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venerdì 29 gennaio 2016

Giorni della Memoria: IL FASCISMO OGGI, di Roberto Massari

Dopo l'articolo sul Gulag e per contribuire ulteriormente alla riflessione dei lettori in queste giornate dedicate alla memoria della Shoah - che per noi significa denuncia e riflessione su tutti i genocidi, grandi o piccoli, su tutti i crimini contro l'umanità commessi nel corso del secolo precedente, ma anche nell'attuale - pubblichiamo questo vecchio testo di Massari, scritto nel 1994 come introduzione alla nuova edizione del celebre libro di Daniel Guérin Fascismo e gran capitale. Il lettore dovrà solo sostituire qualche data e il nome di qualche organizzazione politica e vedrà che il discorso di Massari sul «piccolo uomo comune represso» conserva intatta, purtroppo, la sua attualità. Anzi, si va estendendo, coinvolgendo ambienti e personalità politiche che un tempo si sarebbero dette «di sinistra». [la Redazione]

a mio nonno materno
Otello di Peppe D'Alcide
falegname ebanista
amante della lirica
e di filosofia orientale
militante comunista
torturato a via Tasso
imprigionato a Regina Coeli
assassinato alle Fosse Ardeatine

Una squadra fascista durante la marcia su Roma
È il testo più celebre di Daniel Guérin, comunista libertario, antifascista, antistalinista e anticonformista, sopravvissuto alle demoralizzazioni del dopoguerra, imbevuto di cultura rivoluzionaria - dall'arte al sesso, dall'economia alla storia - schierato con i neri antillani e con quelli nordamericani, con il popolo algerino contro la madrepatria coloniale, dalla parte dei giovani, del Maggio francese e del movimento della sinistra rivoluzionaria di quegli anni, internazionalista e cosmopolita, diffusore del pensiero di Reich in Francia e del marxisme libertaire (termine da lui coniato) ovunque, difensore degli omosessuali, degli immigrati, dei diversi, antistatalista e antirazzista fino alla morte.
Emblema della cultura radicale di questo morente ventesimo secolo.

Personalmente considero un privilegio aver potuto conoscere Guérin a Parigi nei primi anni '70, quando - entrambi nella redazione di Autogestion et socialisme - ci trovammo a collaborare nella diffusione di studi e ricerche sulla democrazia diretta: era il filo conduttore di quella rivista ed era il problema dei problemi all'indomani della grande ascesa rivoluzionaria verificatasi in Francia, in Europa e nel mondo.
Guérin ci ha lasciato qualche anno fa e la democrazia diretta continua ad essere il problema dei problemi, anche se c'è sempre chi s'illude di averlo definitivamente sepolto.
Questo libro fa rivivere entrambi.

mercoledì 27 gennaio 2016

Giorni della Memoria: PRECISAZIONI SUL GULAG, di Roberto Massari

Nella giornata in cui in tutto il mondo si commemora la Shoah ci sembra utile ripubblicare un testo «storico» di Roberto Massari in cui si affronta in termini storiograficamente documentati il problema del Gulag (l'«olocausto» staliniano), che portò alla morte 20-25 milioni di persone. In quel quadro rientra il genocidio del popolo ucraino tramite carestia deliberata e il massacro/deportazione di altre minoranze nazionali dell'Urss. Avremmo voluto approfittare dei «Giorni della Memoria» anche per pubblicare materiali su un altro grande «olocausto» - quello del popolo cinese - che sotto la direzione di Mao Tse-tung portò alla morte oltre 70 milioni di persone. Ma nonostante l'esistenza di ottimi lavori prodotti all'estero, su questo tema non riusciamo ad avere lavori di provenienza nostrana. Forse perché nell'esaltazione dei mostruosi crimini del maoismo fu coinvolta praticamente tutta l'intellighenzia della ex estrema sinistra tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70. [la Redazione]

SOMMARIO: 1. La terminologia2. Luoghi e ragioni della detenzione3. Date da tenere a mente4. Il silenzio di Trotsky5. La formazione del Gulag6. L'economia del Gulag (modo di produzione schiavistico)7. Declino e fine del Gulag8. Domande a chi ancor oggi fornisce copertura al Gulag9. Un'appendice brutta e una bella: a) L'Associazione Marx XXIb) Luciano Canfora.

