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giovedì 30 luglio 2015

L'ANTISPETTACOLO NELLA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO: UN INCONTRO A LIVORNO, FRA TEORIA E SITUAZIONI URBANE, di Antonio Saccoccio

[Le foto sono di Pino Bertelli]

Il 13 giugno la galleria Peccolo e la centralissima piazza della Repubblica di Livorno hanno ospitato il "Punto della Situazione n. 2". Al centro dell'incontro, intitolato significativamente "L'antispettacolo nella società dello spettacolo", sono state le differenti strategie per contrastare la pervasività dello spettacolare nel mondo contemporaneo.
In apertura, spazio alla presentazione del libro Debord e il Situazionismo revisited (a cura di A. Saccoccio, Massari editore) con gli interventi di studiosi e attivisti nel campo delle avanguardie: i critici Sandro Ricaldone e Luca M. Venturi; il fotografo Pino Bertelli; l'editore Roberto Massari; il gallerista Roberto Peccolo; Pasquale Stanziale, già autore di diversi saggi sull'Internazionale Situazionista; Stefano Taccone, curatore del recente Contro l'infelicità. L'Internazionale Situazionista e la sua attualità (ed. Ombre Corte). A questi si sono aggiunte le riflessioni/azioni di Helena Velena, guerrigliera punk-anarco-situazionista; Benedetto Fanna, Giuseppe Savino e Marco Olivieri, musicisti estemporanei dell'Orchestra Noè; Stefano Balice e Joshua Pettinicchio, oltre-artisti rumoristi del MAV; Antonio Marchi, ciclosituazionista.
Su un piano strettamente teorico, Stanziale ha centrato il suo intervento sulla "realizzazione della filosofia", e cioè l'idea situazionista per cui la filosofia dovrebbe giungere al suo compimento e alla sua fine trasformandosi in azione rivoluzionaria. Un'idea a cui si affianca quella del "superamento dell'arte", ripresa più volte nel libro sopracitato. A questo proposito Fanna e Balice hanno illustrato sinteticamente la natura e gli obiettivi delle pratiche performative portate avanti dai gruppi Noè (Nostra Orchestra Estemporanea) e MAV (Movimento Arte Vaporizzata). È stata proprio l'idea dell'estemporaneità al centro della riflessione/azione del pomeriggio. L'estemporaneità come momento intensamente vissuto e donato che rifiuta i meccanismi della contemplazione, della merce/spettacolo, perché si offre senza calcoli e mediazioni. E così la discussione teorica è stata ripetutamente interrotta da "perturbazioni acustiche" create dai numerosi musicisti e rumoristi presenti in sala.

martedì 28 luglio 2015

NEI LUOGHI DEL RICORDO: IN BICICLETTA CON ALEX LANGER DA TELVES A SREBRENICA, di Antonio Marchi

© Marta Marchi
Prima di cominciare il mio scarno racconto del viaggio in ricordo del ventennale sacrificio di Alex e della strage delle migliaia di civili musulmano-bosniaci avvenuta a Srebrenica, sento il bisogno di ringraziare in particolare Edi Rabini e Giulia Levi della «Fondazione», con i quali ho confidenzialmente costruito il viaggio, Gianni Palma (un creativo nell'ambito del settore pubblicitario di Trento) per avermi disegnato la maglietta dedicata ad Alex… e poi mio figlio Daniele, che mi ha accompagnato fino a Telves, e mia moglie, che ha svolto pazientemente il ruolo di «ponte» nelle difficili comunicazioni telefoniche in Bosnia… in più, sento il bisogno di fare una riflessione umana e filosofica sui motivi che mi spingono a ricordare uomini e fatti a me vicini, non nella consuetudine di una pur sentita cerimonia, ma nella fatica del pedalare errante - più consona alla prova del dolore di chi mi ha lasciato - indossando le vestigia del ricordo a me caro per ascoltare le loro voci lungo le strade dei loro trascorsi.
Ricordare… nella pletora che mi assilla di libri/mezzi libri, fatti più per essere venduti che letti o più per essere letti che meditati… i volumi Il viaggiatore leggero1 e In viaggio con Alex2 sono come il pane finalmente buono nel quale piantare i denti e da cui trarre nutrimento fisico e morale.
Così è stato più facile spingere sui pedali, perché la forza di volontà non basta… non si fa tutta d'un fiato… richiede preparazione, tempo e attenzione, assieme a ciò che ho tratto dalla lettura dei libri citati, che non destano interesse soltanto sul piano narrativo, ma riservano uno spazio importante a quella dimensione meditativa cui mi interessa introdurvi…

