CONTENUTI DEL BLOG

mercoledì 30 settembre 2015

ALBERTO SIPIONE, un nuovo fotografo in Utopia Rossa/ ein neuer Fotograph in Rote Utopie

Kleinbasel, Switzerland
Care compagne, cari compagni, caro Roberto,

è da tempo che seguo i contributi sul vostro Blog. Da una pura curiosità è diventato un grande interesse.
Vedo con Utopia Rossa alcune similitudini teoriche con i lavori fotografici che sto svolgendo negli ultimi anni. Grazie alle mie prime letture di Pino Bertelli sulla fotografia ho avuto modo di conoscere quel movimento che è stato l'Internazionale Situazionista.

Ho letto il vostro programma con i 6 punti nei quali mi rispecchio pienamente. Ho militato, come alcuni di voi, in diverse strutture di partito e di movimento. Anche se le etichette mi stanno tutte un po' strette fin'ora mi sono sempre dichiarato comunista. Negli ultimi mesi o forse anni sono cresciuti i miei dubbi sulla struttura partito avvicinandomi verso un comunismo libertario.

Sostengo la necessità di un cambiamento e abbattimento del sistema capitalista e delle sue strutture. Passaggio di un cambiamento che non può avvenire per vie parlamentari, ma attraverso il consenso e le lotte popolari. Per questo è necessaria l'Utopia di una nuova prospettiva da vivere ogni giorno. Desidero fare una parte di questo cammino insieme a voi, scambiandoci le nostre opinioni e apportando i nostri contributi sul territorio in cui viviamo.

Ho vissuto per circa 20 anni in Svizzera e da 3 anni sono rientrato nella mia regione, la Sicilia.
L'impatto con il mio territorio ha provocato in me tanta rabbia per tutto quello che il capitale-mafia ha devastato in tutti questi decenni. Le nostre coste diventate rifiuti di raffinerie e fabbriche della morte.
Ed è proprio in questo contesto che sono nati i miei primi reportage fotografici. Spero di conoscervi al più presto di presenza.

Saluti Rossi e Solidali,

ALBERTO SIPIONE

(24/09/2015)
__________

umBAU - TRA ALIENAZIONE E MEMORIA
(testo e fotografie di Alberto Sipione)

L'urbanistica non esiste: essa non è che un'ideologia, nel senso di Marx. L'architettura esiste realmente, come la Coca-Cola: è una produzione rivestita di ideologia vera e propria, ma in grado di soddisfare un bisogno distorto. Invece l'urbanistica è comparabile alla pubblicità intorno alla Coca-Cola, pura ideologia spettacolare. Il capitalismo moderno, che organizza la riduzione di tutta la vita sociale in spettacolo, è incapace di dare un altro spettacolo oltre quello della propria alienazione… Qualsiasi pianificazione urbana ha senso solo come l'àmbito della pubblicità, la propaganda di una società, vale a dire l'organizzazione della partecipazione in qualcosa a cui è impossibile partecipare.
(Raoul Vaneigem)

L'urbanistica distrugge, riqualifica, aliena intere aree del nostro vivere quotidiano. Tutto viene reso utile a favore della mobilità dell'economia e del denaro. Nella «società dello spettacolo» si distrugge per reinvestire e creare bisogni.
Qualcuno cerca di incanalare la nostra vita all'interno del falso trasformandolo in vero. Tutto viene reso utile al mercato. Le città come labirinti, laboratori per le cavie. Investimenti milionari per i pochi a scapito dei tanti.

sabato 26 settembre 2015

LA VICENDA DI SYRIZA, IL FALLIMENTO DEL PARLAMENTARISMO E LA NECESSARIA RIVOLUZIONE COPERNICANA, di Michele Nobile

Al lettore che volesse approfondire il contesto economico/politico greco del 2015, a partire dall'elezione del governo Tsipras a fine gennaio, si consiglia di consultare i precedenti articoli di Michele Nobile pubblicati su questo blog: «Syriza, un successo elettorale», «Le lezioni della Grecia e le prospettive» e «Grecia: bilancio (provvisorio) e prospettive di un riformismo onesto», oltre all'analisi di Roberto Massari apparsa poco dopo il Referendum di luglio: «Per i Greci: unica soluzione la rivoluzione (ovviamente contro la propria borghesia)». [la Redazione]

