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Neri Pozza, 2017 |
I dati raccolti dai climatologi parlano chiaro: quella del 2017 in Italia è stata la seconda estate più calda dal 1880 - quando sono cominciate le rilevazioni; il mese di agosto ha fatto registrare un eccesso termico medio di 2,5 °C, con il giorno 4 del mese che è stato il più caldo degli ultimi sessant’anni in molte città dell’Italia centrale.
Il fatto che il 2017 si sia poi rivelato essere il secondo anno più caldo di sempre (dopo il 2016) conferma in pieno gli scenari legati al riscaldamento globale.
L’estate italiana del 2017, la quarta più secca in assoluto, verrà ricordata pure per la gravissima crisi idrica dovuta alla drastica riduzione delle precipitazioni sull’intero territorio nazionale (-41% rispetto alle medie stagionali), con gravi ripercussioni sulla rete “colabrodo” degli acquedotti italiani.
Una stagione che passerà alla storia anche e soprattutto per gli incendi: dal 15 giugno al 14 settembre ne sono divampati circa centomila (nel 2016 erano stati cinquantamila), uno ogni 100 secondi, più di mille al giorno: da quello della pineta di Castel Fusano sul litorale romano - nei pressi della tenuta del Presidente della Repubblica sita a Castelporziano - a quello del Vesuvio e del suo parco; dal rogo di Sulmona fino a quello di Monte Morrone, la cima di Celestino V.
In certi giorni sembrava che l’intero Paese andasse a fuoco. Alle prime piogge - con l’humus andato in fumo - la cenere si è di conseguenza trasformata in fango, contribuendo ad aumentare il dissesto idrogeologico.
Gli effetti dei cambiamenti climatici sono ormai sotto gli occhi di tutti: nessun essere vivente ha contribuito ad alterare la vita del nostro pianeta tanto profondamente - e così rapidamente - quanto l’uomo.
Il surriscaldamento della Terra, determinato dall’effetto serra e correlato all’aumento delle emissioni di CO2, è soltanto uno dei fattori della crisi ambientale planetaria. Prendendo in considerazione l’acidificazione degli oceani, l’uso spropositato di acqua dolce, l’iperproduzione di rifiuti, la pesca, la deforestazione e la caduta verticale della biodiversità, dovrebbe esser chiaro che in molti processi naturali i limiti sono già stati oltrepassati.
Al di là del pur necessario mutamento degli stili di vita, la battaglia per invertire questa tendenza richiederebbe un’azione collettiva, ma la politica non è in grado di proporre alcuna alternativa credibile.
Vorrei qui ricordare, fra gli altri, il contributo del fisico Gianni Mattioli in occasione del XXIX Convegno della rivista l’altrapagina intitolato «La parabola del cibo», tenutosi a Città di Castello nel settembre 2015.
Partendo dal superamento di alcuni parametri - per esempio la CO2 - Mattioli mise in evidenza come ciò potesse causare una rottura di stabilità del sistema fisico-climatico del pianeta, alterando e sconvolgendo fenomeni periodici come stagioni, venti e correnti marine, con il rischio di dar luogo ad un caos imprevedibile.
All’incontro aveva partecipato anche l’Associazione nazionale e internazionale UPM (Un Punto Macrobiotico) - fondata da Mario Pianesi - che da oltre trent’anni opera in campo agricolo e alimentare nel pieno rispetto per l’ambiente e la promozione della salute dell’essere umano.
Riflettendo su questo lavoro comune con Chiara Giallorenzo, presidente del Centro UPM di Città di Castello, e con l’adesione del Centro Studi «Mario Pancrazi» - un’associazione che persegue «la valorizzazione della cultura delle matematiche» - è stata promossa una conferenza che affrontasse il tema dei cambiamenti climatici a partire dagli effetti riscontrati in Umbria e in Alta Valtiberina, e che lo facesse mettendo in relazione tra loro ambiente, agricoltura, alimentazione e salute.
Per arrivare ad una visione di insieme, è stata chiesta una valutazione a naturalisti, agricoltori e medici con l’intento di proporre un approccio multidisciplinare che sia capace di individuare un possibile percorso di mitigazione delle conseguenze del global warming.
In un territorio in cui l’abuso di pesticidi impiegati nell’agricoltura industriale ha gravemente contaminato le acque superficiali e di falda, dove la presenza diffusa di discariche e impianti di compostaggio ha avvelenato suolo e aria e in cui il trasporto ferroviario è stato marginalizzato in maniera irresponsabile - per essere infine soppresso a vantaggio di quello veicolare (individuale), fonte primaria, insieme a quella causata dagli allevamenti animali, di emissione di CO2 - non è più possibile continuare a far finta di niente, considerando in particolare gli alti tassi di incidenza di alcune tipologie tumorali riscontrati sia nella popolazione adulta che in quella infantile e giovanile in genere.
Se è vero - come scrive Amitav Ghosh ne La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile - che l’indifferenza nei confronti delle catastrofi attuali è figlia del nostro individualismo e della nostra adesione al modello di vita e di consumo dominante, sarà possibile affrontare questa sfida soltanto prendendo coscienza di quanto è accaduto e di quanto sta accadendo, trovando quindi «una via d’uscita dall’immaginario individualizzante in cui siamo intrappolati».
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