lunedì 20 luglio 2015

CRÍTICA DEL PATRIARCADO: FUNDAMENTO PARA UNA NUEVA CONCEPCIÓN DEL PODER, por Marcelo Colussi

Síntesis
El patriarcado es una ideología que involucra a todos los habitantes de las sociedades donde se da, tanto varones como mujeres. Se trata, en esencia, de una asimétrica relación de poder. Las mujeres llevan la peor parte en esto, por cuanto sufren la exclusión y reciben los golpes, en todo sentido, mientras que los varones, por el contrario, se benefician de esos injustificados privilegios, dado por razones enteramente sociales (es decir: construidas, por tanto modificables). Esa situación, injusta y que debe ser transformada por razones elementales de equidad, no sólo constituye una flagrante desigualdad entre las dos mitades de la población sino que sienta las bases para una sociedad autodestructiva. El patriarcado va indisolublemente ligado a la categoría de propiedad privada, lo que implica la defensa a muerte de la misma, el autoritarismo y la exclusión de unos (los desposeídos) por otros (los poseedores, los propietarios). Todo ello se articula con el trasfondo fundante del poder en tanto imposición de la voluntad de unos sobre otros. El poder, en esa perspectiva, se recorta sobre una perspectiva masculinizante; dicho de otro modo: falocéntrica. En ese sentido, hacer una crítica radical del patriarcado no sólo sirve para dejar de perjudicar a las mujeres, tarea imprescindible por cierto, sino para sentar las bases de una futura sociedad con una nueva concepción del poder, menos autoritaria y más horizontal.

Palabras clave
Patriarcado, machismo, poder, género, asimetrías.
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Situando el problema

No es ninguna novedad que las mujeres gozan de menos derechos que los varones en prácticamente todos los rincones del mundo. Eso está comenzando a cambiar, muy lentamente quizá, pero sin vuelta atrás. Ya hay transformaciones importantes en curso, aunque todavía resta muchísimo por avanzar. Lo cierto es que el patriarcado, con mayor o menor virulencia, sigue siendo aún una cruel realidad en todo el planeta. No puede precisarse cómo seguirán esos cambios, con qué velocidad, cuál será el producto de todo ello. El aporte aquí presentado pretende ser un elemento más para esa gran transformación ya en marcha. Lo más importante a destacar es que algo comenzó a moverse y debemos seguir impulsando esa tendencia.
Amparados en la pseudo explicación de “ancestrales motivos culturales”, puede entenderse –jamás justificarse– la lógica que hay en juego en el patriarcado. A partir de descifrar eso, puede entenderse una retahíla de atrocidades: los arreglos matrimoniales hechos por los varones a espaldas de las mujeres, el papel sumiso jugado por éstas en la historia, el harem, la ablación clitoridiana; puede entenderse que una comadrona en las comunidades rurales de Latinoamérica cobre más por atender el nacimiento de un niño que el de una niña, o puede entenderse la lógica que lleva a la lapidación de una mujer adúltera en el África.
En ese orden –y es lo que tratará de explicitarse en este escrito– puede verse cómo esa matriz fundamenta nuestras sociedades basadas en clases sociales, asimétricas, y por tanto, violentas. Propiedad privada, familia, dominación y patriarcado son elementos de un mismo conjunto. Es imposible –quimérico, podría agregarse– pretender establecer un orden cronológico en todo ello. Lo cierto es que, desde sus orígenes hasta la fecha, funcionan indisolublemente. El pensamiento dominante de una época, la ideología –también las religiones, con la importancia toral que han tenido y continúan teniendo en la actualidad en todos los asuntos que podrían llamarse sociales, o éticos–, certifican esta unión entre los elementos mencionados. Nuestras sociedades se basan indistintamente en todo eso: propiedad privada, su defensa violenta (léase: guerras, entre otras cosas, represión de toda protesta social, de todo intento de cambio) y patriarcado son una misma cosa.

