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venerdì 31 maggio 2019

Illusioni consolatorie, a proposito di chi si astiene alle elezioni

di Piero Bernocchi

Credo che la contrapposizione tra voti assoluti e voti in percentuale – cioè, “depurati” da astensioni e voti annullati - nasconda, quando alcuni/e di noi vi ricorrono come sta succedendo in questi giorni, tre vecchie (ne sento parlare da mezzo secolo) illusioni consolatorie.

1) La prima, potente illusione è che chi si astiene, o la gran maggioranza di essi/e, lo faccia perché disgustato dall'offerta politica-elettorale a disposizione, e che, conseguentemente e/o almeno potenzialmente, possa essere dei "nostri/e". E' un argomento che ho sempre sentito usare da un certo antagonismo/anticapitalismo italico ma quasi mai in altri paesi. Esempi? Negli Stati Uniti Trump è stato eletto con una partecipazione al voto del 55%. E sì che sono state le elezioni più combattute della storia statunitense, quelle che hanno infiammato lo scontro come non mai, seguitissime dai media di tutto il mondo. Ebbene, nessuno/a  ha pensato che quel voto venisse sminuito dal fatto che Trump avesse preso solo il 46% di quel 55%, cioè avesse un consenso dichiarato ed esplicito intorno al 25%. E pour cause: un mega-campione del 55-60% (di circa 130 milioni di persone nel caso statunitense e di circa 200 milioni nelle elezioni europei del 26 maggio) è ultra-sufficiente per valutare quale è l'orientamento della popolazione. Tra chi di solito non va a votare, qui da noi, c'è una minoranza, credo piuttosto ridotta, che lo fa perché non sposa le posizioni di nessun partito e dunque non fa distinzioni tra europee, nazionali o comunali. Io sono tra questi/e, ma sono in minoranza persino nel quadro più militante degli attivisti Cobas, ove l'abbondante maggioranza anche in questi anni è andata a votare; e lo ha fatto pure stavolta per le Europee. In generale, però, la larga maggioranza degli astenuti/e nelle varie elezioni è fatta di gente che non si sente in particolare contrapposizione con il panorama politico esistente ma che, non essendo  legata a nessun partito o semplicemente fregandosene della politica tout courtindipendentemente da chi sia al governo, può, di volta in volta, astenersi o andare a votare in base al fatto che abbia o meno un interesse immediato forte, un impulso pressante che può anche non essere di carattere materiale in senso stretto: insomma, non si tratta di astensionisti per principio e per “programma”, da cui di per sé si possa ricavare un “materiale” oppositivo. 

Esempi?  Guardiamo il voto del Sud e delle isole a queste Europee. Alle politiche c'era il miraggio del reddito garantito per milioni di persone; e ne è scaturito un voto di massa per i Cinque Stelle. Stavolta il miraggio era svanito e molti/e non si sono scomodati fottendosene dell'Europa. Oppure guardiamo il voto (ne ho segnalati alcuni tra i più eclatanti nel mio precedente commento ai risultati elettorali cfr “Come da previsionialle elezioni europee” www.pierobernocchi.it) nelle zone dove l'avversione per i migranti e i rom è stata maggiormente stuzzicata, e dove sono andati a votare soggetti che magari fino a 5 anni fa non ci andavano quasi mai, motivati stavolta solo dall’avversione per gli ultimi della terra. Tanto più questo avviene per le elezioni locali, laddove ci sia un interesse ravvicinato a sostenere questo o quello per ricavarne individualmente qualcosa. Molto probabilmente se il 100% degli italiani/e venisse portato a forza al seggio e dovesse votare pena forti sanzioni pecuniarie o peggio, il voto finale non sarebbe poi molto lontano da quello che abbiamo visto. E cioè, più o meno il 40% degli italiani/e avrebbe comunque optato per la destra "radicale" o "estrema", perché considerata un po' meglio degli altri e non per amore o passione convinta, e un 20-25% per il PD, mentre la sinistra "radicale" forse avrebbe superato la soglia del 2% ma non molto di più.

martedì 28 maggio 2019

Come da previsioni, nelle elezioni europee...

