettati – il South Stream arriverebbe per primo a stipulare contratti con i fornitori della materia prima, e il Nabucco realizzato potrebbe diventare la classica cattedrale nel deserto, con  il conseguente fallimento del suo consorzio e degli incauti ulteriori investitori.
Passando per il Mar Nero fino a Varna e lì biforcandosi – un ramo verso l’Austria e l’altro verso l’Italia Meridionale - il South Stream ha per la Russia il vantaggio di evitare il Caucaso e (altro pericolo per la dipendenza europea) il suo terminale di arrivo in Italia in prospettiva potrebbe essere collegato con il Nordafrica, con grande scorno di Francia e Usa. Inizialmente anche la Turchia era esclusa dal suo percorso, ma alla fine del 2011 ha raggiunto un accordo con i Russi per il passaggio del gasdotto nelle sue acque territoriali.
Da notare l’importanza che nel percorso del South Stream assume la Serbia, tradizionale alleata della Russia (gli accordi russo-serbi in ordine a questo progetto sono stati firmati dalla Serbia la settimana seguente alla autoproclamata indipendenza del Kóssovo). 
La strategia commerciale-politica della Russia è estremamente chiara: mantenere la propria posizione egemonica (o quasi) in Europa per il rifornimento di gas, e utilizzare le linee di distribuzione per legare a sé i paesi europei attraversati secondo la classica prospettiva del divide et impera nei territori dell’Ue, dando loro la prospettiva di diventare a loro volta gas hubs (praticamente terminali di partenza) per rifornire ulteriori paesi (come per esempio potrebbe essere un domani il caso dell’Austria), e rafforzando i legami politici con essi. La strategia europea di diversificazione presuppone, per il suo buon esito, una forte coesione istituzionale fra gli Stati, che evidentemente la Russia intende incrinare: e in questa direzione diventano strumentalmente essenziali gli appoggi di Germania e Italia.        
È chiaro che se il South Stream portasse all’insuccesso dal Nabucco – che oltretutto dipende in modo maggiore dai finanziamenti privati - la Gazprom avrebbe un grosso margine di manovra nella determinazione dei prezzi
A oriente della strategia russa c’è il mantenimento di favorevoli contratti di lunga durata con i fornitori di gas dell’Asia Centrale, in modo da poter poi praticare ai clienti europei prezzi ben più alti, in concreto vendendolo come gas russo. Questo economicamente e politicamente implica che la Russia incrementi la sua posizione in Asia.
Già nel 2007 la Russia ha concluso accordi regionali con Venezuela, Argentina e Bolivia per creare l’Opegasur (Organización de Países Productores y Expofrtadoresn de Gas del Sur) e ora punta a un cartello internazionale che unisca Russia, Iran, Libia (ma qui qualcosa è cambiata), Algeria, Qatar, Venezuela, Trinidad e Tobago. Non ne farebbero parte i paesi dell’Asia Centrale produttori di gas, i quali rimarrebbero nella classica posizione semicoloniale di fornitori di materie prime al più basso costo possibile. Riconquistare una posizione egemonica nell’area è necessario per Mosca non solo a tale fine, ma altresì in relazione alla futura caduta di produzione di gas russo, perché se non riesce a mettere le mani sul gas asiatico – stabilmente e ampiamente – allora addio sogni di gloria, per la Gazprom e per la Russia.
In questa prospettiva il conglobamento dell’Iran è importante, poiché in tal modo – approfittando della situazione di isolamento di quel paese che gli impedisce di concorrere con la Russia nella vendita di gas – la Gazprom si assocerebbe a un suo rivale virtuale nella fase in cui esso è (per così dire) bloccato, dividendo con esso il mercato: nel senso di cedere pacificamente all’Iran il mercato asiatico. Naturalmente previo lucroso aiuto all’Iran affinché adegui le proprie strutture e infrastrutture di produzione e distribuzione.

