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giovedì 28 luglio 2011

MONDO ARABO IN RIVOLTA XXII, di Pier Francesco Zarcone


Frastuoni siriani, silenzio arabo, attivismo turco

Siria: come prima, più di prima
Nulla di nuovo nella tragica situazione siriana. La repressione continua indifferente a tutto, le proteste proseguono senza esiti concreti, la morte fa il suo bottino e le carceri si riempiono.
In termini di forza materiale è palese che il regime bāthista resta il più forte, e ancora mantiene margini di consenso, per quanto non precisabili quantitativamente. Sul piano internazionale continua a essere appoggiato da Iran, Cina e Russia. I Venerdì restano giorni di fuoco, teatro di proteste di piazza ormai simili a liturgie tanto sanguinose quanto sterili.
Il resto del mondo arabo sostanzialmente tace, assiste ma non aiuta. Poiché nei casi estremi si finisce sempre con l’affidarsi a qualche “santo” disponibile, oggi l’opposizione siriana può solo sperare - e null’altro – nell’apparizione di un “santo in uniforme”, salvo poi pagargli il conto, magari salato. Auspicare la comparsa del solito “salvatore” è, politicamente, il segnale di una ripiegamento a cui al massimo potrebbe fare seguito una tipica situazione “gattopardesca”: sostituire un dittatore con un militare che dovrebbe l’ascesa al potere – mediante golpe, o persuasione armata - non già alla forza popolare, bensì al fatto di essere esponenziale delle Forze Armate.

Speranze e realtà
In buona sostanza oggi sembra proprio che solo un intervento da parte dell’esercito regolare possa mettere fine al regime della “dinastia repubblicana” fondata dal defunto Hafiz al-Assad. Parliamo di esercito regolare poiché finora la punta di diamante della repressione è stata la IV Divisione comandata in via esclusiva e autocratica da Maher al-Assad (fratello del Presidente) unitamente a forze speciali del regime.
Rivoluzione in arabo (fonte: nombreenarabe.blogspot.com)
Comunque sia, se l’opposizione siriana (o parte di essa) fa conto sulle possibilità offerte da presunte divisioni al vertice del regime, allora non può dirsi che in questo sia molto aiutata dall’Occidente, atteso che le sanzioni di Usa e Ue di recente hanno colpito proprio Habib e Raja.Sembra che taluni esponenti dell’opposizione (non si sa quanto rappresentativi) vedano come depositari delle loro speranze (o illusioni?) due generali di “alta patente”, come si suol dire: ‘Alī Habib, Ministro della Difesa, e Daūd Raja, capo di Stato Maggiore. Il primo dei due è alauita come gli Assad; il secondo è ortodosso di rito greco. Ambedue godono fama di non essere pregiudizialmente ostili all’Occidente, e il secondo comandò il contingente siriano inserito nell’alleanza che partecipò alla Prima guerra del Golfo. Il fatto che nessuno dei due sia sunnita può attestare che la maggioranza religiosa del Paese non conta molto in seno alle Forze Armate.
Ma anche a prescindere da ciò la cosa è delicata per i problemi esistenti sul tappeto. Quand’anche sia dato individuare segnali di qualche “dolore di pancia” nelle alte sfere delle Forze Armate – resta l’incognita circa l’effettivo interesse di esponenti della cupola militare a uscire allo scoperto; interesse che difficilmente acquisirebbe la necessaria corposità senza la sicurezza di avere con sé la stragrande maggioranza delle Forze Armate.
Pur ipotizzando l’appoggio di tale stragrande maggioranza dei militari – il “salvatore con le stellette” avrebbe di fronte solo due opzioni:
a)      il colpo di Stato per deporre Bashar al-Assad; dopo di che, però, dovrebbe vedersela con le potenti truppe del fratello Maher, che sono una cosa a parte rispetto all’Esercito in termini di comando;
b)      convincere il Presidente a cedergli il potere e godersi all’estero le ricchezze accumulate; tuttavia si dovrebbe svolgere con successo analoga opera di convincimento anche verso Maher al-Assad (consistente incognita).
In entrambi i casi – se non tutto andasse liscio come l’olio – sarebbe reale il rischio di una guerra civile con le Forze Armate spaccate in due. C’è qualcuno che se la sente?