Sarà la coincidenza del mese, ma molti commenti sui risultati dell'ultima elezione in Grecia mi hanno fatto scattare un'associazione con l'originale lezione che Enrico Berlinguer trasse dalla tragedia del golpe cileno. Ragionando a partire dal colpo di Stato in Cile, tra settembre e ottobre del 1973 il segretario del Pci mise a punto la linea del «compromesso storico», in effetti già delineata da un anno a quella parte e che altro non era se non una versione aggiornata della strategia togliattiana dell'«avanzata dell'Italia verso il socialismo nella democrazia e nella pace». Come è noto, la lezione che Berlinguer traeva dalla terribile tragedia cilena consisteva nella asserita necessità, per i comunisti italiani, di giungere a un «nuovo grande "compromesso storico" tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano». Non si trattava, dunque, di alimentare e concentrare le possibilità di radicalizzazione politica ancora esistenti nella società italiana, ma di piegare la forza contrattuale del movimento operaio all'alleanza con la piccola e media borghesia e con il padronato; non si trattava di colpire la Democrazia cristiana, allora nel momento di massima crisi, ma di riabilitarla come «forza popolare» costituzionale e con essa collaborare strettamente.

Implicitamente, Berlinguer affermava che per la «via democratica al socialismo» non era sufficiente, in termini istituzionali, neanche conseguire il 51% dei suffragi.
La tragedia cilena costituiva una conferma, di portata mondiale, dei limiti insuperabili della via elettorale e parlamentare al socialismo; eppure Berlinguer ne trasse la lezione opposta, rovesciando le ragioni che avevano permesso la riuscita del golpe, viste non nel moderatismo di Unidad Popular e nell'illusione di Allende della fedeltà alla Costituzione di Pinochet e dei militari, ma in un eccesso di radicalità, nella frattura con un partito «popolare» come la Democrazia cristiana.
Questo travisamento della realtà aveva però una sua logica: di fronte a un fatto che smentisce un'ipotesi, o si abbandona l'ipotesi o si deve reinterpretare il fatto. Un partito politico (o un'area politica) che fonda la propria esistenza e il proprio apparato di professionisti della politica e di rappresentanti istituzionali su una strategia più che decennale, non può abbandonarla se non mutandosi in qualcosa d'altro. Piuttosto, l'abilità della direzione politica consiste nel riuscire a forzare il fatto nel proprio quadro strategico e mentale, magari richiamandosi alla tradizione, a sua volta inventata o reinterpretata. Da quel compromesso storico scaturì, in capo a pochi anni, la repressione dell'ultimo grande movimento anticapitalistico di massa in Europa, quello giovanile e studentesco del 1977; i licenziamenti di massa della Fiat e il rilancio su ampia scala della controffensiva padronale; la messa ai margini del Pci e, in ultimo, l'inizio della sua trasformazione in quello che infine è diventato il Pd di Renzi. Eppure, ancor oggi Enrico Berlinguer è un'icona di un certo «comunismo italiano»: lo stesso che ora continua a schierarsi, comunque, a fianco di Tsipras.

sabato 19 settembre 2015

GUATEMALA: ¿AHORA POR QUÉ PROTESTAR?, por Marcelo Colussi

La actual Fiscal General Thelma Aldana, de derecha, mandó presos muchos más funcionarios de gobierno que la anterior Fiscal, Claudia Paz, de izquierda, que no pudo terminar con la impunidad. ¿Llamativo, no? ¿Habrá agenda oculta en todo esto?
(Post leído en una red social)

En Guatemala por espacio de cuatro meses se vivió una situación inédita: una población que estaba acostumbrada al silencio, a la apatía política y a la falta de protesta, pareció despertar. Durante cuatro meses ininterrumpidamente se pidieron medidas de cambio en la esfera política: renuncia del presidente y la vicepresidenta, cese de la corrupción en la esfera gubernamental, reformas a la Ley Electoral y de Partidos Políticos, aplazamiento de las elecciones generales del 6 de septiembre para buscar nuevas condiciones en la arena política; y hubo peticiones que fueron más lejos aún, pues se llegó a plantear una Asamblea Constituyente para la refundación del Estado.
Según se quiera ver el fenómeno, puede sacarse la conclusión que esas movilizaciones fueron un gran avance para la sociedad. O, visto de otra forma, constituyeron parte de un montaje muy bien orquestado, abriendo la real posibilidad de cambios profundos, aunque en realidad no existen las condiciones efectivas para que los mismos puedan llevarse a cabo en lo inmediato.
Los cuatro meses de movilizaciones, en cuyo desarrollo se tuvo en principio la renuncia y detención de la ex vicepresidenta Roxana Baldetti, concluyeron con la dimisión y posterior captura del entonces presidente de la república, el general Otto Pérez Molina. Inmediatamente a este hecho se sucedieron las elecciones, con resultados bastante inesperados por cierto. Hasta el sábado anterior a las elecciones hubo gente movilizada en la plaza, frente al Palacio Nacional. A partir de los comicios, cesan las movilizaciones. La pregunta inmediata es en relación al efecto de toda esa movilización. ¿Se terminaron? ¿Se las puede continuar? Y en tal caso, ¿para qué?