Ingresso di un lagpunkt («sottosezione staccata») di Vorkuta, Siberia, anni '40
[…] Colgo l'occasione anche per chiarire meglio le questioni rimaste implicite […], nell'interesse di altri che possono leggere i testi precedenti. E poiché mi capita spesso di trovare affermazioni di persone di buona volontà ma scarso discernimento che con grande disinvoltura applicano all'analisi del passato categorie interpretative prodotte dai desideri che nutrono per l'oggi o per il domani, sono costretto a premettere che le mie precisazioni non sono il riflesso della mia attuale idea di democrazia rivoluzionaria (cioè di come vorrei che fosse la futura società rivoluzionaria anche in campo carcerario-repressivo), ma riguardano il passato repressivo dell'Urss, quel passato specifico: come andarono realmente le cose dopo l'Ottobre e quali alternative credibili vi siano state all'epoca. Magari comparirà anche, tra le righe, il mio pensiero su come mi sarebbe piaciuto che le cose fossero andate, ma di questo invito il lettore a non tener conto essendo materia storicamente irrilevante. Per quanto mi riguarda, invece, devo riconoscere che senza una mia riflessione documentata e condotta per anni su quelle vicende tragiche non sarei politicamente ciò che sono e non avrei le idee per le quali mi batto ormai da decenni. Di qui l'importanza di collocare quelle vicende nella loro reale prospettiva storica, consapevoli di quanto negazionismo si è sviluppato riguardo all'olocausto staliniano in misura esponenzialmente superiore (numericamente incalcolabile) rispetto al negazionismo verso l'olocausto nazista.

domenica 24 gennaio 2016

NIÑAS Y NIÑOS TRABAJADORES: MAL FUTURO, por Marcelo Colussi

“¡Los niños primero!” suele decirse. Y durante la artificialmente manipulada guerra de Irán-Irak en que se desangraron en forma inútil ambos países, esa consigna se cumplió en forma literal: eran niños los que iban al frente… para detectar las minas –pisándolas, claro–. Este patético ejemplo muestra lo que, en buena medida, sigue siendo la actitud del mundo adulto con respecto a la niñez: no siempre se la comprende como la semilla del futuro.
La riqueza de las sociedades no está en sus recursos naturales. La verdadera riqueza está en el capital humano. Un país desarrollado es el que tiene la población más preparada, Japón, con escasos recursos naturales, o Cuba, bloqueada y agredida, son sociedades infinitamente más ricas que, por ejemplo, la de Brasil, o la de la India, donde sobran las riquezas de la geografía. La pobreza de las naciones no está en la falta de tierra cultivable o en la ausencia de, por ejemplo, petróleo; está en el escaso desarrollo humano. Y es una verdad lapidaria que la pobreza genera pobreza. Eso no es nada nuevo, por cierto; pero conviene no olvidarlo nunca si queremos aportar algo en la lucha contra las injusticias. Un pueblo se desarrolla no cuando entra en el consumismo voraz, sino cuando es dueño de su propio destino, cuando fomenta su espíritu crítico. En otros términos: cuando su población está realmente preparada.
Terminar con la pobreza no es, en absoluto, algo sencillo ni rápido. Muchos países pobres del antes llamado Tercer Mundo que en décadas pasadas recorrieron la senda del socialismo, si bien pudieron crear cuotas de mayor justicia en el reparto de su renta nacional, no han podido aún superar esa lacra de la pobreza en tanto fenómeno económico-social y cultural. De hecho, funciona como círculo vicioso: la pobreza (que no es sólo material: es una suma de carencias materiales y espirituales) no permite el desarrollo integral y sin él no puede haber mejoramiento en la calidad de vida. Si la educación, la formación de capital humano, son la clave para superar la pobreza, los sectores pobres son justamente los que menos acceso tienen a esas posibilidades. Y donde con mayor elocuencia se ve el fenómeno es en la niñez pobre.

venerdì 22 gennaio 2016

SUBURRA (Stefano Sollima, 2015) di Pino Bertelli

Come piedistallo avrete un letamaio e come tribuna un armamentario di tortura.
Non sarete degni che di una gloria lebbrosa e di una corona di sputi.
(E.M. Cioran)