L’attivismo turco
A differenza dei paesi arabi la Turchia si agita e si muove. È cosa buona, ma diciamo subito che nell’azione del  governo di Ankara (che continua a reprimere la minoranza curda) la bontà occupa (se lo occupa) un posto del tutto minimale: in realtà il governo turco fa politica con i piedi per terra nel quadro delle sue attuali linee strategiche. Ciò non toglie che i profughi siriani fuggiti in Turchia abbiano trovato una sistemazione provvisoria che i profughi e gli irregolari che sbarcano in Italia nemmeno si sognano (campi profughi attrezzati comprensivi di posti sanitari).
Certo, non tutto è fatto di rose e fiori, a prescindere dal fatto che un profugo, se non riesce a tornare in patria e a trovare una stabile sistemazione nel paese ospitante, sempre profugo è. E poi si deve considerare la particolare situazione della regione cui sono approdati questi profughi: la regione di Hatay. Terminata la Prima guerra mondiale, essa è diventata parte della Turchia solo nel 1939, dopo aver avuto un’amministrazione internazionale. Ma questo risultato la Siria non l’ha mai accettato. Inoltre, nella zona di Hatay i turcofoni, pur detenendo le leve dell’economia e dell’amministrazione, sono solo maggioranza relativa rispetto agli arabofoni, a loro volta minoranza assai consistente. Si tratta, quindi, di una zona dai delicati “equilibri” etnico/politici. Infine c’è il fatto che Turchi e Arabi non si amano eccessivamente, il che proietta le ombre di una non facile convivenza per un periodo imprecisato..
La politica puramente repressiva di al-Assad di fronte alle agitazioni interne ha fatto sfumare – per il momento – le manovre turche per la prospettiva di una sostituzione, nell’area Vicino-Oriente, dell’asse con Israele. Ovviamente la Siria – ma anche l’Iran – era una palusibile candidata.

L’intento turco di egemonizzare la Siria
Per forza di cose con l’attuale regime siriano non c’è più possibilità di manovra. Ma con un futuro regime siriano non bāthista ogni possibilità è aperta. L’oggettivo ripresentarsi di una prospettiva neottomana viene a costituire un elemento psicologico/culturale per il futuro condizionamento della Siria, che fa da superstruttura alla materiale massima importanza per Ankara di un certo tipo di rapporti con i paesi vicini (e più deboli) a vantaggio della politica commerciale turca. Non si dimentichi che proprio grazie a questi rapporti l’economia turca ha potuto fare fronte in modo ottimo alla crisi economica mondiale.
Così, mentre a Damasco al-Assad si è infilato in una situazione politica senza uscite, ad Ankara il premier Erdoğan – pensando al futuro - può giocare a fare il liberale con l’opposizione siriana, innanzi tutto non sbarrandole le porte di quel serbatoio umano che sono i campi profughi.
Se in questa fase il governo turco riuscisse a imporre alla Siria una zona-tampone alla frontiera, allora metterebbe a segno un’ulteriore mossa a favore sia del suo prestigio sia della capacità di condizionare la Siria; con questo regime o con un altro.

sabato 16 luglio 2011

MONDO ARABO IN RIVOLTA XXI, di Pier Francesco Zarcone

E se anche la Tunisia…?

Riflettendo realisticamente sulla Tunisia
È concreto il rischio che le speranze di libertà e giustizia si spengano proprio lá dove sono cominciate e hanno vinto; cioè in Tunisia.
In termini più generali, se tiriamo le somme delle situazioni dei singoli paesi arabi teatro di rivolte, senza ridare le notizie già fornite dai mezzi di comunicazione piccoli e grandi, è più che realistico considerare finita la “primavera araba”; anzi si potrebbe parlare di arrivo dei primi “rigori invernali”.
In Tunisia - il primo paese arabo a liberarsi del suo tiranno, in ciò seguìto solo dall’Egitto – le cose non vanno per niente bene. Già il rinvio delle prime elezioni libere da luglio a ottobre è grave sintomo di un persistente malessere politico foriero di esiti negativi; a ciò va poi aggiunto il riemergere quanto mai aggressivo del radicalismo islamico.
Le notizie di aggressioni a bagnanti, di intimidazioni contro feste con musica in case private e pubblici luoghi di spettacolo ormai sono diventate abituali. Le cosiddette autorità – in seguito capiremo se per loro volontà o meno – non appaiono molto attive nella difesa dei diritti (in primo luogo esistenziali) dei propri cittadini contro l’intolleranza islamica. Nel mentre il partito islamico di Gannushi sembra avere ottime prospettive elettorali.
A questo punto una riflessione s’impone.
Fin dall’inizio delle agitazioni tunisine vari commentatori (fra cui il sottoscritto) avevano sottolineato con interesse un dato oggettivo: la sostanziale assenza degli estremisti islamici nel corso degli avvenimenti, connotando la rivolta come reazione laica alla dittatura. Questo giudizio in sé non va modificato. Semmai si può imputare a quei commentatori il fatto di non averlo “storicizzato”, ovvero di averlo considerato come stabile pietra angolare sul piano delle conseguenze.