mercoledì 16 settembre 2015

LA NOCHE DE IGUALA, por Manuel Aguilar Mora y Claudio Albertani

Introducción –escrita por los dos coordinadores del libro– al volumen colectivo La noche de Iguala y el despertar de México: Textos, imágenes y poemas contra la barbarie, Juan Pablos Editor, México D.F., 2015, 384 páginas.

Dedicado a los estudiantes de Ayotzinapa
y de todas la normales rurales del país.
A los exterminados y a los desaparecidos,
pero también a los que
siguen vivos y resisten.

Este no es un libro académico. Tampoco es únicamente una denuncia inflamada de los hechos que han conmovido a México desde la noche del 26 de septiembre de 2014. Es, en primer lugar, un esfuerzo colectivo y plural para entender qué sucedió, más allá de la indignación inicial. ¿Por qué Ayotzinapa? ¿Por qué esa furia criminal contra los estudiantes normalistas? ¿Qué intereses están en juego? Y por otro lado: ¿qué futuro tiene el movimiento social que ha surgido en respuesta a la noche de Iguala? ¿Cuáles son sus fortalezas y debilidades? Estudiar, analizar y comprender los planes del poder; actuar en consecuencia: he aquí el horizonte en el que se inscribe nuestro esfuerzo.
Los dos coordinadores provenimos de tradiciones políticas distintas. Manuel Aguilar Mora es actualmente miembro de la organización marxista revolucionaria Liga de Unidad Socialista (LUS) y Claudio Albertani es un escritor y militante que reivindica la teoría y práctica política anarquista. Ambos nos respetamos mutuamente y aceptamos nuestras diferencias porque hemos coincididos en diferentes momentos y nos une la lucha contra la opresión y la explotación de los trabajadores. Ambos compartimos una convicción: México se encuentra en un parteaguas y no habrá solución en el marco de las instituciones políticas actuales.
El ensayo “La noche de Iguala y el despertar de México” fija nuestras posiciones comunes y pretende ser una suerte de introducción general a los tres diferentes bloques que integran el libro.
En el primero, “El crimen”, Carlos Fazio analiza los hechos que nos ocupan en el contexto más amplio de las políticas terroristas del Estado mexicano y Román Munguía Huato aborda sus antecedentes históricos. Hemos considerado pertinente añadir dos artículos de Luis Hernández Navarro, aparecidos originalmente en el periódico La Jornada, por tener un valor histórico ya que se encuentran entre los primeros que denuncian sin tapujos el papel del Ejército en el crimen de Iguala. Agradecemos a Luis habernos permitido incluirlos. En el segundo bloque, “El contexto”, el ensayo de Flor Goche trata el tema de la normal rural de Ayotzinapa desde la óptica del periodismo de investigación, mientras que Ramón Espinosa Contreras ofrece su testimonio como ex alumno de la escuela. En “Guerrero entre la violencia y la pobreza”, el mismo autor analiza la estructura socio-económica de la entidad y Flaviano Bianchini investiga la relación estructural que existe entre las compañías mineras -muy activas en Guerrero- y la violencia, tema muy poco abordado, que nos parece de enorme relevancia.
Más político, el tercer bloque aborda la situación actual del movimiento social desde la óptica personal de cada uno de los autores y el lector sabrá diferenciar las diferentes posturas. Manuel Aguilar Mora analiza el estruendoso colapso de la izquierda institucional antes y después de la noche de Iguala. Luis Hernández Navarro (en un texto importante, también originalmente publicado en La Jornada) y Claudio Albertani discuten el tema candente de la violencia supuestamente anarquista; el poeta y escritor Enrique González Rojo nos comparte sus cápsulas en las cuales, con el estilo sobrio y lapidario que le es propio, señala los grandes desafíos políticos del momento. Y por último, Rafael Miranda examina el movimiento a la luz de algunas experiencias del pasado, particularmente el 68 y los movimientos autónomos europeos.
La edición cuenta, asimismo, con dos estupendos poemas, escritos ex profeso a raíz de los hechos de Iguala: “Ayotzinapa” de David Huerta y “Vivos los queremos” de Enrique González Rojo. En anexo, hemos añadido las cronologías recopiladas por Claudio Albertani: una sobre el regreso de la guerra sucia en México, otra sobre la historia de las normales rurales y otra más sobre los hechos que han sacudido al país entre el 26 de septiembre de 2014 y el 26 de marzo de 2015. Las fotos son de Mario Marlo, del colectivo Somos el medio, y las ilustraciones están a cargo de dos jóvenes artistas: el caricaturista Omar Reséndiz, Chirín, y el pintor muralista Norberto Hernández.