C- LA CINA
I problemi energetici della Cina
Lo sviluppo cinese ha un disperato bisogno di rifornimenti energetici. È cosa nota. Vediamo la situazione attuale e le prospettive. Attualmente in Cina il consumo di gas è pari al 10% di tutta l’energia utilizzata, ma il consumo di gas è raddoppiato negli ultimi 4 anni, passando da da 40 ad 80 miliardi di metri cubi all’anno, secondo la Statistical Review of World Energy.
Il problema energetico per tutte le grandi e medie potenze (Usa in testa) attiene strettamente alla sicurezza nazionale, e dove i governi sono autoritari è ovvio che le imprese energetiche nazionali siano strumenti di politica economica e di politica tout court per conseguire obiettivi strategici. Così, come in Russia la Gazprom è monopolista per il gas  sotto la protezione (e il controllo) dello Stato, così è in Cina – ma con un’intensità maggiore – per la Sinopec (China Petroleum and Chemical Corporation), la Cnooc (China National Overseas Oil Company) e la Pretrochina. Soprattutto in Cina questa dipendenza dallo Stato comporta che le politiche energetiche siano terreno di competizione fra fazioni della burocrazia cosiddetta “comunista” e i gruppi economici a esse collegati.
Negli ultimi tempi la Cina ha ricevuto una parte rilevante delle forniture energetiche dall’Iran e dall’Arabia Saudita. Ovviamente le imprese statunitensi nel Golfo Persico hanno posto alla Cina il problema della aleatorietà di siffatti rifornimenti, i quali in buona sostanza finiscono col dipendere  
da ciò che fanno gli Stati Uniti e dalle situazioni che creano. Poiché sono ben noti i sinistri intendimenti – politico-economici e militari - degli Usa nei confronti della Cina, aggirare la vulnerabilità dei rifornimenti cinesi in atto diventa un problema di primaria importanza.  Conseguentemente, la Cina sta incrementando i propri rapporti commerciali con Kazakistan, Uzbekistan, Australia, Sudan, Angola, Venezuela e Brasile. Ai primi di aprile sono diventati operativi gli accordi fra Cina e Uzbekistan per una fornitura annua di 10 miliardi di metri cubi di gas attraverso una pipeline che da Samandepe (sudest del Turkmenistan), si sviluppa per più di 7.000 chilometri attraverso Uzbekistan e Kazakistan fino a Lunnan, nella provincia cinese di Xinjiang.  
Per una vera integrazione energetica fra Cina e Russia non esistono problemi geografici di difficile soluzione tecnica; semmai finora c’è stato come ostacolo l’atteggiamento della Russia che vuole fare la parte del leone in Asia Centrale massimizzando i suoi profitti, e per questo è riottosa a entrare in una reale partnership con la Cina. Tuttavia c’è il fatto che Russia e Cina in politica estera sono abbastanza allineate dovendo fronteggiare entrambe la politica di dominio degli Stati Uniti, per cui è tutt’altro da escludere un domani la conclusione di accordi specifici russo-cinesi. Tali accordi, fra l’altro, materializzerebbero uno degli incubi di Washington. Intanto c’è da mettere in conto l’avvenuta attivazione, a gennaio del 2011, di un oleodotto russo che collega la città siberiana di Skovorodino con i terminali di Daqing, nel nordest della Cina.


Esso rientra nel più vasto piano energetico russo verso il Pacifico, denominato East Siberia to Pacific Pipeline Shipment Project che dovrebbe svilupparsi per 4.600 km.

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ENGLISH
ENERGETIC STRATEGIES OF EUROPE, RUSSIA AND CHINA                                                                             by Pier Francesco Zarcone 
(English translation by the Author) 

The European dependence from the Russian energetic restocking is naturally a political problem, and not only economic. Naturally the most greater European want to realize alternatives or at least possibility of diversification in the restocking. This situation causes a competition once more economic and politics. The energetic conflict will occupy a notable part of the international politics in this century, so that it could be useful to set up the terms of the matter in relation to an area of pour immediate interest.  
 