Riemerge l’estremismo islamico anche in Egitto
Detto ancora meglio, non si è considerata la possibilità, per l’estremismo islamico, di crearsi un proprio spazio di azione per imporsi sulla società tunisina (per quanto essa abbia una rilevante componente laica) anche con la violenza. E purtroppo la storia offre una vasta gamma di esempi a dimostrare che il mero fatto di essere numericamente consistenti, o addirittura maggioranza non basta a difendersi da minoranze aggressive disposte a tutto.
L’Egitto si trova in una situazione similare. La transizione sembra bloccata per colpa dei militari che la gestiscono, a piazza Tahrir sono ricominciate le manifestazioni di protesta e la Fratellanza musulmana incombe. Le aggressioni di musulmani contro cristiani copti attestano che nel milieu islamico si agitano forze poco raccomandabili.
Sebbene finora la Fratellanza Musulmana presenti ufficialmente un “basso profilo” sono in parecchi quelli che cominciano a preoccuparsi.

L’incognita elettorale
Il fatto che saranno le elezioni a sciogliere nell’immediato i nodi politici è assolutamente neutro, atteso che in Tunisia e in Egitto potrebbero vincerle i partiti islamici. Non sarebbe il primo caso di vittoria di una tirannia per via elettorale.
In tale eventualità si profilerebbe un esito pesantissimo, innanzi tutto sul piano internazionale. Se gli estremisti islamici deponessero le attuali apparenze moderate, non solo negli altri paesi arabi i regimi autoritari ne trarrebbero una rinnovata ragion d’essere, ma troverebbero con sé – e senza più scrupoli o ipocrisie “democratiche” – le potenze occidentali, al cui interno diventerebbe del tutto marginale la parte di opinione pubblica disposta a non identificare l’insieme del mondo arabo con il radicalismo islamico. Per non parlare degli scenari bellici che si potrebbero delineare per iniziativa di un Occidente sentitosi minacciato dal sud del Mediterraneo.
E sarebbe anche la fine di ogni prospettiva democratica (sia pure borghese) nel mondo arabo. Non solo per quello che vorrebbe dire l’avvento di governi radicali islamici in due paesi-chiave, ma altresì per la non remota ipotesi di colpi di stato militari e per il possibile ripetersi di scenari di tipo algerino dopo la denegata vittoria del Fronte Islamico di Salvezza sul finire del secolo scorso.
Volendo essere realisti, non ci si può limitare a ribadire che la pratica della democrazia rappresentativa ha come presupposto la libertà dei popoli nell’autodeterminarsi. Scrisse nella prima metà del secolo scorso l’anarchico spagnolo Diego Abad de Santillán che la libertà è sempre storicamente determinata. Cioè che deve fare i conti con le caratteristiche e le possibilità presentate dai singoli momenti storici a cui ci si riferisce. La cosa è magari poco esaltante, ma così è.
Questo per introdurre un’osservazione: la scelta in favore di un governo basato sulla sharía sarà pure frutto di libera scelta, ma nei fatti significa contrapposizione netta nei confronti di tutto ciò che al mondo islamico non è, oppure non è islamico radicale. Per non dire “uscita” da questo contesto con intenti virtualmente aggressivi. Se poi l’imperialismo interviene a presentare il “suo” conto con i noti sistemi, allora – spiace dirlo – ma restiamo nell’ordine delle cose.
Tutto questo, al momento, senza considerare l’intreccio con le ulteriori conseguenze derivabili dalla vittoria talibana in Afghanistan (ormai sempre più nitida) e dalle ripercussioni in Pakistan.
Notoriamente il futuro è ignoto, tuttavia l’orizzonte è pieno di nuvole nere.