giovedì 10 settembre 2015

LA STATUA PER GINO DONÉ

Il 6 settembre 2015, in una trattoria di San Donà di Piave, ha avuto inizio l'operazione che dovrà concludersi con l'installazione di una statua di Gino Doné a Tuxpan, in Messico: è il luogo da cui partì il Granma e dove ci sono già le statue degli altri 3 non-cubani membri della spedizione (il messicano Zelaya Alger, il dominicano Mejías del Castillo, l'argentino Che Guevara).
Manca Gino solo perché era ancora in vita quando furono fatte le tre statue. Nel 2016 sarà il 60º anniversario dell'impresa e si prevedono iniziative di commemorazione a Tuxpan e a Cuba.
L'appello per la statua - lanciato da Massari dopo una visita a Tuxpan (2013) - è stato raccolto da Carlo Pecorelli di Jesolo, pittore e scultore di professione (www.carlopecorelli.eu/biografia.htm). Egli eseguirà gratuitamente il busto di Doné per Tuxpan e uno uguale da collocare a San Donà di Piave o a S. Biagio di Callalta (dove Gino nacque). Il tutto coinvolgendo il più possibile associazioni di base, istituzioni locali, simpatizzanti d'ogni genere, da un lato e l'altro dell'Atlantico.

venerdì 4 settembre 2015

VANEIGEM: PREMESSE DI UNA TEORIA POLITICA DEL SITUAZIONISMO, di Roberto Massari

È la rielaborazione dell'intervento preparato per il Punto della Situazione n. 2 presso la Galleria Peccolo di Livorno (13 giugno 2015). Va considerato come il seguito di «Complicanze "spettacolari"», intervento per il Punto della Situazione n. 1 a Sesta Godano (19 settembre 2014), che a sua volta si poteva considerare come il seguito di «Debord: da La società dello spettacolo ai Commentari. Note di lettura», intervento al convegno dell'Aquila dedicato a Debord (21 giugno 2008). [r.m.]

Guy Debord e Raoul Vaneigem, novembre 1962 © Leo Dohmen
Dire che rispetto all'itinerario debordiano il contributo teorico di Raoul Vaneigem è politicamente più incisivo (scava più in profondità, oltre che in estensione) e ideologicamente più definito, può sembrare una banalità. Anzi, in un certo senso lo è, visto che le prime riflessioni politiche significative del Vaneigem situazionista si trovano in due corposi articoli apparsi sull'Internationale Situationniste ad aprile 1962 e a gennaio 1963, che erano per l'appunto intitolati: «Banalités de base I» e «II»1.

Urbanismo unitario vs. geologia della menzogna

La sua critica al sistema - in particolare ai meccanismi fondamentali alimentatori della dilagante alienazione capitalistica - era stata elaborata in precedenza soprattutto partendo dalla dissezione dell'urbanismo a lui contemporaneo. Questo era da lui inteso sia come disciplina pianificatrice, sia come mistificazione spettacolare di realizzazioni pratiche (cioè architettoniche, distributive degli spazi, costrittive e costruttive di uniformità ambientali).
In un testo pubblicato sull'IS dell'agosto 1961 («Programme élémentaire du bureau d'urbanisme unitaire») - scritto a quattro mani con l'architetto-urbanista ungherese Attila Kotányi (aderente all'IS e poi uno dei vari espulsi da Debord) - Vaneigem aveva contrapposto l'esistenza reale dell'architettura contemporanea alla non-esistenza dell'urbanismo, ridotto a semplice ideologia nel senso marxiano del termine. Anticipando temi e metodi che saranno propri della debordiana Société du spectacle, Vaneigem e Kotányi equiparavano le due forme a loro avviso fondanti della mistificazione capitalistica - l'URBANISMO e lo SPETTACOLO - denunciandone la funzione omologante, adeguatrice dell'individuo alle esigenze del sistema. Lo facevano con termini classici (come reificazione e alienazione) e un po' meno classici (come ricatto utilitaristico, induzione alla partecipazione tramite la pubblicità-propaganda, organizzazione dell'isolamento, identificazione con l'ambiente circostante senza possibilità di scelta, manipolazione dell'habitat ecc.).

martedì 1 settembre 2015