giovedì 16 luglio 2015

PER I GRECI: UNICA SOLUZIONE LA RIVOLUZIONE (OVVIAMENTE CONTRO LA PROPRIA BORGHESIA), di Roberto Massari

Atene, piazza Syntagma, 15 luglio 2015 © Reuters
Nei giorni precedenti il Referendum greco e nell'ebbrezza delle ore successive alla vittoria del no, sembrò avverarsi finalmente il noto verso di Orazio appreso sui banchi di scuola: Graecia capta ferum victorem cepit: «la Grecia conquistata ha conquistato il selvaggio vincitore» (purché si sostituisca «ferum victorem» con Italicum laevum suffragatorem, cioè l'italiano bravo elettore di sinistra di bontempelliana memoria). Rappresentati ai loro massimi livelli nella gerarchia di partito, si può dire che ad Atene erano presenti come entusiastici sostenitori di Syriza e soprattutto di Tsipras gli elettori di Sel, di Rifondazione, del Movimento 5Stelle, oltre a qualche scheggia del Pd. Insomma, quella che per una convenzione linguistica, poco fondata storicamente, viene ancora chiamata «la sinistra a sinistra del Pd». Escludendo per ora il movimento di Grillo (che vive ormai una schizofrenia quasi quotidiana, visto che qualche mese fa rifiutò di affiancarsi a Syriza nel gruppo parlamentare europeo, preferendo un gruppo inglese della destra razzista e sciovinista, mentre ora inneggia a Tsipras attribuendogli intenzioni antieuropeiste che il poveretto non ha mai avuto) possiamo dire che in piazza a gioire di una vittoria altrui - come già in Spagna con Podemos - erano presenti le correnti politiche che a suo tempo, guidate da Bertinotti, erano andate al governo con Prodi (i famigerati Forchettoni rossi), sostenendolo in ogni sua bisogna: dal proseguimento dell'attacco allo stato sociale in Italia fino alle missioni di guerra all'estero.
La svolta improvvisa di Tsipras (che ha fatto campagna per il No, ma ha scelto di realizzare le proposte del Sì) ha sconvolto la festa per tutti costoro e magari i più eruditi tra loro andranno a riscoprire i luoghi comuni antigreci diffusi da un'antica cultura mediterranea e latina (dal virgiliano appello a diffidare dei doni dei Danai alla vituperata Graeca fides, dal Graecus impostor all'invito a temere il fallacem Graeculum ecc.).