venerdì 15 luglio 2011

EDUCARE ALLA LIBERTÀ (III), di Alessandro Gigli

Amore e approvazione (Alexander Neill)

La felicità e il benessere dei bambini dipendono dalla quantità di amore e di approvazione che diamo loro. Si deve stare dalla parte del bambino e questo significa che gli si deve dare amore ma non quello possessivo o sentimentale: basta comportarsi in modo che il bambino sappia che lo amiamo e che stiamo dalla sua parte. Faccio un esempio: quando un bambino di 10 anni scrive “cara mamma per favore mandami 50 centesimi. Spero che tu stia bene. Baci a papà” i genitori intelligenti sorridono perché sanno che un bambino di 10 anni, sincero e che non teme di esprimersi, scrive in questo modo; mentre i cattivi genitori leggendo una lettera simile pensano che il loro figlio sia un piccolo egoista che non sa far altro che chiedere. I più sani tra i genitori degli allievi della scuola comunitaria libertaria di Summerhill non domandano mai cosa facciano i loro figli, lo vedono da soli. I genitori sbagliati rivolgono continuamente domande impazienti: “è capace di leggere? Quando imparerà a stare pulito? Va sempre alle lezioni?” Tutto ciò è solo una questione di fiducia nei bambini. Alcuni ce l’hanno, la maggior parte non ce l’ha. Il bambino se ne accorge subito se questo tipo di fiducia manca e capisce che l’amore verso di loro non è un amore profondo.
Se si sanno approvare i bambini si può parlare con loro di qualsiasi argomento, perché l’approvazione toglie di mezzo le inibizioni. Ma è possibile approvare i bambini se non si approva se stessi? Se non si è consapevoli di se stessi non ci si può ritenere soddisfatti e, in altre parole, quanto più si è consapevoli di se stessi e dei motivi che ci portano ad agire, tanto più facilmente si può essere in pace con noi stessi. Bisogna nutrire la speranza che una migliore conoscenza di sé e della natura dei bambini possa aiutare i genitori a tenere questi ultimi lontani dalle nevrosi. Bisogna capire che i genitori rovinano i figli inculcando loro con la forza credenze sorpassate, abitudini sorpassate, una morale sorpassata, sacrificando, in questo modo, i figli al passato e questo vale soprattutto per i genitori che impongono ai loro figli quella stessa religione autoritaria che a suo tempo fu imposta loro.
Pinocchio e il Grillo Parlante, di Mario Madiai
da http://www.pinocchio.it/fondazionecollodi/collodi.php
I genitori devono rinunciare! Devono rinunciare all’odio che si nasconde sotto la loro autorità e le loro critiche. Devono rinunciare all’intolleranza che è il modo in cui si manifesta la paura. Devono rinunciare ai vecchi moralismi e alle vecchie convinzioni nel senso comune. Tutto ciò è molto difficoltoso e arduo poiché i genitori impongono l’autorità che già è stata loro imposta in quanto ogni uomo ha in se l’autorità del padre e ogni donna quella della madre. E’ l’impostazione di questa rigida autorità che alimenta l’odio ed è dall’odio che nascono i bambini difficili. Tutto ciò è l’esatto opposto di chi invece dimostra approvazione verso i figli. Il mondo soffre a causa delle troppe limitazioni e quindi soffre a causa dell’odio. E’ l’odio dei genitori che crea bambini difficili proprio come l’odio della società crea i criminali. La salvezza è nell’amore ma il problema è che non si può costringere ad amare.
I bambini difficili che vanno a Summerhill  hanno la possibilità di diventare, dopo un periodo di ambientamento, fanciulli felici e normali e gli ingredienti principali della terapia sono l’approvazione, la fiducia e la comprensione. L’approvazione è necessaria sia per i bambini normali che per quelli difficili. Il primo comandamento cui debbono obbedire sia gli insegnanti sia i genitori è: “si deve stare dalla parte del bambino”; è seguendo questa regola che a Summerhill si ottengono tanti successi. A Summerhill si è sempre solidali con il bambino e il fanciullo inconsciamente lo sa. Può sembrare strano ma si può essere dalla  parte del bambino anche se qualche volta lo si sgrida; infatti, se si è dalla sua parte, il bambino se ne accorge perché se si sta con lui senza mettere di mezzo l’autorità e la morale, il bambino sente che si è dalla sua parte. Bisogna anche rendersi conto che la sincerità si sprigiona solo in regime di libertà e approvazione: non bisogna imporre modelli di comportamento a cui adeguarsi, né tabù da rispettare e perciò i bambini non sono costretti a condurre una vita basata sui falsi atteggiamenti.
Alexander Neill crede che l’elemento essenziale di ogni intelligente riforma scolastica sia la possibilità di approvazione sociale. Finchè i bambini saranno costretti a salutare i superiori, a stare allineati in fila, a balzare sull’attenti quando entra in classe il preside, non vi sarà una vera libertà e di conseguenza non potranno svilupparsi forme di approvazione sociale.
Faccio l’esempio del Little Commonwealth  (la piccola repubblica, fondata da Homer Lane, un’istituzione rieducativa retta sull’autogoverno): quando arrivava un nuovo ragazzo, questi cercava di ottenere l’approvazione dei compagni, in genere mediante la tecnica usata nei bassifondi da cui proveniva cioè vantando le sue mascalzonate e la sua bravura a rubare nei negozi o nel prendere in giro i poliziotti. Quando si rendeva conto che le sue vanterie si rivolgevano a ragazzi che avevano superato questo modo di ottenere approvazione sociale, il nuovo venuto restava perplesso e spesso si allontanava con disprezzo dagli altri ritenendoli pappemolle. Gradatamente però, il naturale desiderio di approvazione lo spingeva a cercare il consenso delle persone del nuovo ambiente.
Così senza bisogno di analisi psicologiche individuali, il ragazzo riusciva ad adattarsi ai suoi nuovi compagni, trasformandosi, in pochi mesi in un essere sociale. Se Alexander Neill potesse dare oggi un consiglio a un genitore gli direbbe di approvare il proprio figlio così com’è e non cercare di modellarlo secondo la propria immagine.
Il suo motto per la famiglia, sia per l’educazione che per la vita era: “per amor del cielo, lasciate che ciascuno viva la sua vita”
Questo è il solo modo che favorisce la tolleranza che è la parola giusta per una scuola libera.
Si insegna la tolleranza essendo noi per primi, insegnanti o genitori, a mostrare tolleranza verso di loro.