THE EUROPEAN PROJECTS 

The Nabucco project 
This project has as object a pipeline for supplying Europe of gas from the not Russian Caucasian  regions, Central Asia and Iraq without passing through the Russian net. Nabucco should begin from the Turkish-Georgian and the Turkish-Iraqi frontiers, in connection with the existing Caucasian pipelines (particularly the South Caucasus Pipeline - of the British Petroleum - that begins in Georgia and also called Bte because of its run: Baku, Tbilisi, Erzurum). The valued manufacturing cost of Nabucco is of 7.900 millions of Euros, and the construction should begin in 2013. For the realization a consortium of enterprises has been constituted, joining companies of several countries: the Bulgarian Energy Holding, the Turkish Botas, the Hungarian Fgsz, the Austrian Omv, the German Rwe and the Rumanian Transgaz.        
Actually someone is considering the possibility to construct of a further pipeline, the Trans-Caspian Gas Pipeline that would connect, through the Caspian, Turkmenistan and Azerbaigian.  
In case of enormous problems and difficulties of realization, the Trans-Caspian Gas Pipeline could become more desirable than the Nabucco one, to avoid any problem of connection with actual net between Iran and Turkmenistan. In fact there is the insurmountable problem of the dependence of Europe in foreign politics from the United States: Iran must be excluded in any case, also to avoid to incur in Iran and Libya Sanctions Act of 1996, concerning the United States’ sanctions to the enterprises that invest more than 40 million dollars in the energetic matters in Iran.
The Nabucco project meets nevertheless remarkable problems. 
a) The financial problem 
The first problem concerns the funds to realize the pipeline, because the consortium’s members do not have the financial capacity to complete the works. European Union’s funds were anticipated (through the European Investment Bank-Eib and the European Bank for Reconstruction and Development-Ebrd), but insufficiently and besides, in this case, the energetic companies (Near East,  Caucaso and Central Asia) that the gas would furnish to the Nabucco don't participate in the construction. In conclusion the European project doesn't have sure government financings; in the contrary the Russian Gazprom has a sort of protectionist monopoly from of the Russian government.  
In addition wee have the fact that – according to the conditions set by the Ue - the energetic companies not members of the Nabucco consortium will intervene after the end of the works only financially through the payment of the rights of use.
But in times of economic crisis the intervention of the Ue as well - that theoretically should cover the 50% of the cost - become problematic and, always because of the crisis that has cut the energetic consumptions in Europe, just among the members of the consortium are arousing doubts about the convenience of the operation, also being clear that the most greater financial weight will be held up by private investments. This means that the Nabucco consortium should resort to international banks, if  willing to grant the necessary loans.      
b) The problem concerning the possible gas providers 
In relation to this problem everything is still in discussion. In theory there would be the Azerbaijani gas: in theory, because it is currently extracted by the American companies, the  Chevron and the Exxon Mobile,  and the French Total, the Norwegian Statoil, from the British Petroleum, from the Turk Petroleum Overseas Company Ltd. The positive aspect, on the political level, is that the Azerbaijan doesn't create problems.   
There would be also the Turkmenistan, whose reserves of gas are a quarter of the world-wide ones. This country has also a strong capacity in exporting its energy – however having inferior reserves than the Iranians ones – because its economy is less depending from such resources. The Turkmenistan has a vast clientele among which also China, Russia and Iran (for this country for inside necessities). The problem concerns is if to supply European necessities could be a priority for the Turkmenistan or a good bargain in global terms, as it would cause Russian reactions, being this country hostile to Nabucco and the Turkmenistan’s government cannot afford it. 
There would be the Kazakhstan, but equally with many clients, so that to supply the Nabucco is not too much interested for this economy, whereas it is more attractive the Chinese demand, that could make to reach to the Kazakhstan the limit of its capacity of exporting.
The Uzbekistan has gas, but is a producer of scarce weight, being the 80% of its production employed for the internal market.   
The potentiality of restocking of Iraq is better but in concrete, because of the actual internal instability caused by the American invasion, it is not practicable. 
 
The projects Itgi (Interconnector Turkey-Greece-Italy) and Tap (Trans Adriatic Pipeline): but are they real alternatives? 
The realization of the Nabucco has already started, but in Europe are the promoters of one radical alternative. It could consist in the prolongation of the existing Turkish-Greek pipeline, that takes gas from the Caucasian area, until Italy. In this hypothesis, however, it could be necessary a suitable amplification of capacity of  the pipeline from Turkey
Another hypothesis would be the project Trans Adriatic Pipeline: to make to pass the aforesaid Turkish-Greek pipeline through Albania up to Italy 
Less practicable the project White Stream appears. This pipeline would arrive in Europe departing from the Azerbaijan, passing through Georgia, crossing the Black Sea and continuing through Albania, but with two difficulties: enormous costs to realize an underwater line through the Black Sea and the absence of possible future suppliers of gas. 
   