Trionfa la Lega, tracollano i Cinque Stelle, il PD respira

di Piero Bernocchi

Fenomenologia del “popolaccio” salviniano 

Una premessa sull’Europa. Mi  sa che aveva visto giusto Altan con la sua vignetta “L’Europa è come la mamma”: può essere cattiva, severa, ingrata, ingiusta, anaffettiva, ma si può sempre sperare che migliori, che ci tratti un po’ meglio ed in ogni caso è peggio non averla o essere orfani. E cioè, fuor di metafora: nonostante il malcontento e le critiche forti nei confronti della politica dell’Unione Europea, alla resa dei conti i partiti nazional-populisti e/o fascistoidi, che predicano la disgregazione della UE, non hanno sfondato né cambiato significativamente gli equilibri parlamentari europei perché la larga maggioranza dei cittadini/e, andati al voto molto più che in precedenza (tranne che in Italia, un paio di punti in meno), ha detto che vuole una Europa più democratica, giusta, solidale ed egualitaria ma non tornare alle sovranità nazionali, con il ripristino delle frontiere, delle cento monete, dei separatismi e dei conflitti - fino alle grandi tragedie belliche - tra Stati modellati come nell’Ottocento o nel Novecento. E in questo neanche la Francia e l’Italia costituiscono delle vere eccezioni: in Francia Le Pen ha dismesso il tema “uscire dall’Europa” da tempo e ha propagandato un nazionalismo à la carteche peraltro non è stato poi così premiato, perché il suo 23% è inferiore di due punti rispetto alle precedenti Europee ed è più giusto dire che ha perso Macron  (al 22%) più che ha vinto lei. E neanche la Lega ha più battuto il tasto dell’uscita dalla UE e dall’euro che per la verità la maggioranza dei suoi elettori/trici (cosa che del resto vale per la maggioranza abbondante degli italiani/e) non desidera affatto.
Però, l’Italia costituisce davvero un caso eclatante, rispetto agli altri paesi dell’Europa occidentale, per la misura del trionfo della Lega – che dall’arrivo al governo ha accentuato sempre più i caratteri reazionari - che, addizionato al successo dei Fratelli d’Italia di Meloni, porta da noi la destra estrema al 41%, mentre ad esempio in Spagna Vox si ferma al 6% e l’Afd in Germania all’11%. E per giunta lo fa al termine di una campagna elettorale che ha stuzzicato tutti gli stilemi delle culture e delle ideologie simil-fasciste e riportato a galla, potenziato, ingigantito e compattato un popolaccioche affonda le sue radici in plurisecolari, negative pulsioni italiche, più forti che altrove, già emerse con evidenza durante il Ventennio mussoliniano. Certo, lo avevamo detto e messo per iscritto fin dal giugno 2018, subito dopo la formazione del governo Salvini-Di Maio (anche se faticammo non poco all’inizio a far capire la natura massimamente reazionaria e senza precedenti di questo governo), che i Cinque Stelle avrebbero portato verso il trionfo la Lega e ne sarebbero stati dissanguati. L’ignoranza, la spocchia e l’arroganza del gruppo fondatore - che ha costruito i propri successi sulle tesi del “non siamo né di destra né di sinistra, ma oltre” o del “non siamo antifascisti perché il fascismo è scomparso”, nonché sull’odio verso i politici tout courtin nome di una autoproclamata purezza antropologica e millantataonestà-tà-tà- ha impedito loro, tanto più in presenza di una gestione padronale e di un infimo tasso di democrazia interna, di evitare la disfatta, arrivata peraltro in tempi asai brevi.

mercoledì 22 maggio 2019

Industria cultural y mecanismos de control en la sociedad de la información

por Marcelo Colussi


Introducción

Hoy por hoy las tecnologías de la información y la comunicación (TICs)*parecen haber llegado para quedarse. No hay marcha atrás. Ya constituyen un hecho cultural, civilizatorio en el sentido más amplio. Según lo que vamos empezando a ver, una considerable cantidad de jóvenes –fenómeno que se da en mayor o menor medida en todo el mundo, con variaciones según los distintos países pero todos, en general, con notas bastante comunes– ya no concibe la vida sin estas tecnologías. Sin dudas, están cambiando el modo de relacionarnos, de resolver las cosas de la cotidianeidad, de pensar, ¡de vivir! La pregunta inmediata es: ¿en qué medida contribuyen al genuino mejoramiento de las cosas? ¿Traen desarrollo?


Algunos años atrás decía Delia Crovi (2002) refiriéndose a este proceso en curso: “En 2001, el Observatorio Mundial de Sistemas de Comunicación dio a conocer en París los resultados de un estudio sobre el equipamiento tecnológico en la SIC [sociedad de la información y la comunicación]. Este estudio afirma que en el año 2006 una de cada cinco personas tendrá un teléfono móvil o celular, el doble de los disponibles ahora que tenemos un aparato por cada diez habitantes. El mismo estudio señala que en 2003 habrá más de mil millones de celulares en el mundo, y en los próximos cinco años se registrarán 423.000.000 de nuevos usuarios (Tele Comunicación, 27/6/2001). Sin duda, estos datos podrían alimentar la idea de que estamos construyendo a pasos apresurados y a escala planetaria, una sociedad de la información, idea que sobre todo promueven los fabricantes de hardware y software, así como buena parte de los gobiernos del mundo.”[1]