Il cinema italiano, non è cosa nuova, è un sommario di decomposizione, una sfilata di bruttezze inconfessabili, una successione di banalità assolute, un avvilimento dello spirito dinanzi a un formulario di idiozie che passano sul "tappeto rosso" dei festival insieme a quei divetti incartonati e puttanelle leziose che finiscono in un film, sceneggiato o saga dove si celebra (anche al rovescio) il mito della politica sporca. In ogni film italiano si cela un vate, un vassallo o un demente, e quando pretende di educare il mondo nei lucernari delle lusinghe s'instaura il delitto di lesa intelligenza.
L'entusiasmo degli imbecilli (specie di sinistra) è deleterio… non hanno ancora compreso che la differenza tra intelligenza e stupidità è nella maniera di maneggiare l'arma della verità… la distruzione pura e semplice degli idoli porta con sé quella dei pregiudizi. La guerra al terrorismo dell'Isis è la messa in scena dei poteri forti che alimentano il terrore per continuare a dominare il pianeta… gli uni e gli altri fanno parte della stessa "banda" e la paura che cola dai media serve a innalzare i dividendi delle borse internazionali attraverso il mercato delle armi. Gli affari sono affari… i "potentati" dominano il petrolio, il gas, i diamanti, l'oro, la droga, l'acqua… e a New York come a Mosca, a Parigi come a Berlino, a Baghdad come a Roma… una barile di petrolio vale più di mille bambini ammazzati dalla bombe della "democrazia esportata" o del fanatismo terrorista… l'odio contro la vita è lo stesso… la rapina, il saccheggio, il massacro, sono le ultime "fatalità" di una civiltà che si spegne.
Suburra, il film di Stefano Sollima, ha messo tutti d'accordo… giornalisti eminenti, critici velinari e pubblico condiscendente con tutto quanto si presenta all'altezza dello spettacolare integrato, dove ingiustizia e ragione si confondono così tanto che i cattivi sembrano invincibili e i buoni dei coglioni che continuano a votarli e delegare loro le sorti di un intero paese. C'è anche il papa, quello che ride sempre e sembra un po' avvinazzato… s'è perfino accorto che in Vaticano rubano e i vescovi sono conniventi col malaffare… l'indecenza regna ovunque e per afferrare il potere i lebbrosi della politica, della fede, della finanza, della cultura, del terrorismo… si agitano come ratti su cumuli di spazzatura.

martedì 19 gennaio 2016

DA BERGOGLIO A PAPA FRANCESCO, di Francesco Cecchini

[…] Al momento di marciare molti non sanno
che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
è la voce del loro nemico.
E chi parla del nemico
è lui stesso il nemico.
(Bertolt Brecht, Sul muro)

PREMESSA

Pochi giorni dopo l'elezione a Papa di uno dei suoi figli, Buenos Aires ha vissuto una prova generale di diluvio universale. Decine di morti e mezza città sott'acqua. Casualità o segno del destino? Ovviamente propendo per la prima possibilità. Un mio amico argentino, comunque, mi ha scritto che la responsabile del disastro ambientale non è solo la pioggia, ma hanno colpe gravi anche coloro che governano la città, Mauricio Macri e la sua banda, amici di Bergoglio. Gente che ha brindato alla sua nomina.
Ho vissuto a Buenos Aires, ogni tanto la visito e non ho mai sentito nessuno di coloro che conosco parlare bene di Bergoglio. È vero che i miei amici leggono Página/12 piuttosto che il Clarín o La Nación, vengono da famiglie ferite a sangue dai militari, hanno visto e prima letto La noche de los lápices, frequentano el café literario y libreria «Osvaldo Bayer», partecipano ai corsi della Universidad Popular Madres de Plaza de Mayo, si riuniscono quando possono con las Madres y las Abuelas. Il passato di Jorge Mario Bergoglio è stato, senza ombra di dubbio, prima nero - sino alla fine della dittatura - e poi, via via, più sfumato. Ora, dopo essere stato Padre Provinciale dell'ordine dei Gesuiti, arcivescovo di Buenos Aires e Primate della Chiesa argentina, è diventato Pontefice e veste di bianco. Resta sempre un avversario sia del progresso che del cambio politico-sociale in Argentina, in America latina e nel mondo intero. Come lo è stato della Teologia della liberazione, del popolo argentino durante el proceso, dei governi progressisti, di Néstor Kirchner e Cristina Fernández.
Come molte storie argentine, quella di Bergoglio non è lineare, ma lastricata di contraddizioni.

BERGOGLIO GESUITA E MILITANTE DELLA GUARDIA DE HIERRO

Gli inizi di Bergoglio, giovane gesuita e "guardiano di ferro", spiegano quello che ha fatto in seguito e permettono di avanzare ipotesi sul suo ruolo, presente e futuro, di pontefice.

sabato 16 gennaio 2016

CHIAMATEMI FRANCESCO - IL PAPA DELLA GENTE (Daniele Luchetti, 2015), di Pino Bertelli

a Camilo Torres,
che è stato ucciso per la conquista della dignità degli ultimi,
con la Bibbia in una mano e nell'altra il fucile.