sabato 9 luglio 2011

AUMMA AUMMA AMUNINNI, di Peppe Fontana


Di stu munnu senza cchiù funnu
amuninni di sti chiazzi
di genti vacanti
servi di politicanti pagghiazzi
emu avanti !
un perdemu tempu girammu ntunnu
Aumma Aumma Amuninni
senz’aspittari l’ordine di nuddru
un’avi mpurtanza dunni
li peri, la testa nostri sunnu
amunì appresso li nostri sonni
semu omini ! quatrati o tunni
luttamu pii amuri e libertà
chissi sù li nostri bisogni
no culi e minni di plastica
di sta tristi e cretina realtà
Aumma Aumma Amuninni
cu un fucili mmanu
nta ogni trazzera e locu 
dunniccè un focu
e un lamentu di un cristianu
sparamu a sta notti scura
lassannu un signali nceli
pii li stiddi di dumani
pii la luci di li nostri criatura
Aumma Aumma Amuninni
dunni agghiorna l’amuri
senza mura, senza spini
cu lu suli nta lu cori
pii una vita chi mai mori
emu avanti !
luntanu di sta muffa, di stu nenti
tra la genti cu sintimenti
manu manu vulero moriri cuntenti
manu manu aumma aumma
nta tutti li continenti
pii sta primavera chi è na bumma
pii dittatura e pripotenti
chi c’avannu a fari li cunta
           Peppe Fontana

giovedì 7 luglio 2011

EL 13º ENCUENTRO DE LA FUNDACIÓN CHE GUEVARA CONTARÁ CON LA PRESENCIA DE DOUGLAS BRAVO Y HUMBERTO VÁZQUEZ VIAÑA

La Fundación Che Guevara solicita a Utopia Roja y a quienes estén interesados, difundir el siguiente comunicado lo más ampliamente posible.
La Fondazione Che Guevara chiede a Utopia rossa e a chiunque sia interessato di far circolare questo avviso il più ampiamente possibile.