lunedì 20 maggio 2019

Dando Cuenta

por Hugo Blanco




Radico en Cuernavaca, México. El Ejército Zapatista de Liberación Nacional a través del Concejo Indígena de Gobierno, convocó a una reunión en Amilcingo, Morelos, donde recientemente fue asesinado Samir Flores Soberanes, quien luchaba contra la instalación de una termoeléctrica.
En esa reunión hubo representación de muchos pueblos en lucha a nivel nacional. Incluso estuvieron presentes persona de otros países.
La reunión tuvo el objetivo de aprovechar el centenario del asesinato del revolucionario mexicano Emiliano Zapata, para avanzar en la unidad de la gente rebelde que está en contra del sistema oficial.
En ella se acordó realizar las siguientes reuniones para conmemorar los 100 años del asesinato de Zapata: En la mañana del 10 de abril, fecha del centenario del asesinato nos reunimos en Chinameca, lugar del asesinato.
El actual presidente de México, Manuel Andrés López Obrador, demagógicamente ha denominado al año actual como «Año de Zapata». Quiso ir a Chinameca el día 10, pero la población rechazó su presencia, por lo tanto, tuvo que conformarse con ir a Cuernavaca, capital del Estado de Morelos.
Hubo un acto político en el que Marichuy (la excandidata indígena impulsada por la organización indígena nacional como candidata a la presidencia del país) habló en nombre del Ejército Zapatista de Liberación Nacional (Ezln), que es la organización indígena rebelde que existe en Chiapas, en la zona liberada del gobierno del país. El sub-comandante Moisés envió un escrito a la conmemoración.

El gobierno impulsa el «Proyecto Integral Morelos» para el estado, consta de tres puntos:


- Acueducto para llevar el agua de Cuamolle. 
- Un gasoducto rodeando el volcán Totocatepetl, donde hay peligro del volcán. 
- La termoeléctrica de Huesca. En la tarde fuimos a Huesca, lugar donde está la termoeléctrica repudiada por el pueblo que lucha contra la contaminación. Como dijimos arriba, ya fue asesinado Samir Flores Soberanes por oponerse a la termoeléctrica, por esa razón fuimos a Huesca.
 Se acordó que la próxima reunión sea en el istmo de Tehuantepec donde el gobierno pretende hacer un ferrocarril que una el Golfo de México con el Océano Pacífico... Estuve en el sepelio y en el homenaje posterior de Emilia Aurora Sosa, compañera de vida y lucha de Félix Serdán, antiguo luchador y mor honorario del Ejército Zapatista de Liberación Nacional.

Con la presentación de mi libro «Nosotr@s l@s Indi@s» en la principal universidad del país, la Universidad Nacional Autónoma de México (Unam) inicié una gira para impulsar mi legado.




Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

sabato 4 maggio 2019

RIVOLUZIONE E ARTE

di Roberto Massari

Relazione presentata all’8° Congresso internazionale di Proyecto Sur (Montevideo, ottobre 2018)


Definizioni preliminari
Una definizione sintetica dei termini qui impiegati è indispensabile per capire di cosa stiamo parlando.
Per una qualsiasi forma di «espressione artistica» od «opera d’arte» in senso generale, intenderò qualsiasi opera umana, qualsiasi prodotto dell’uomo e della donna che provochi uno stato di commozione, di emozione prodotta artificialmente (nel senso etimologico del termine, da artifex). Quindi non prodotta da fenomeni o spettacoli naturali come potrebbero essere un tramonto, un’eco tra le gole di un monte, il piumaggio di un uccello ecc. E nemmeno psicologico, come potrebbero essere gli stati d’animo prodotti dalla gioia, dal dolore, dall’amore... La natura e determinati contesti psichici possono provocare emozioni intense, anche superiori in confronto alle opere d’arte, ma per l’appunto non sono prodotti della specie umana, sono altro ed esulano quindi dal nostro discorso.
Avendone tempo e spazio sarebbe però interessante analizzare quei prodotti in campo artistico che possono competere su terreni analoghi con le emozioni prodotte dalla natura o da sommovimenti della psiche. Penso alla pittura in campo visuale, alla musica (soprattutto in certe composizioni dette «a programma»). Ma penso anche alla letteratura, alla poesia, alla fotografia e altri manifestazioni artistiche che possono competere con le emozioni prodotte dalla natura, imitandola o contrapponendovisi.

giovedì 2 maggio 2019

Cultura y Revolución, Revolución y Cultura o Revolución cultural?


Tito Alvarado

(para el VIII congreso y festival internacional del Proyecto Cultural Sur)
(Montevideo, Octubre de 2018)

Los términos Cultura y Revolución se prestan para falsos dilemas, no son términos que siempre vayan de la mano, por más que algunas veces tengan ciertos acercamientos, ni se prestan a la buena interpretación pues sirven para definir cosas muy alejadas unas de otras. En todo lo que a diario leo, no he visto un análisis de estas dos formas de accionar en su posible y necesaria unidad, lo más que abunda es un acercamiento a ellas de manera separada y muchas veces desde una perspectiva estrecha y parcial. Pudiera decir que es casi un fatalismo. La ciencia y la técnica han avanzado tanto que asistimos a una aceleración en la diversificación de las especialidades, esta especialización se ve también en la crítica, junto a que quienes, en una proporción alarmante, se atreven a poner en discusión un tema, lo hacen con cierto grado de ego, es decir desde un desafortunado: yo tengo la razón, nos detallan el problema, sin atreverse a proponer soluciones.

Cientos de analistas se esmeran en intentar hacernos ver el mundo como si su campo, y por supuesto su punto de mira, fuese lo fundamental, nos muestran una parte del problema dejando muchos otros aspectos fuera del análisis.