Se la beneficenza, l'elemosina, le poche scuole gratuite, i pochi piani edilizi, ciò che viene chiamato "la carità", non riesce a sfamare la stragrande maggioranza degli affamati, né a vestire la maggioranza degli ignudi, né ad insegnare alla maggioranza di coloro che non sanno, bisogna cercare mezzi efficaci per dare tale benessere alle maggioranze.
(Camilo Torres)

La macchina/cinema è l'istupidimento dei popoli al tempo della civiltà dello spettacolo… lo spettacolo è l'autoritratto del potere, il suo monologo elogiativo, che usa la paura, il terrore, le guerre, i mercati… nella gestione totalitaria delle condizioni di esistenza. Il solo papa buono è quello morto, diceva. Il film di Daniele Luchetti, Chiamatemi Francesco, incensa il Papa della gente dalla giovinezza all'ascesa al soglio pontificio. Quando Dio lo chiama a sé, il giovane Bergoglio vorrebbe andare in Giappone (forse a convertire le farfalle di carta velina), ma l'Ordine dei Gesuiti al quale appartiene lo nomina Provinciale della Compagnia di Gesù e negli anni della dittatura militare (1976-1983) è uno dei massimi esponenti della gerarchia cattolica in Argentina.
A ritroso. Nel corso del Consiglio episcopale latinoamericano di Medellín (Colombia, 1968) sono messi in evidenza i valori di emancipazione sociale e politica della chiesa dei poveri e nasce la Teologia della liberazione… Gustavo Gutiérrez (peruviano), Hélder Câmara, Leonardo Boff (brasiliani) e Camilo Torres Restrepo (colombiano) si battono per un cambiamento radicale della società e si trovano in contrasto con il magistero della Chiesa cattolica. Molti teologi assunsero posizioni radicali contro le dittature militari e i regimi repressivi in America latina e mostrarono che il potere è inseparabile dall'ingiustizia.
La Teologia della liberazione sosteneva, a ragione, la liberazione politica e sociale, cioè l'eliminazione delle cause immediate di povertà e ingiustizia… la liberazione umana, cioè l'emancipazione dei poveri, degli emarginati, degli oppressi da tutto ciò che limita la loro capacità di sviluppare se stessi liberamente e dignitosamente. Per mettere in pratica i precetti cristiani verso la causa degli ultimi, gli esclusi, chi non ha voce né volto… il presbitero Camilo Torres attacca il crocifisso al calcio del fucile e fonda il Fronte Popolare Unito… muore in battaglia il 15 febbraio 1966 a Patio Cemento (Colombia). La megalomania dei conventi e i fasti dei palazzi poggiano sul delirio di grandezza e chi non accetta la propria nullità o servilismo è ritenuto un malato di mente o un insano ribelle e va emarginato, imprigionato o ucciso.

giovedì 14 gennaio 2016

L'ESECUZIONE DI AL-NIMR LEVA DELLA NUOVA STRATEGIA SAUDITA, di Andrea Vento (Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati)

L'Arabia Saudita fra crisi di bilancio, repressione interna e riposizionamento regionale

Barack Obama con re Salman, gennaio 2015
Lo scontro diplomatico in atto fra Arabia Saudita e Iran, acceso dall'esecuzione dell'imām sciita Nimr al-Nimr, sta alimentando pericolose tensioni nella martoriata regione mediorientale già lacerata dagli annosi conflitti interni in Iraq e Siria e dall'intervento militare saudita in Yemen, ai quali negli ultimi mesi si sono aggiunti ulteriori preoccupanti focolai: la ripresa della repressione della minoranza curda in Turchia da parte del regime islamista di Ankara, lo spontaneo avvio dell'intifada di Gerusalemme che ha riportato sulla ribalta internazionale l'irrisolta "questione palestinese" e il riacutizzarsi degli scontri fra Israele e Hezbollāh, già aspramente confrontatesi nella "Guerra dei 33 giorni" che insanguinò il Paese dei cedri nell'estate del 2006.
La situazione generale del Medio Oriente, peraltro caratterizzata a partire dall'inizio del XX secolo da una profonda instabilità e da frequenti conflitti, ha raggiunto a inizio 2016 un livello di drammaticità mai registrato in passato, anche in considerazione dell'acuirsi della frattura fra mondo sunnita e sciita, alimentato più dallo scontro fra Riyad e Teheran per l'egemonia regionale che da uno spontaneo movimento dal basso sorto all'interno delle due comunità.
Proviamo a mettere insieme alcuni elementi del complesso quadro etnico-religioso e delle dinamiche geopolitiche in atto per cercare di comprendere le motivazioni che possono aver spinto il regime degli al-Saud a giustiziare il popolare religioso.