ESPAÑOL
El 13º encuentro de la Fundación Che Guevara tendrá lugar en la septentrional ciudad de Alessandria, Italia (a mitad de camino entre Génova y Turín), el sábado 8 de octubre de 2011 por la tarde, desde las 15 horas.
El organizador local es Riccardo Vinciguerra, miembro de la Fundación Guevara y especialista de ajedrez (ha escrito artículos sobre el Che y el ajedrez en anteriores números de los Cuadernos de la Fundación).
Participarán como invitados especiales Douglas Bravo (Venezuela), Humberto Vázquez Viaña (Bolivia) , Alez Pausides (Cuba) y David Kunzle (EEUU).
El tema principal (que será introducido por Roberto Massari) es también el tema principal (dossier) del próximo Cuaderno (n. 9/2012). El tema ha sido decidido después de consultas entre varios miembros del comité de redacción internacional de la Fundación, quienes se han declarado unánimemente de acuerdo: las relaciones entre Fidel y el Che (o entre castrismo y guevarismo). Como de costumbre, se invita a todos a dar su aporte al dossier (o a otras secciones del Cuaderno n. 9), sintiéndose cada uno completamente libre de expresar sus propias opiniones sobre éste u otros temas.
Aconsejo enviar los escritos antes de fines de la primavera 2012 (hemisferio norte): más allá de esa fecha no es posible garantizar su publicación.

Roberto Massari 
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PORTUGUÊS
O 13° encontro da Fundação Che Guevara acontecerá na cidade nortenha de Alessandria (encontra-se no meio do caminho entre Génova e Turim), na tarde de Sábado 8 de Outubro de 2011, início as 15,00 horas. O organizador local é Riccardo Vinciguera, membro fundador da Fundação Guevara e especialista no jogo de xadrez (escreveu artigos sobre o Che e o xadrez nos números precedentes dos Cadernos).
São convidados como hóspedes especiais Douglas Bravo (desde Venezuela), Humberto Vázquez Viaña (desde Bolivia), David Kunzle (desde Usa) e Alez Pausides (desde Cuba).
O assunto principal (que será introduzido por Roberto Massari) é o mesmo do próximo Caderno (n. 9/2012), e foi decidido após consultações entre os vários membros do Comité de redação da Fundação, que se declararam todos de acordo sobre a ideia: as relações entre Fidel e Che Guevara (ou seja entre castrismo e guevarismo). Como do costume, cada um está convidado a fornecer uma contribuição ao dossier (ou ás outras secções do Caderno n. 9), em liberdade completa de expressão das suas próprias opiniões sobre este ou outros assuntos. Aconselha-se o envio das contribuições antes do final da Primavera de 2012: depois de aquela data não está garantida a publicação.
Roberto Massari


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ENGLISH
The 13th meeting of the Che Guevara's Foundation will be held in the northern Italian city of Alessandria (half way between Genova and
Torino) in the afternoon of Saturday 8th of October 2011, starting at
3 o' clock p-m. The local organizer is Riccardo Vinciguerra, founding member of the Guevara's Foundation and a specialist of chess (he has written articles on Che and chess in previous numbers of the Cuadernos).
Invited as special guests for this year are Douglas Bravo (from Venezuela), Humberto Vázquez Viaña (from Bolivia), David Kunzle (from the USA) and Alex Pausides (from Cuba)..
The main theme (which will be introduced by Roberto Massari) is also the main theme (dossier) of the next Cuaderno (no. 9/2012). The theme has been decided after consultation of various members of the international redaction committee of the Foundation all of whom have accepted the idea: the relationships between Fidel and Che Guevara (or between Castroism and Guevarism). As usual, everybody is invited to contribute to the dossier (or to other sections of Cuaderno no. 9) feeling completely free of expressing his own opinions on this or other subjects. I advice that contributions should be sent before the end of spring 2012: after that date publication is not granted.

Roberto Massari 
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ITALIANO
Il 13° incontro della Fondazione Che Guevara si terrà nella città settentrionale di Alessandria (a metà strada fra Genova e Torino), nel pomeriggio di sabato 8 ottobre 2011, con inizio alle 15. 
L'organizzatore locale è Riccardo Vinciguerra, membro fondatore della Fondazione Guevara e specialista degli scacchi (ha scritto articoli sul Che e gli scacchi in precedenti numeri dei Quaderni).
Sono invitati come ospiti speciali Douglas Bravo (dal Venezuela), Humberto Vázquez Viaña (dalla Bolivia), David Kunzle (dagli Usa) e Alex Pausides (da Cuba).
Il tema principale (che sarà introdotto da Roberto Massari) è anche il tema principale (dossier) del prossimo Quaderno (n. 9/2012). Il tema è stato deciso dopo consultazione di vari membri del comitato di redazione internazionale della Fondazione, che si sono dichiarati tutti d'accordo sull'idea: i rapporti tra Fidel e Che Guevara (o tra castrismo e guevarismo). Come al solito, ognuno è invitato a dare un contributo al dossier (o ad altre sezioni del Quaderno n. 9), sentendosi completamente libero di esprimere le proprie opinioni su questo o su altri argomenti. Consiglio di inviare i contributi prima della fine della primavera 2012: dopo quella data la pubblicazione non è garantita.