mercoledì 15 luglio 2015

PRESENTAZIONE DEL LIBRO «LAVORATORI COME FARFALLE» DI GIORGIO CREMASCHI

INTRODUCONO
Roberto Massari e Oreste Scalzone

PRESIEDE
Fabio Sebastiani

lunedì 6 luglio 2015

GRECIA: BILANCIO (PROVVISORIO) E PROSPETTIVE DI UN RIFORMISMO ONESTO, di Michele Nobile

1. Lo scontro tra il governo di Tsipras e i creditori internazionali della Grecia si svolge sul terreno economico ma, in effetti, è tutto politico; e se oggetto dei negoziati è la politica economica e sociale della Grecia, in prospettiva ad essere in gioco è l'intero sistema delle politiche e delle istituzioni europee o, meglio, il limite a cui esse possono spingersi nel confronto col governo di uno Stato membro la cui prospettiva è diversa da quella sedicente liberista. Infatti, non esiste alcuna presunta legge o necessità economica per imporre alla Grecia la feroce austerità che ha dovuto sopportare e a cui pare destinata ancora per anni, stando alla volontà della troika dei creditori, ribattezzata «le istituzioni»; anzi, sono proprio l'austerità e la conseguente depressione dell'economia che impediscono di ridurre il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno. A fronte dell'iniquità della politica neoliberista della troika, la vittoria elettorale di Syriza e la formazione del governo Tsipras sono eventi di enorme importanza per la sinistra europea:
«Per la prima volta dalla formazione dell'area dell'euro, nel negoziato tra il governo Tsipras e la troika (Banca centrale europea, Commissione europea, Fondo monetario internazionale) si sono opposte in modo chiaro due linee realmente alternative, sul piano istituzionale e del confronto fra governi»1.
La mia personale valutazione è che il governo Tsipras abbia operato nel migliore dei modi, per quanto umanamente possibile e date le circostanze. Ha mostrato saldezza di nervi, dignità e determinazione, caratteristiche non frequenti, per essere gentili, nella politica europea, in particolar modo in Italia.
Tuttavia, è veramente miope confondere il sostegno a chi lotta, come può, contro la postdemocrazia con l'adesione alla sua strategia politica. Al contrario, non solo replicare il successo di Syriza altrove in Europa è difficile, ma tutta la più recente vicenda greca dimostra, a parere di chi scrive, i limiti di una prospettiva elettorale di riforma delle istituzioni e della politica della postdemocrazia europea.
Se non si vuole chiudere gli occhi o indulgere nel propagandismo, peraltro contraddicendo quanto affermano gli stessi Tsipras e Varoufakis, si deve prendere atto che il governo Tsipras è costretto a contrattare non la fine, ma i modi e il peso e la distribuzione dell'austerità. Anche la convocazione del referendum è una carta giocata, abilmente ma non senza rischi, per forzare, per quanto possibile, la rete in cui il governo è avvinto. La vittoria del no al referendum allarga le maglie della rete e sposta nel tempo le contraddizioni, non le risolve.

domenica 5 luglio 2015

PRESENTAZIONE DEI «CARNETS (1936-1947)» DI VICTOR SERGE con Claudio Albertani

Giovedì 9 luglio - ore 21.00 - presso la «Calusca City Lights» di Milano, in via Conchetta 18

sabato 4 luglio 2015

MOVILIZACIONES EN GUATEMALA: UN BALANCE, por Marcelo Colussi

Síntesis
En el país se abrió un panorama político novedoso: se conocieron casos de corrupción de alto impacto por parte de los más connotados gobernantes, y la población en su conjunto reaccionó airada pidiendo su renuncia. En el caso de la vicepresidenta y de algunos funcionarios, la misma se dio. No así con el presidente. Todo ello puede haber sido un elemento de un bien urdido plan de la embajada de Estados Unidos para transparentar en algo el macabro panorama de corrupción reinante. Lo cierto es que buena parte de la población reaccionó y salió a protestar espontáneamente. Después de un tiempo las protestas fueron mermando y, además de las ya mencionadas renuncias, nada cambió en lo sustancial, pero se iniciaron procesos de reforma en el ámbito político. Como las elecciones ya están muy cerca, es probable que nada cambie fundamentalmente en ese ámbito, y el próximo presidente siga la línea de la corrupción, con financiamientos poco transparentes y prácticas no democráticas. Todo indica, sin embargo, que tendrá que “cuidarse más”, porque la población ahora abrió un poco los ojos y fiscalizará de otro modo. ¿Qué quedó de estas movilizaciones? En lo sustancial, el país no cambió, pero sí hay un nuevo escenario político donde la población se siente más activa, más parte de esta débil democracia. Podrá existir, quizá, mayor auditoría social. Todo esto abre esperanzas a futuro, porque propicia la posibilidad de ampliar esos cambios. De todos modos, la organización popular y la izquierda están muy débiles aún.

Palabras clave
Movilizaciones, protesta cívica, rebeldía, corrupción, democracia.