The already existing, but hazardous, alternatives 
Without realizing new pharaonic projects, and without going too far, a possible restocking policy could be to with producer countries of the North Africa and the Persian Gulf, that have surely the 42% of the world-wide gas reserves. And Algeria and Libya still have reserves not well estimated. Portugal, for example, does not use Russian energy, but it is provisioned by Algeria. Unfortunately there is an obstacle, beyond the internal instability of these country: to pass from a Russian dependence to an Islamic one would not be a good bargain indeed. 
   
Norway   
Very useful for the energetic restocking is Norway, because in the arctic regions exist gas reserves still to discover, object of extraordinary hopes. To exploit them great investments will be necessary for realizing infrastructures in order to compress and transport the local liquid gas.   
 
B - THE RUSSIAN PROJECTS 
For the moment we expose only the fundamental terms of the Russian projects, and in another paragraph we will speak of the Russian general strategy. 
  
The North Stream 
It’s a Russian-German project to bring Russian gas to Germany through the Baltic Sea, with the advantage for Moscow and Berlin not to pass for the countries of the ex Soviet empire in Europe. For Moscow it means to reduce the dependence from Belorussia and Ukraine in dispatching the gas in Europe and to become - in a concrete manner - a privileged partner of Germany. Besides this pipeline attributes a greater contractual power to Moscow in order to monopolist prices of sale in the production-distribution of the gas and – why not? - a greater political weight on the countries of East Europe, also for the virtual power to open and close the energetic faucets. Moreover, grace to the North Stream the Russian military presence in the Baltic Sea becomes of primary strategic, economic and military importance. 
For Berlin the advantage is easy to understand: in spite of being introduced this project as pan-european, in reality the recipient of the Russian gas is Germany; if in the future the Russian Gazprom will have difficulties to increase the production for Europe (in the long period a fall in the production of Russian gas is considered as enough sure) there is no doubt that Gazprom will distinguish between its more important and less important clients: in the first category there will be certainly Germany, and in the second one the countries of the East and, perhaps, some of the least qualified countries of the European Union Besides, in this case Germany is a true partner of the operation, whereas in order to the Nabucco its role is of smaller incisiveness.        
 
The South Stream  
It’s a Russian-Italian project finalized to face the probable diminution of the Russian productive ability, managed by the consortium South Stream Ag, placed in Switzerland. Gazprom and Eni (30%) are the principal members, and a secondary role have the French Edf Sa, the Austrian Omv, the Bulgarian Energy Holding, the Greek Desfa, the Hungarian Mfb and the Serb Srbijagas. For Russia this must be the true competitor of the Nabucco, because it will take the gas from the same regions potentially expected for the Nabucco; it follows a parallel rout and ends in Austria. These two projects are not in complementary position, but they are adversaries. Besides the works for the South Stream should start in 2013 and the pipeline should begin to operate in 2015; on the contrary the activity of the Nabucco - if realized- will become in 2017 (safe delays). Therefore – respecting the times - the South Stream would arrive in first temporary position to stipulate contracts with the gas suppliers, and the Nabucco could become the classical cathedral in the desert, with the consequent failure of imprudent private investors. 
Passing through the Black Sea up to Varna and there bifurcating - a branch toward Austria and the other toward Southern Italy - the South Stream has for Russia the advantage to avoid every Caucasian region and - other danger for the European dependence - its terminal arriving in Italy could be connected with the North Africa in perspective, with a great trouble for France and Usa. Initially also Turkey was excluded, but at the end of 2011 Ankara reached an accord with Russia in order to the passage of the pipeline in its territorial waters. 
Notice the importance assumed by Serbia - traditional allied of Russia - in the run of the South Stream, (the Russian-Serbian agreement have been signed the following week after the declared independence of the Kóssovo).   
The commercial and politic strategy of Russia is extremely clear: to maintain the hegemonic position in Europe for the restocking of gas, and to use the lines of distribution to tie the European countries crossed, according to the classical perspective called “divide et impera” in the territories of the European Union, offering them the perspective to become gas hubs for supplying further countries (it could be tomorrow, for example, the case of Austria), and strengthening political bonds with them. The European strategy of diversification implies, for its good result, a strong institutional cohesion among States, situation that Russia evidently intends to crack: and in this direction to be supported by Germany and Italy is instrumentally essential for Russia.           
It is clear that if the South Stream should bring Nabucco to the failure, then the Gazprom would have a big border of manoeuvre in the determination of the prices 
In the East the Russian strategy concentrate its efforts on maintaining favourable long duration contracts with the gas suppliers of Central Asia, so that to be able to practise to the European clients taller prices. Economically and politically the thing implicates that Russia increases its position in Asia. Already in 2007 Russia concluded regional accords with Venezuela, Argentina and Bolivia to create the Opegasur (Organización de Países Productores y Exportadores de Gas del Sur) and now aims to an international pool uniting Russia, Iran, Libya (but here something is changed), Algeria, Qatar, Venezuela, Trinidad and Tobago. No role foreseen for the countries of Central Asia producing gas, and they would remain in the classical seed-colonial position of suppliers of first subjects to the lowest possible cost. To have an hegemonic position in the area is absolutely necessary for Moscow, also in the perspective of the future fall of production of Russian gas, because if Gazprom doesn't succeed in appropriating the Asian gas - firmly and broadly - then “goodbye dreams of glory”, for itself and for Russia
In this strategy the conglobation of Iran is important, since in such way - taking advantage of the situation of isolation of this country, that prevents it from competing with Russia in the sale of gas - the Gazprom would make an association with Iran in this phase, dividing the market: in the sense to pacifically leave the Asian market to Iran. Naturally, previous lucrative help to Iran in order to modernize structures and infrastructures of production and distribution.      
 