Roberto Massari

venerdì 1 luglio 2011

L’ALTRA VERITÀ [ROUTE IRISH] (Ken Loach, 2010), di Pino Bertelli

Ammazzare un iracheno era come far fuori un negro.
(Paul Laverty, sceneggiatore de L’altra verità)

I. I CRIMINALI DELLA POLITICA

La stupidità del potere e l’oppressione mercantile sono dappertutto… l’architettura escrementizia delle chiese monoteiste fluttua con gli indici della Borsa… la ferocia del mercato neocolonialista non risparmia nessuno e i regimi comunisti (si fa per dire), in bella disumanità, commemorano la propria morte con una Coca-Cola, una Ferrari o i vestiti firmati Armani… le banche fanno affari con tutti (trafficanti di armi e droga, gruppi terroristici, caimani della delocalizzazione di fabbriche)… il crimine organizzato va cercato negli indici delle Borse internazionali, non nelle strade dimenticate dai sogni… i criminali della politica hanno fatto il covo nei governi, si sono fatti leggi personali, hanno rubato tutto ciò che c’era da rubare e offeso interi popoli muti e addomesticati al consenso… la destra e la sinistra non sono uguali, ma di certo si abbeverano alla medesima cloaca istituzionale… e non ci sono cazzi che tengano, o nasce una contestazione giovanile che li prende a calci in culo e li manda a spalare la merda nei canili pubblici, o questi imbecilli in doppiopetto continueranno a perpetuare la casta di saprofiti che si spartisce potere, puttane e privilegi… occorre una forte dose di stupidità in chiunque trionfi in qualsiasi campo della politica, dell’arte o della guerra, per affermare o negare che tutto ciò che contribuisce alla crescita infelice del liberismo mercantile è una gogna per i popoli impoveriti… tuttavia nel Mediterraneo le fiamme delle insurrezioni popolari investono il mondo e ovunque le giovani generazioni indignate (dall’arroganza del potere e dalla passività dei padri) scendono nelle piazze e si conquistano il diritto alla parola, alla visibilità, al rispetto… a parte la verità insorta degli ultimi della terra, tutto il resto è menzogna.
Il cinema è specchio di un sistema spettacolare che riproduce la soggezione consumistica… ciascuno è le cose che compra o quelle che boicotta… nulla eguaglia l’oblio di sé della macchina/cinema… un po’ di violenza spettacolarizzata, un po’ di puttanelle denudate, un po’ di risate banali… ed ecco la torta del successo servita per tutti… quando qualcuno fa sul serio e morde alla gola la lordura del potere scattano le maglie censorie della distribuzione e i film spariscono in qualche magazzino e sono ridotti al silenzio… come è accaduto per L’altra verità, ultima fatica, è il caso di dirlo, di Ken Loach, poeta solitario schierato da sempre dalla parte degli sfruttati, degli oppressi, dei violentati della società… la critica velinara italiana ha recensito il film con modesta partecipazione emotiva e le stellette dei coglioni sui giornali non sono state molte… tuttavia il film di Loach è un piccolo gioiello di cinema “povero”, scevro da ogni concessione al botteghino, quasi severo… non ha nulla a che fare con quanto circola sugli schermi, dove la missione di ogni regista sembra essere quella di portare a buon fine l’imbecillità che figura… sopravvivere alla visione di quasi tutto il cinema italiano non è difficile, basta disertare le sale dove appare un film evidentemente destinato alla grande menzogna televisiva… solo ciò che invita alla diserzione o all’incendio merita di essere ascoltato o visto… mostrare che fra il cretinismo e il genio il filo è sottile, ecco perché il cinema italiano soffre di mancanza di geni.