Abstract
In the country a new political landscape recently opened: corruption, high impact was met by the most notorious rulers and the population as a whole reacted angrily calling for his resignation. In the case of the vice president and officials, it was given. Not so with the president. All this may have been an element of a well plotted plan of the Embassy of the United States for transparency in somewhat macabre picture of widespread corruption. The truth is that much of the population reacted and went to protest spontaneously. After a while the protests were declining, and in addition to the aforementioned waivers, nothing changed in substance, but reform processes started in the political arena. As the elections and facilities nearby, it is likely that nothing will change fundamentally in this area and the next president follow the line of corruption, with transparent funding and undemocratic practices. Everything indicates, however, that will have to “take more care” because the population now opened some eyes and supervise otherwise. What became of these mobilizations? In essence, the country has not changed, but there is a new political environment where people feel more active, more of this weak democracy. It may be, perhaps, greater social audit. All this raises hopes for the future, because it fosters the possibility of extending those changes. Anyway, the popular organization and the left are still very weak.

Key words
Demonstrations, civic protest, rebellion, corruption, democracy.
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Los pueblos no son revolucionarios…, pero a veces se ponen revolucionarios.
(Anónimo, aparecido durante la Guerra Civil Española)

Ubicando la situación
En estos últimos dos meses Guatemala vivió una situación inédita en toda su historia, que incluso no se había dado de esa manera, con tanta fuerza, en el momento más alto de su politización y avance del campo popular durante la Revolución de 1944. Luego de años de desmovilización, de letargo político, más aún: de miedo y parálisis en este ámbito, producto de una sangrienta represión en estas últimas décadas (245 mil muertos durante el conflicto armado interno) y los planes de capitalismo salvaje (neoliberalismo) que intentaron terminar con toda expresión de protesta, se rompió ese largo sueño de desinterés y apatía. La población, más allá de todas las consideraciones que puedan hacerse al respecto, despertó. Eso permitió ver el profundo malestar existente en la sociedad en su conjunto.

giovedì 2 luglio 2015

A VENT'ANNI DALLA MORTE DI ALEX LANGER, di Antonio Marchi

Domenica 3 luglio 2005, cimitero di Telves (Vipiteno), 10° anniversario.
Ho concluso quassù il mio «piccolo grande viaggio» portandomi per strada il ricordo di Alex, che è stato parte di quella generazione che ha «osato» fare la rivoluzione.
Ho percorso l'Italia da cima a fondo, ho toccato località prima conosciute solo sulla carta geografica, ho incontrato gente di tutte le età, professioni, cultura… con tutti ho cercato di portare il mio contributo nelle vesti di un «pellegrino», spogliandomi dei miei credo e delle mie certezze, abbeverandomi alle loro fonti. Ho percorso l'Italia in nome di Alex Langer e di Mauro Rostagno, nel cui ricordo ho avvicinato tante persone, ho sostato in silenzio commosso sulle loro tombe così diverse e lontane, ma così vicine per sentimento e difficoltà di essere raggiunte. Nel silenzio di quei luoghi ho ripercorso le loro storie, vissuto il loro drammatico epilogo, capito la fatica di chi è vissuto in «trincea» e ha sentito il peso opprimerlo a tal punto da non poterlo più sopportare.

«Continuate in ciò che era [è] giusto», scrisse Alex coscientemente disperato. Continuiamo, perché non abbiamo altra strada da percorrere, pena l'ingannevole rassegnazione. Non è facile e niente è regalato. Ogni passo in avanti è una piccola conquista, ma se ogni piccola conquista dà fiducia e speranza e aiuta a crescere, ogni piccola conquista va difesa, perché può essere tolta. Lottare contro le ingiustizie, i soprusi, l'ignoranza, il razzismo, vecchio e nuovo fascismo… perché a ognuno sia data la dignità di vivere, perché a prevalere sia il "diritto umano" di essere nati sulla stessa terra.
Io che non so pregare, ho capito nel silenzio e nella solitudine del viaggio (che la fatica del ritorno alla vita di sempre ha reso ancora più bello) che la preghiera è l'impronta che uno lascia nel cammino della vita, nel rispetto degli altri, nell'incontro quotidiano con le difficoltà, nello sguardo di un altro; perché quello che resta, se resta, è quello che sei stato.