martedì 12 gennaio 2016

«LA GRANDE MENZOGNA» (V. Gigante, L. Kocci e S. Tanzarella, 2015), di Antonio Marchi

1915-2015: raccontare la Storia per contrastare chi continua a celebrare l'orrore della Grande Guerra

«Sono trascorsi 100 anni dall'inizio della I guerra mondiale, tutti i protagonisti di quegli anni - vittime e carnefici - sono morti, ma non è morta né la retorica, né la mistificazione, né la menzogna che pretende di ricordare e celebrare, oggi come allora, la catastrofe di quegli anni.
Celebrazioni che ancora tacciono sulle colpe di politici come Antonio Salandra e Sidney Sonnino che vollero quella guerra e di generali come Luigi Cadorna, Luigi Capello e Antonio Cantore responsabili, con molti alti ufficiali, di aver mandato a morire centinaia di migliaia di soldati in inutili assalti».
Sarebbero sufficienti queste poche righe per chiudere il libro e aprire il dibattito (è già tutto chiaro), ma per saziarsi della sua narrazione bisogna comprarlo, sfogliarlo e leggerlo.
Dopo una tale premessa, oltre alle espressioni di caldo apprezzamento per gli autori - in particolare Sergio Tanzarella - non potrei aggiungere altro se non per confermare quelle impressioni e quel medesimo giudizio. Mi limito così ad alcune semplici osservazioni provocate dalla lettura di un volume di tale "ricchezza".
Tanzarella si rivela narratore di tipo straordinario, scrittore civile che abbraccia lo strazio, il dolore e il disastro economico che quella grande carneficina produsse fra le popolazioni inermi, le famiglie, la società italiana. Non sono soltanto storie drammatiche di soldati in trincea o nelle retrovie, di esaltazione d'eroismo, di sopraffazioni, di decimazioni eseguite contro chi esitava a lanciarsi all'assalto del nemico, di plotoni di esecuzione, di cappellani militari che benedicevano le armi e intonavano il Te Deum di ringraziamento per le stragi perpetrate nei confronti del nemico (nonostante l'impegno contro la guerra di papa Benedetto XV, sono 25.000 i preti e religiosi chiamati alle armi), dello strazio del dopoguerra dei prigionieri italiani, considerati vili, imboscati e disertori… ma sono anche - e sopratutto - vicende di dolore e rabbiosa, forte e documentata denuncia contro generali assassini come Cadorna e Graziani, nelle lettere dei soldati scampate alla censura: testi drammatici, anonimi, minacciosi e di viva protesta indirizzate al "Re soldato" Vittorio Emanuele III; contro l'inutile strage e chi la provocò con le sue decisioni, contro i politici… così sfatando la retorica celebrativa, truffaldina e mistica secondo cui la guerra ebbe il consenso delle masse popolari e fu occasione di rigenerazione nazionale e unificazione civile del paese.

sabato 2 gennaio 2016

POBRE 2016, TANTAS DESVENTAJAS, por Roberto Savio

En este momento, todos deseamos “un año muy bueno”. Mientras que el deseo es siempre algo positivo, también debemos darnos cuenta de que no podemos esperar demasiado del nuevo año que llega. Está cargado de tantas desventajas, que debemos tener mucha compasión por él… Él es parte de un círculo negativo que se inició con la crisis financiera de 2008, y que probablemente concluirá en 2017, un año catártico con elecciones en varios países claves y otros nombramientos cruciales que podrían abrir un nuevo ciclo. A menos que una victoria republicana en las elecciones americanas anticipe una crisis de gobernanza global más rápida…
He aquí una lista de los principales obstáculos para 2016, lo cual es por supuesto un punto de vista personal, pero con el apoyo de muchos de los datos.

Desventaja 1: El cambio climático

Después de la conferencia de París sobre el cambio climático, este año será crucial para entender en qué dirección está soplando el viento del cambio. Por supuesto, el proceso de salvar nuestro planeta, en su nivel actual, prevé un lapso que va hasta 2050.
Recordemos brevemente que los compromisos asumidos en París no son suficientes para alcanzar el objetivo de no superar 2 grados centígrados por encima del nivel que prevalecía antes la Revolución Industrial (ya hemos usado 1 centígrados). Ahora, el Pacto de París indica que llegaremos al menos a 3,7 grados centígrados, lo que significa, entre otras muchas cosas, que 850 millones de personas serán desplazadas. De hecho, existe un consenso de que no debemos ir más allá de 1,5 grados centígrados para estar realmente seguros.