B - CHINA
 
The energetic problems of China 
The Chinese development has a desperate need of energetic restocking. It is well known. Now we see the actual situation and the perspectives. Currently in China the consumption of gas is equal to the 10% of all the used energy, but the consumption of gas in the last 4 years has doubled, passing from 40 to 80 million meters cubes a year (according to the Statistical Review of World Energy). 
For all the great powers (beginning from Usa) the energetic problem concerns to the national safety, and where the governments are authoritarian it is obvious that the national energetic enterprises are tools of economic politics - and of policy tout court - to achieve strategic objectives. It happens in Russia where the Gazprom is gas monopolist under the protection (and the control) of the State, and it happens in China – but here with a greater intensity – in the case of the Sinopec (Lowered Petroleum and Chemical Corporation), the Cnooc (Slope National Overseas Oil Company) and the Pretrochina. Especially in China this dependence from the State entalls that the energetic politics are ground of competition between factions of the bureaucracy and the connected economic groups. 
In the last times China received a remarkable part of the energetic supplies from Iran and Saudi Arabia. Obviously the American enterprises in the Persian Gulf have set to China the problem of the riskiness of such restocking: in fact this restocking depends on what the United States do and on the situations created by Washington.
Being well known the not positive American attitude - political-economic and military - towards China, with the consequence of an extreme vulnerability of the Chinese restocking, for Peking to avoid this situation becomes a problem of primary importance. China is increasing its relationships with Kazakhstan, Uzbekistan, Australia, Sudan, Angola, Venezuela and Brazil. In the first days of April the agreements between China and Uzbekistan - for an annual supply of 10 million meters cubes of gas - through a pipeline that from Samandepe (southeast of Turkmenistan), goes for more than 7000 kilometres through Uzbekistan and Kazakhstan up to Lunnan, in the Chinese province of Xinjiang.   
A real energetic integration between China and Russia does not meet geographical technical problems with any grade of difficulty. Till now the only obstacle has been the attitude of Russia that wants to make the part of the lion in Central Asia, maximizing at the most the profits, and for this has a sort of reluctance to enter into a concrete partnership with China. Nevertheless Russia and China are enough aligned in foreign politics against the United States’ projects of dominion, and for this reason probably the conclusion of Russian-Chinese specific accords will be a reality soon or later, materializing one of the nightmares of Usa leadership. Meanwhile we have to note duly the activation, in January of 2011, of a Russian pipeline connecting the Siberian city of Skovorodino with the terminals of Daqing, in the northeast China.  
This pipeline is part of a Russian energetic plain toward the Pacific, denominated East Siberia to Pacific Pipeline Shipment Project that should have a development of 4.600 kilometres 

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